Vai al contenuto

Aequum Tuticum

Coordinate: 41°14′32.31″N 15°05′54.51″E
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Aequum Tuticum
L'area archeologica nel mezzo dell'altipiano di Sant'Eleuterio
Civiltàromana
Utilizzovicus
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
ComuneAriano Irpino
Altitudine575 m s.l.m.
Scavi
Date scavianni 1990
Amministrazione
EnteSoprintendenza per i beni archeologici di Salerno e Avellino
Mappa di localizzazione
Map

Aequum Tuticum fu un vicus romano[1], le cui vestigia emergono dal pianoro di Sant'Eleuterio, nel settore settentrionale dell'odierno territorio comunale di Ariano Irpino. Situato a un'altitudine di 575 m s.l.m., il vicus sorgeva in posizione rilevata rispetto alla circostante valle del Miscano.[2]

L'insediamento sorse in una fase iniziale della dominazione romana quando era ancora diffuso il bilinguismo (o comunque la diglossia), come attestato dallo stesso toponimo in parte latino (aequum, ossia "pianura", "campo aperto") e in parte osco (tuticum, ovvero "pubblico", "appartenente al popolo", dalla stessa radice di touto)[3]; una tale denominazione sembrerebbe peraltro sottintendere che lo stesso sito, talvolta identificato con la leggendaria Touxion[4], avesse avuto notevole rilevanza sociopolitica per le popolazioni sannitiche (e in particolare per la tribù degli Irpini)[3][5]. I pochi affioramenti di epoca preromana (rinvenuti esclusivamente lungo il margine settentrionale dell'area) non sembrano però riferibili a un luogo abitato, sebbene non sia da escludere l'eventuale presenza di un santuario[6]; l'antichità del toponimo è comunque fuori discussione, risalendo con ogni probabilità a una fase antecedente alle guerre sannitiche[7].

Ad ogni modo il vicus propriamente detto prese a svilupparsi in stretta correlazione ad alcune antiche strade consolari romane: la via Aemilia (avente una direttrice sud-nord), la via Minucia (con direttrice ovest-est, o sudovest-nordest) e verosimilmente anche una "terza via" (di cui si ignora il nome) orientata in senso nordovest-sudest. La via Aemilia è ben indicata da due cippi miliari del II secolo a.C. (rinvenuti nelle non lontane località Manna-Torre Amando e Camporeale-Santa Lucia) riportanti l'iscrizione Marcus Æmilius Lepidus[8]; la via Minucia è attestata espressamente da autori classici del I secolo a.C. e doveva essere pressoché parallela alla via Appia[9], rispetto alla quale si presentava più disagevole ma anche più diretta[10] (non si esclude che la via Minucia percorresse l'angusta valle del Cervaro[11], o più probabilmente la vallata del Sannoro, un affluente di sinistra del Cervaro[12]). In quanto alla probabile "terza via", essa doveva provenire dal Sannio pentro[13] (forse seguendo la direttrice dell'antico tratturo)[7], benché se ne ignori, oltre al nome, anche la fase storica in cui fu costruita[14].

La fondazione del vicus, forse contestuale all'edificazione del forum Aemilii nella vicina valle Ufita, sembrerebbe ricollegarsi alle vaste assegnazioni graccane e ai connessi programmi di insediamento rurale conseguenti alla promulgazione della Lex agraria (133 a.C.), benché gli strati archeologici riferibili al II-I secolo a.C. siano comunque molto scarsi[15]. Ad ogni modo Aequum Tuticum è citato per la prima volta (sia pur nella forma atipica Equus Tuticus[16]) da Cicerone che, in una lettera indirizzata all'amico Attico del 50 a.C.[17], lo descrisse come una stazione intermedia nel tragitto verso l'Apulia, segno che già nel I secolo a.C. il vicus doveva rappresentare un crocevia piuttosto rilevante.[9]

Aequum Tuticum all'incrocio fra la via Aemilia (giallo), la via Minucia (poi via Traiana, rosso) e la via Herculia (blu); in bianco la più antica via Appia

In età adrianea, quando era possesso della gens Seppia[18], Aequum Tuticum costituì poi uno snodo stradale di primaria importanza[19], definito cardo viarum da Theodor Mommsen[20], in quanto il vicus divenne anche il punto d'incrocio fra la via Traiana (parzialmente sovrappostasi alla primitiva via Minucia[11]) e la via Herculia[21]; quest'ultima, percorrente l'Appennino in senso longitudinale, doveva invece ricalcare almeno in parte il tracciato della già citata "terza via"[13][14].

Alcune iscrizioni attestano che già dal I secolo d.C. l'area di Aequum Tuticum era stata amministrativamente aggregata alla colonia romana di Beneventum[4], la quale a sua volta era parte della Regio II Apulia et Calabria. A partire dal IV secolo Beneventum passò però alla Campania, e probabilmente Aequum Tuticum dovette seguirne le sorti poiché nella versione aggiornata dell'Itinerarium Antonini il vicus è citato quale termine di tale territorio ("ubi Campania limitem habet")[22]; ciò sarebbe comprovato anche dall'itinerarium burdigalense, nel quale la mansio di Aequum Magnum è posta nel settore campano del tragitto[23]. Tuttavia è anche possibile che il lemma "Campania" avesse in tali contesti un significato puramente geografico (ossia con riferimento al versante tirrenico dell'Appennino meridionale) e dunque privo di implicazioni amministrative[22].

Nelle immediate vicinanze del sito, riportato anche nella Tabula peutingeriana, sono state individuate due aree sepolcrali oltre a un tratto della via Traiana[2]. La fotografia aerea ha permesso inoltre di individuare il tracciato della via Herculia in uscita da Aequum Tuticum con direzione sud-est, mentre alcuni cippi miliari della stessa strada (reperiti in prossimità delle masserie Intonti di Ariano e San Cesareo di Zungoli) hanno consentito di confermare l'avvenuta completa latinizzazione del toponimo, che nel tardo impero era effettivamente denominato Aequum Magnum o anche semplicemente Aequum.[24]

Gli scavi, compiuti fra il 1990 e il 2000, hanno riportato in superficie strutture murarie e altre testimonianze di epoca romana quali ceramiche, iscrizioni, steli funerarie e monete. Il complesso più antico risulta essere una struttura termale risalente al I secolo[25]. Il vano centrale, il frigidarium, presenta un mosaico in tessere bianche e nere. Vi si aggiungono poi una serie di ambienti disposti a schiera del II secolo (probabilmente locali adibiti a magazzino o a bottega). L'insediamento subì i danni di due eventi sismici intorno alla metà del IV secolo ma, subito dopo, una villa dotata di un ambiente decorato da un vasto mosaico policromo fu edificata al di sopra degli antichi ruderi.[1]

Il sito fu poi del tutto abbandonato entro il VI secolo, presumibilmente in concomitanza con le invasioni barbariche. Sembrerebbe infatti che nel X secolo l'unico elemento superstite dell'antico vicus fosse rappresentato da un arco, come si apprende da un documento notarile del 988 riportante l'indicazione ab arcu Sancti Lauteri[18], ossia "dall'arco di Sant'Eleuterio" (l'origine di tale agiotoponimo, di chiara origine greco-bizantina[26], potrebbe risalire alla fine del IX secolo allorquando le truppe di Bisanzio si erano sospinte dal territorio pugliese fino a Benevento[27]).

In epoca tardo-medievale (a partire dal XII secolo) gli stessi luoghi furono però nuovamente occupati, tanto che i ruderi delle antiche strutture romane furono inglobati nelle fondamenta di un nuovo nucleo abitato denominato proprio Sant'Eleuterio (da non confondersi con la moderna masseria Sant'Eleuterio ubicata nei pressi). Tale insediamento è espressamente nominato nel Catalogus baronum del 1152[28], nonché in uno scritto (datato 1191) del re di Francia Filippo Augusto; questi, in marcia da Otranto verso Roma, cita infatti le varie località attraversate tra cui Sant'Eleuterio, detta Sanctus Luctredus e definita come luogo di passaggio dalla Puglia alla Terra di Lavoro[29], ma non è del tutto chiaro se il sovrano intendesse riferirsi agli effettivi confini feudali (nell'ambito del regno di Sicilia) o piuttosto ai due versanti idrografici (adriatico e tirrenico) della penisola italiana. Nella seconda metà del XIII secolo alcune micidiali incursioni, compiute dai Saraceni di Lucera, determinarono comunque la rapida decadenza della Sant'Eleuterio tardo-medievale, divenuta poi parte integrante del territorio della città di Ariano.[28]

Una collezione di reperti provenienti da Aequum Tuticum e dalla circostante valle del Miscano è custodita nel museo archeologico di Ariano Irpino, mentre alcune decine di iscrizioni ed elementi architettonici sono esposti in un lapidario all'interno della Villa comunale.[30]

  1. ^ a b Nicola Busino, L’alta valle del Cervaro fra tarda antichità e alto medioevo: dati preliminari per una ricerca topografica (PDF), su rmoa.unina.it, pp. 134-138 (archiviato il 5 novembre 2020).
  2. ^ a b Pierfrancesco Rescio (a cura di), Un segmento della via Traiana poco conosciuto: il percorso Aequum Tuticum-Troia (PDF), 35º convegno nazionale sulla preistoria, protostoria e storia della Daunia, San Severo 2015, p. 63, ISBN 978-88-96545-63-8 (archiviato il 26 agosto 2019).
  3. ^ a b (EN) Edward Togo Salmon e Julie Andrew, Samnium and the Samnites, Cambridge University Press, 1967, pp. 78-81, ISBN 9780521061858.
  4. ^ a b La romanisation du Samnium aux IIe et Ier s. av. J.-C.: Actes du Colloque International (Naples 1988), Jean Centre Bérard Publisher, 2020, pp. 115-116, ISBN 9782918887294.
  5. ^ Giuseppe Zecchini, Il federalismo nel mondo antico, Vita e Pensiero, 2005, p. 101, ISBN 9788834311639.
  6. ^ Soprintendenza Archeologica di Roma, Studi sull'Italia dei Sanniti, Electa, 2000, p. 29.
  7. ^ a b Università di Perugia, Ostraka, a cura di Istituto di studi comparati sulle società antiche, vol. 10, Loffredo, 2001, p. 239.
  8. ^ Archeoclub d'Italia (sede di Casalbore), Progetto itinerari turistici Campania interna - La Valle del Miscano, Regione Campania (Centro di Servizi Culturali - Ariano Irpino), vol. 2, Avellino, 1995, p. 41.
  9. ^ a b Marina Silvestrini, Relazioni irpine dei Seppii di ordine senatorio e un'epigrafe eclanense per i mani di Gaio Cesare, 1997, p. 19 (archiviato il 2 maggio 2020).
  10. ^ Italo M. Iasiello, Samnium: assetti e trasformazioni di una provincia tardoantica, Edipuglia, 2007, p. 59, ISBN 9788872284810.
  11. ^ a b Giuliano Volpe, La Daunia nell'età della romanizzazione: paesaggio agrario, produzione, scambi, Edipuglia, 1990, p. 88, ISBN 9788872280614.
  12. ^ Lungo tale direttrice erano infatti presenti alcune fattorie romane.
    Società di storia patria per la Puglia, Archivio storico pugliese, vol. 60, p. 45.
  13. ^ a b Gianfranco De Benedettis e Domenico Caiazza, La via Sulmo-Aequum Tuticum (PDF), in La Provincia Samnii e la viabilità romana, Volturnia, ISBN 978-88-96092-02-6 (archiviato il 26 luglio 2020).
  14. ^ a b Journal of ancient topography, vol. 9, Mario Congedo, 1999, pp. 15-16, ISBN 9788880864011.
  15. ^ Valli dell'Ufita e del Miscano, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  16. ^ (DE) Lucian Mueller, Satiren und Episteln des Horaz, Tempsky, 1891, p. 81.
  17. ^ Cicerone, VI, 1, 1, in Epistulae ad Atticum.
  18. ^ a b Centro europeo di studi normanni, Gli statuti di Ariano, a cura di Gianfranco Stanco, Grottaminarda, 2012, pp. 8-9.
  19. ^ Giuliano Volpe, Contadini, pastori e mercanti nell'Apulia tardoantica, Bari, 1996, p. 72 e nota 62, ISBN 8872281652.
  20. ^ Theodor Mommsen, Corpus Inscriptionum Latinarum, IX, p. 592.
  21. ^ AA.VV., I Dauni - Irpini, la mia gente - la mia terra, Napoli, Generoso Procaccini, 1990, pp. 67-68.
  22. ^ a b Un caso analogo è quello di Trivicum, anch'esso anticamente descritto in fine Campaniae (="al confine della Campania"), ma la cui effettiva appartenenza alla provincia di Campania è ritenuta molto dubbia.
    Eliodoro Savino, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Munera: studi storici sulla tarda antichità, vol. 20, Edipuglia, 2005, pp. 20-21, ISBN 9788872282571.
  23. ^ Joseph Schnetz e Otto Cuntz, Itineraria romana: Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense, Itineraria romana, vol. 1, In aedibus B.G. Teubneri, 1929, p. 100.
  24. ^ Giuseppe Ceraudo e Veronica Ferrari, Un nuovo miliario dei Tetrarchi per la ricostruzione del tracciato della via Herculia in Hirpinia (a sud di Aequum Tuticum), 2016, pp. 83-92 (archiviato il 3 maggio 2020).
  25. ^ Archemail - Il centro di Aequum Tuticum, su archemail.it. URL consultato il 25 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 19 settembre 2015).
  26. ^ Nicola Flammia, Storia della città di Ariano, Ariano di Puglia, Tipografia Marino, 1893, pp. 130-131.
  27. ^ Firenze University Press, Vivere "secundum Langobardorum legem" ad Ariano Irpino tra X e XII secolo (PDF), a cura di Paola Massa, 2014, p. 4 (archiviato il 20 dicembre 2020).
  28. ^ a b Tommaso Vitale, Storia della Regia città di Ariano e sua Diocesi, Roma, Salomoni, 1794, p. 358.
  29. ^ Centro Studi Romei, La via Francigena del Sud: L'Appia Traiana nel Medioevo, a cura di Renato Stopani, Le Lettere, 1992, p. 8, ISBN 9788871660998.
  30. ^ In fase di allestimento il Lapidario di Aequum Tuticum: un giardino archeologico in Villa comunale, su Città di Ariano. URL consultato il 24 luglio 2018 (archiviato il 19 luglio 2018).

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]