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Andvari (mitologia)

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Andvari ("vigilante", "protettore"), nella mitologia norrena, è uno dei nani creati all'inizio del tempo, e apparteneva alla schiera di nani che dimoravano nel sottosuolo.

Pietra runica che raffigura Andvari

Di Andvari si parla anzitutto nel Gylfaginning, la prima parte dell'Edda in prosa dello storico islandese Snorri Sturluson; qui si dice:

(NON)

«En þessir eru ok dvergar ok búa í steinum, en inir fyrri í moldu:
Draupnir, Dolgþvari,
Haur, Hugstari,
Hleðiolfr, Glóinn,
Dóri, Óri,
Dúfr, Andvari,
Heftifili,
Hár, Svíarr.»

(IT)

«Anche questi erano nani e abitavano nelle rocce; quelli nominati per primi, invece, nel fango:
Draupnir, Dolgþvari,
Haur, Hugstari,
Hleðiolfr, Glóinn,
Dóri, Óri,
Dúfr, Andvari,
Heftifili,
Hár, Svíarr.»

Andvari viveva sotto le sembianze di un luccio[1] nella cascata detta "Andvarafors" ("cascata di Andvari") e possedeva molto oro; tale oro cresceva sempre grazie al magico anello Andvaranautr.

La vicenda dell'oro dei Nibelunghi ha la sua origine nell'uccisione di Ótr, mutapelle trasformato in lontra, ad opera di Loki; non appena il padre di Ótr, Hreiðmarr, venne a sapere della morte del figlio, pretese dagli Æsír un guidrigildo: riempire la pelle di lontra con dell'oro. Per pagare il riscatto, Loki si recò da Rán, prese in prestito la sua rete da pesca, quindi si recò nella cascata "Andvarafors" e catturò il luccio, che era Andvari. Il nano fu costretto a consegnare al dio tutte le sue ricchezze, compreso il magico anello. Per questo motivo Andvari maledisse l'oro e proclamò che l'anello sarebbe stato una disgrazia per chiunque l'avesse posseduto. L'anello e l'oro furono in seguito causa della morte di Hreiðmarr e dei suoi figli, Fáfnir e Reginn, e di molti nobili eroi, tra cui Sigfrido, Gunther, Hagen e Attila.

  1. ^ In questo caso il pesce lucente che salta nella cascata rappresenta l'immagine stessa dell'oro, con una metafora comune nelle kenningar, che definisce l'oro appunto come "fiamma" o "luce" delle fonti e delle acque. - Gianna Chiesa Isnardi, op.cit.
  • Gianna Chiesa Isnardi, I Miti nordici, nota 4, pag. 79. Milano, Longanesi, 1991. ISBN 8830410314.

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