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Cherasco

Coordinate: 44°39′N 7°52′E
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Cherasco
comune
Cherasco – Stemma
Cherasco – Veduta
Cherasco – Veduta
Arco del Belvedere
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Piemonte
Provincia Cuneo
Amministrazione
SindacoClaudio Bogetti (lista civica) dall'11-06-2024
Territorio
Coordinate44°39′N 7°52′E
Altitudine288 m s.l.m.
Superficie81,54 km²
Abitanti9 608[1] (31-3-2024)
Densità117,83 ab./km²
FrazioniBricco de' Faule, Cappellazzo, Corno, San Bartolomeo, Meane, Picchi, Roreto, San Giovanni, San Gregorio, San Martino, Sant'Antonino, Veglia
Comuni confinantiBra, Cavallermaggiore, Cervere, La Morra, Marene, Narzole, Salmour
Altre informazioni
Cod. postale12062
Prefisso0172
Fuso orarioUTC 1
Codice ISTAT004067
Cod. catastaleC599
TargaCN
Cl. sismicazona 3 (sismicità bassa)[2]
Cl. climaticazona E, 2 612 GG[3]
Nome abitanticheraschesi
PatronoCristo risorto, san Virginio, sant'Euflamia
Giorno festivosecondo lunedì dopo Pasqua
MottoUrbs firmissima pacis
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Cherasco
Cherasco
Cherasco – Mappa
Cherasco – Mappa
Posizione del comune di Cherasco nella provincia di Cuneo
Sito istituzionale

Cherasco (Cherasch in piemontese) è un comune italiano di 9 608 abitanti della provincia di Cuneo in Piemonte.

Geografia fisica

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Si trova in un pianalto alla confluenza dei fiumi Stura di Demonte e Tanaro (tra i due, lo Stura presenta una maggiore portata media alla confluenza, 47 m³/s contro 41).

Cherasco nasce nel 1243, per volontà del vicario imperiale di Federico II di Svevia, Manfredi II Lancia, appartenente a un ramo cadetto della dinastia degli Aleramici e Sarlo di Drua, podestà di Alba. Già in età romana esisteva un borgo, chiamato Clerascum, presso il quale il vicario imperiale Lancia volle far edificare il nuovo paese. In ogni caso, Cherasco passò rapidamente alla fazione guelfa di Carlo d'Angiò, tradendo così la sua fondazione ghibellina.

Come comune libero e indipendente, nei torbidi periodi delle lotte comunali, Cherasco passò nuovamente ai ghibellini insieme ad Alba, Asti e Chieri, nel 1277. Nel 1303 la città dovette cedere la sua autonomia agli Angiò e quindi, nel 1347, ad Amedeo VI di Savoia.

Un cruento assedio, nel 1348, scacciò i Savoia e vide padrone del comune Luchino Visconti (signore di Milano), che vi farà erigere un proprio castello. Durante il periodo visconteo, gli uomini di Cherasco furono spesso mobilitati per operazioni militari, come nel 1354, quando la comunità dovette inviare a Giovanni Visconti 100 fanti[4]. Passato nella dote della figlia Valentina Visconti, andata sposa a Luigi I di Valois-Orléans, venne ceduto ai francesi, e solo nel 1559 i Savoia riuscirono a riappropriarsene, grazie al trattato di Pace di Cateau-Cambrésis.

Lo stesso argomento in dettaglio: Trattato di Cherasco.

Dal 1559 iniziò un nuovo periodo di splendore. La città fu dotata di mura ideate da Ascanio Vittozzi. Quando nel 1630 scoppiò la peste in Piemonte, Cherasco ospitò la corte ducale: terminato il pericolo, venne fatto erigere nel 1647 l'Arco del Belvedere, uno dei simboli del paese.

Il 7 aprile 1631 Vittorio Amedeo I di Savoia, Giulio Mazzarino ed i rappresentanti di Sacro Romano Impero, Mantova e Spagna vi firmarono la pace che poneva fine alla guerra per la successione del ducato di Mantova, cui era annesso anche il Monferrato, riconoscendo a Carlo I Gonzaga la signoria sul Ducato di Mantova ed al Ducato di Savoia Trino ed Alba.

La Rivoluzione francese

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Lo stesso argomento in dettaglio: Armistizio di Cherasco.
Sfilata di figuranti per il 211º anniversario della firma dell'armistizio di Cherasco del 1796

Il mattino del 23 aprile 1796 i Francesi assediarono Cherasco, che si arrese alla sera con richiesta di armistizio da parte del generale Michele Colli, comandante dei piemontesi. Napoleone Bonaparte entrò quindi in città e vi prese alloggio a Palazzo Salmatoris.

Napoleone, pur sostenendo di non essere autorizzato a trattare in nome del Direttorio, impose le condizioni dell'armistizio di Cherasco, con il quale si ridisegnava la geografia dei domini sabaudi. L'armistizio fu approvato da Vittorio Amedeo III il 28 aprile e confermato dalla Pace di Parigi del 15 maggio.

La seconda guerra mondiale e la Resistenza

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Lo stesso argomento in dettaglio: Resistenza nel comune di Cherasco.

Il comune di Cherasco partecipò attivamente alla lotta di Resistenza partigiana[5][6] e qui si svolsero numerosi scontri che causarono numerose vittime fra i suoi cittadini, anche con fucilazioni di massa ed eccidi. In virtù dei meriti nel corso della Resistenza, alla città è stata assegnata la "Medaglia d'argento al valor civile".[7]

Titolo nobiliare

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La città di Cherasco gode del titolo di conte di Narzole a memoria della decisione assunta il 25 maggio 1695 dal Duca di Savoia, con conforme parere dei Magistrati, del Senato e della Camera de' Conti, di infeudarle il luogo e territorio di Narzole. Nel 1469 Narzole era feudo dei Borromeo; successivamente la comunità di Cherasco ebbe su di esso il privilegio del finaggio e della vicaria ma poi la Camera de' Conti decise di staccarlo da Cherasco e infeudarlo diversamente. Ne nacque una contesa, iniziata nel 1650 con un memoriale indirizzato dalla città al Duca di Savoia e conclusa nel 1695 col citato titolo nobiliare.[8]

La comunità ebraica di Cherasco

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Lo stesso argomento in dettaglio: Comunità ebraica di Cherasco.

Cherasco fu sede, dal XVI secolo fino agli inizi del Novecento, di una piccola, ma fiorente comunità ebraica. A testimonianza della sua storia restano la sinagoga settecentesca nel grande caseggiato del ghetto (ancor oggi identificabile all'angolo tra le odierne via Marconi e via Vittorio Emanuele), dove tra il 1740 e il 1848 risiedettero gli ebrei di Cherasco, ed il piccolo cimitero nella via Salita vecchia, all'ingresso del paese.[9]

Lo stemma della città è rappresentato da una croce rossa in campo bianco con il motto latino: Urbs Firmissima Pacis. Lo scudo a cartoccio è ornato da un ramo di alloro e uno di palma e timbrato dalla corona muraria del rango di città. In raffigurazioni meno recenti era sormontato da una corona di conte e accompagnato dalle figure di un uomo e una donna, ciascuno appoggiato ad un'anfora che versa acqua, a simboleggiare rispettivamente i fiumi Tanaro e Stura. Questa composizione è visibile sull'affresco risalente al 1785 che decora la facciata del palazzo comunale.[10]

Medaglia d'argento al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria
«La Comunità cheraschese, sconvolta dalle feroci rappresaglie dell'occupante nazifascista, offrendo uomini alle formazioni partigiane, partecipava con eroico coraggio e indomito spirito patriottico alla guerra di Liberazione, sopportando la perdita di un numero elevato dei suoi figli migliori. Luminoso esempio di profonda fede nei valori della libertà e della democrazia»
— 8 settembre 1943-25 aprile 1945, Cherasco (CN)
— Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 2005 [11]

Monumenti e luoghi d'interesse

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Via Cavour - Il campanile della Chiesa sconsacrata di San Gregorio
Chiesa della Madonna delle Grazie a Cherasco

Architetture religiose

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L'Arco del Belvedere, costruito tra il 1647 e il 1688 per l'esenzione della peste del 1630; a lato dell'Arco, la Chiesa di Sant'Agostino
  • Museo Civico "Giovanni Battista Adriani"
  • Museo naturalistico "Giorgio Segre"[15]
  • Museo della magia, inaugurato e curato dal Mago Sales
  • Chiesa sconsacrata di San Gregorio, usata per mostre ed esposizioni temporanee

Palazzo Salmatoris

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Si trova nel cuore della città e prende il nome dal nobile locale Giovanni di Audino Salmatoris, che lo fece costruire nel 1620.

Detto anche "palazzo della Pace", è stato testimone di importanti eventi storici della città, fra cui:

Già nei secoli passati il palazzo è stato sottoposto a una serie di ristrutturazioni; acquisita nel 1983 dall'amministrazione comunale e restaurato negli anni '90, oggi costituisce un importante centro culturale e ospita mostre d'arte di livello internazionale.

L'edificio fa parte del circuito "Castelli Aperti" del Basso Piemonte.

Lo stesso argomento in dettaglio: Sinagoga di Cherasco.

Costruita nel XVIII secolo all'interno dell'antico ghetto della città (istituito nel 1725 e abolito da Carlo Alberto nel 1848), è una testimonianza della presenza ebraica, che tuttavia risale a tempi ancora precedenti. È costituita da una piccola sala quadrangolare con pareti decorate da iscrizioni in ebraico e arredamenti in legno intagliato.

Monumento alle Vittime dell'Heysel

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Questo monumento, inaugurato a maggio 2016, voluto e realizzato dai Cheraschesi Marco Bogetti e Paolo Monchio in collaborazione con l'amministrazione cittadina e con la collaborazione dell'associazione "Quelli di Via Filadelfia", è il primo in Piemonte, dedicato ai 39 tifosi della Juventus che persero tragicamente la vita durante la finale della Coppa dei Campioni, svoltasi a Bruxelles il 29 maggio 1985[16].

Evoluzione demografica

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Cherasco è conurbata a Bra dalla fine degli anni '90: questo ha causato l'aumento demografico apprezzabile nel grafico.

Abitanti censiti[17]

Etnie e minoranze straniere

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Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2017, i cittadini stranieri residenti a Cherasco sono 894[18], così suddivisi per nazionalità, elencando per le presenze più significative[19]:

  1. Romania, 414
  2. Albania, 167
  3. Marocco, 77
  4. India, 35
  5. Tunisia, 22
  6. Cina, 20
Baci di Cherasco
Mercato Antiquariato

Nel 1881[20] un giovane pasticcere cheraschese, di ritorno da un periodo di apprendistato a Torino, fondò la pasticceria Barbero. Nella nuova confetteria vennero prodotti per la prima volta i baci di Cherasco, un cioccolatino che con il tempo diventò caratteristico della cittadina.

La cucina tipica langarola, portata avanti dai tanti ristoranti presenti, risente anche della pratica dell'elicicoltura.

Mercato dell'Antiquariato

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Da più di trent’anni, si svolge almeno quattro volte l'anno il Mercato dell'Antiquariato, giunto nel marzo 2024 alla 130ª edizione ed il centro storico diventa completamente pedonale, con centinaia di espositori e con i loro banchi sparpagliati per le vie ortogonali, tra i palazzi barocchi, le chiese seicentesche e le piazzette suggestive, con un successo di pubblico che è stato crescente nel tempo.

Geografia antropica

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Il comune si compone del capoluogo e di dodici frazioni circostanti.

Negli ultimi cinquant'anni, a partire dal 1971, vi è stato un aumento della popolazione residente pari al 50 %.

Nel territorio comunale è presente un impianto per la produzione di energia idroelettrica.

Infrastrutture e trasporti

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Cherasco era servita di una propria stazione ferroviaria posta lungo la Ferrovia Bra-Ceva.
La ferrovia è stata chiusa in seguito ai danni subiti dalla alluvione del 1994 e da quel momento la stazione è attiva solo per traffico merci verso Bra.

Amministrazione

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Il Municipio
Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
2004 2009 Pier Luigi Ghigo lista civica Sindaco
11/06/2024 in carica Claudio Bogetti Sindaco
2009 2014 Claudio Bogetti lista civica Sindaco
2014 2019 Claudio Bogetti lista civica Sindaco II mandato
2019 2024 Carlo Davico lista civica Sindaco

Club calcistico locale è la U.S. Cheraschese : fondata nel 1904, ha sempre militato nelle divisioni dilettantistiche[22] la maglia è nerostellata , ed i tifosi fedelissimi attivi dal 1983 sono i wolves ultra’ Cherasco

la storia:

Fascicoli e fascicoli rilegati in faldoni, documenti anonimi, firmati o autografati, semplici testimonianze scritte, fotografie, manifesti, reperti, oggetti: profumo imponente di antico, di “storico” che trasuda anche dalle restaurate pareti del palazzo che fu di proprietà del Conte Pietro Francesco Icheri, sito in via Monte di Pietà a Cherasco. Da tutte queste “voci” si può risalire al tempo remoto, a quel periodo che le menti umane non possono ricordare: la Storia.

Il primo documento che abbiamo ritrovato riguardante una sorta di notizia “quasi” sportiva risale al 23 ottobre 1821

Dell’anno successivo, invece, è il primo documento che testimonia una vera e propria gara di pallone fra le squadre di Roddi e Cherasco .Dopo l’Unità d’Italia, l’amministrazione comunale di Cherasco prese sempre più a cuore l’organizzazione di manifestazioni sportive, tanto da scrivere, un manifesto datato 4 settembre 1893 e rivolto a tutta la popolazione

Nel 1916, finalmente, il primo documento dove compare la parola “football”, anzi, storpiando il termine inglese, “foot-balls”: è una cartolina nella quale si riporta “della squadra di Alba, venuti a giocare con la squadra di Cherasco ad una partita di foot-balls, le hanno buscate e si ripropongono ora al sindaco perché voglia informare dei giovinotti di costì a formare una squadra di foot-balls e anche di mettere quella coppa che lei aveva detto...”.

E’ la prima testimonianza dell’esistenza di una squadra di calcio a Cherasco, anche se l’Unione Sportiva non aveva ancora una squadra regolare: ciò si verificherà solo dal secondo dopoguerra in avanti, quando la Cheraschese, riorganizzata dal “trio dei padri fondatori” Bottero, Gallo e Monchio, assume la parvenza di una vera e propria società

Ma è nell’epoca della dittatura fascista che il corpo umano, in tutte le sue espressioni e attitudini sportive, conquista il centro della scena. Il culto del corpo, dello sforzo fisico, della disciplina, sono sempre stati il cavallo di battaglia del programma educativo dei gerarchi del tempo: nel 1927, il “programma nazionale di controllo” di tutte le attività di qualsiasi genere rivelò quante fossero le associazioni sportive cheraschesi. Cinque, composte dall’oratorio maschile e femminile, un circolo sociale, una società filarmonica, una di mutuo soccorso e una società sportiva. Ma il documento recuperato va oltre, precisando anche che “la società sportiva ha 110 soci che garantiscono il funzionamento dell’associazione insieme con i sussidi comunali e che si sta provvedendo per l’istituzione di un dopo-lavoro (mai per la verità troppo gradita dai cheraschesi, a causa della rigidità dello statuto che prevedeva la netta separazione dei maschi dalle femmine). al 1929 risale il documento certamente più importante della storia dell’Unione Sportiva Cheraschese, perché permette di risalire (con sufficiente approssimazione), alla data di fondazione della società, Il “reperto” consiste in una locandina che celebra il “25º anniversario della fondazione della Società” e che invita la cittadinanza a tutta una serie di programmi e cerimonie commemorative che avrebbero occupato un’intera settimana, dal 15 al 22 settembre

Ma la crescente popolarità di qualunque sorta di attività fisica evidenziò anche la carenza di strutture di cui i cheraschesi potevano disporre. Non solo si avvertì l’esigenza di un nuovo campo da gioco per il football, ma anche quella di una palestra dove svolgere attività per il corpo libero. Ma tra circolari del Partito Nazionale Fascista che esortavano la costruzione di un campo sportivo e risposte del Podestà si arrivò ben oltre la fine della seconda guerra mondiale (e la caduta del fascismo). Solo nel 1953 si posero le basi per la costruzione del futuro impianto sportivo, impianto che venne inaugurato tredici anni dopo, nel 1966, e che ancora oggi viene utilizzato per le partite della Cheraschese. “E’ stato creato in Cherasco un gruppo scout che conta già un discreto numero di aderenti e si chiede un aiuto economico per il funzionamento dello stesso, e per l’inaugurazione del nuovo campo sportivo dedicato ad Emilio Roella”.

Alla fine della Prima Guerra Mondiale anche Cherasco pagò il suo contributo di caduti alla Nazione. Secondo un conteggio effettuato negli anni 1920-’21, furono quasi duecento i Cheraschesi che non fecero più ritorno a casa

Nel 1917 la città piombò in una crisi profonda, e sebbene non mancarono effettivamente mai le scorte mensili programmate, si dovette ricorrere al razionamento del pane, delle farine e dei cereali, per sopravvivere alle carenze portate dal conflitto

Chi ebbe la fortuna di tornare nel ’18 – ‘19 si trovò davanti una situazione drammatica, con la produzione delle campagne piombata ai minimi storici

Per certi versi il dopoguerra, a Cherasco, fu più duro dell’evento bellico stesso

Pian piano la vita riprese, e il sindaco dimessosi quattro anni prima, Carlo Galli Della Mantica, riacquistò il 22 marzo 1919 la “sua” poltrona in Municipio.

Nel ’21 si stanziarono sessanta mila lire per la costruzione della strada di Rio Tiglietto, per la riattazione di quella che portava a Cervere e perfino per lavori di miglioria e ampliamento del cimitero.

Il ridimensionamento di Cherasco corse inesorabile: nel 1921 la città venne privata, dopo molte polemiche, della Pretura

Neanche le reiterate proteste della popolazione, proseguite fino al 1925, fecero cambiare idea a Roma.

Intanto la popolazione continuava a invecchiare e diminuire, nonostante i dati del censimento ufficiale sembrassero certificare il contrario: 8.562 abitanti nel 1921, 8.937 nel ’31, 8.309 nel 1936.

Ma si stava insinuando, anche a Cherasco, il cancro del fascismo. Carlo Galli della Mantica fu costretto di nuovo a dimettersi(…) Fu nominato Podestà Giuseppe Farinetti, che restò in carica fino al 1933, quando, dopo un periodo di commissariamento durato 4 mesi, gli subentrò l’industriale Enrico Chicco, già commissario straordinario (dopo Lecchi) poco tempo prima.

Nel 1925 il PNF cercò di prendere possesso di tutte le istituzioni della città, e contemporaneamente cominciò la personale verifica di quanti cittadini fossero già iscritti al partito.

Nel 1929 le elezioni nazionali portarono al solito consenso plebiscitario al regime: a Cherasco votarono il fascio il 93% dei cittadini.

La vita cittadina era ormai segnata e si svolgeva secondo le tempistiche e le iniziative fasciste: si svolgevano quasi settimanalmente manifestazioni (di ogni sorta, ma le più seguite erano quelle sportive, anche se il football non era certo lo sport di regime...), organizzate dal partito, che terminavano sempre con il discorso di ex-combattenti e l’esposizione di ogni sorta di vessilli e drappi neri da parte dei giovani Balilla.

Il fascismo si era impossessato, anche con la forza, della vita dei Cheraschesi, ma non del cuore della maggioranza della popolazione. Ancora nel 1933, da Cuneo, si pretese che il Podestà di Cherasco svolgesse un’indagine per verificare la “fascistizzazione” degli enti funzionanti nella città.

E i più cedettero solo di fronte alle minacce e alle violenze ripetute. Così risultò che nell’amministrazione delle Opere Pie ci fossero due persone (Francesco Raselli e Eugenio Pelizza) ancora non iscritti al partito, che al Monte di Pietà, Opera Pia Oberto, la maggioranza dei membri non fosse “ufficialmente” fascista (Pantaleo Tortoroglio, Francesco Donato, Giuseppe Ferrua, Antonio Cravero e Luigi Icheri), come anche nel direttivo del Ritiro Figlie Maestre di Cherasco, dove c’era ancora tale Felice Brogni che rifiutava (!) la tessera.

Nel 1935 i venti di guerra e di devastazione cominciarono a soffiare in tutta Italia e anche a Cherasco, ancora sanguinante per le ferite riportate dal primo conflitto mondiale, la vita cambiò quasi all’improvviso, con la ripresa costante e metodica delle esercitazioni dell’esercito. Dispacci militari ripresero a diventare l’ordine del giorno.

Ci si preparava, con gli echi dell’altra guerra ancora nella testa e il pensiero a quello che di lì a poco sarebbe capitato. Anche partecipando alle campagne di colonizzazione tanto care al fascismo. Molti Cheraschesi che andarono a combattere in Africa tornarono poco entusiasti di quello che avevano visto.

Lo stretto rapporto dell’Italia con Germania e Austria e l’appoggio alle “leggi razziali”, poi, furono la goccia che fece traboccare il vaso, e che portò Cherasco, quasi subito, ad abbracciare le idee liberali della Resistenza.

Flavio Russo ci svela qualche retroscena del periodo forse più importante della gloriosa Cheraschese

Da un’infinità di particolari, a volte addirittura non raccontabili ai ragazzi di oggi per l’assoluta loro incapacità di crederli veri, capisco che quei fotogrammi, nella mia mente, o, meglio, nella mia anima, appartengono, per lo più, agli Anni ’50: gli anni comunque spensierati dell’infanzia della mia generazione

Anche quelli del “fulbal” avevano un altro tempo per giocare, per guardare, per discutere. Una partita durava l’intera settimana, e si giocava in tutta la città: il Campo Emilio Roella, appena fuori Porta Narzole, non era che il prato irregolare sul quale i NEROSTELLATI si battevano contro le altre squadre.

Ma la partita continuava, ogni sera, ogni intervallo di pranzo, nei Caffè: da “Mano” e dell’”Aquila d’Oro” e nei Bar “ Centro” e “Italia”.

Nelle osterie no; quelli delle osterie si intrigavano meno di “fulbal”; piuttosto di semine , o di vitelli, o di scommesse assurde e divertenti.

E in ognuno dei locali se ne parlava, anzi: se ne litigava, con tono e con competenza diversa.

Già, perché da “Mano” si ritrovavano i dirigenti, i finanziatori della squadra, coloro che avevano anche visto qualche partita grossa a Torino: a me, che abitavo davanti a San Gregorio, giungeva, fino a notte, la voce possente di papà Monchio, sempre pronto a confrontare il Cherasco con la Juventus; e a contrastarlo, o ad assecondarlo, erano il dottor Gallo, Renzo Bottero, i giovani borghesi ancora abbastanza presenti in Città, e Pino e Giorgio Avagnina, formidabili “cissatori” di animi bollenti.L’Aquila era frequentata da pochi abitudinari per il gioco delle carte: i fratelli Bonfante, il signor Colombo, a volte il Fattore Polenghi.

I fotogrammi più impressi nella mia memoria sono quelli ambientati al “Centro”, da sempre abitato dai giovani e dagli uomini del popolo, e da sempre straripante sotto i portici di sinistra; lì stazionavano i tifosi più accaniti, e lì incontravano quasi tutti i giocatori del presente e del passato.

La partita vecchia durava, in Città, fino al sabato pomeriggio, quando si incominciava a “ruse” per la partita di domani, in casa o esterna che fosse, su come avrebbe dovuto essere giocata. La locandina era già stata stampata, da giorni, dal tipografo Raselli, e affissa per ogni dove.

Gli interrogativi si inseguivano: “O j’elo n’forma Mario Bo?”, “E r’ginoj d’Masino?”, “ E Valpreda, o r’alo r’permes?”,. Valpreda era un forte del “fulbal”, comprato dal Cherasco, che faceva il soldato a Bra, e che, per questioni di ragazze, era sempre punito.”Vaje a parlè ar Marescial Russo!”.

“Va a cerchè Giniat r’capiatani!”, e, con la complicità della gerarchia, il fedifrago arrivava appena in tempo per cambiarsi.

In Casa Roella, dove, con la compiacenza del Maestro Giovanni, “si cambiava” la squadra di casa; sotto, vicino alla fabbrica delle gazzose di Meo, che qualche bottiglia la lasciava passare oltre l’androne. Da Casa Roella al campo, erano cinquanta passi, e i NEROSTELLATI li percorrevano tra due ali di ragazzini, con il gagliardo passo degli eroi, ticchettanti coi tacchetti sui sassi del viale non ancora asfaltato. La squadra ospite “si cambiava” al “Pesce d’Oro”Il “Pesce” era spesso assediato, dopo le partite, specialmente quelle perse, perché là si cambiava anche l’arbitro. Il Campo Roella ebbe, a un certo punto, una recinzione mobile in legno e tela di sacco, tanto per poter racimolare qualche liretta dagli ingressi Il limite bianco del campo, in polvere di calce, era chiuso da corde d’acciaio rette da pali di ferro: barriera, a volte, solo teorica, per gli spettatori regolarmente in piediTra un tempo e l’altro, il dottor Gallo, magari con il giovanissimo Teresio Morra, passava col cappello, o con un cestino, a raccogliere rachitiche offerte supplementari.

Nei giorni feriali, le corde d’acciaio servivano per appoggiare i pullover, a righe senza maniche, ai ragazzini che incominciavano a calciare, sognando la prima squadra.

Ricordo, non senza un brivido di invidia retrospettiva, i più giovani della grande famiglia Genesio, i miei coetanei gemelli Mazzola, Tonino Piovano, Franco Torta; persino un piccolissimo Mino Marengo.

Al Roella, però, i ragazzi giocavano solo nei giorni in cui era chiuso l’Oratorio, la vera “arena” del “fulbal”cheraschese. Il calcio, all’Oratorio, era quasi una battaglia. Le squadre, formate con il “ bin bun ban”, cercando di “trassare” per accaparrarsi i più forti, si giocava sulla terra gnocca e sassosa, in una spessa nuvola di polvere, o nella “paota” ancora umida, senza esclusione di colpi micidiali, tra “corner e opsei”, con i piedi roventi nelle Superga sfilacciate, se non nei sandali fratini. E tutti in gara per la selezione della squadra vera, quella degli “Edelweiss”, quella che Don Emilio schierava, ogni anno contro i NEROSTELLATI, in un derby cittadino che ricreava, qui, in clima agrodolce e tanto caro dei film con Peppone e Don Camillo. Già, dietro la Sportiva c’era il “Circolo del Fiore”, il covo dei laici liberali, in fama di essere dei “barbet”.

Ma la molla più potente che spingeva i ragazzi verso il “fulbal” era quella fornita dalle ragazze; affare difficile, allora, le ragazze, mica come adesso!. Era come un altro lavoro, quello delle ragazze: bisognava “starci dietro”, e con tanti sotterfugi e tante di quelle parole, che l’essere un NEROSTELLATO tagliava via di brutto. Gli eroi hanno diritto da sempre alle belle!

La squadra, che l’anno prima era salita di categoria con Gandolfi in panchina e grazie al cannoniere Mario Palermo, nel 1970 venne rilevata da Oderda, ex giocatore e capitano del Cuneo quando era in serie C, uno dei pochi a quei tempi ad essersi avvicinato e ad aver conosciuto il mondo del professionismo. Entrò subito nelle grazie della città, sicuramente avvantaggiato dalle prestazioni di un gruppo molto valido, che giocava un calcio spregiudicato, molto offensivo, fatto di rapidi inserimenti sulle fasce.
Oderda rimase due anni, il tempo nel campionato 1972-’73 di sfiorare la storica promozione in serie D: ma la Sportiva cadde prima a Chieri poi ad Acqui; anche per colpe non sue (ma le polemiche è meglio lasciarle al passato...), e la festa per la storica promozione venne rinviata, ma solo di pochi anni. La stagione successiva ci provò Sommaruga, ma nonostante un gran campionato la maledizione si ripeté: la Cheraschese arrivò nuovamente seconda, e neanche il ritorno, l’anno dopo (1974), di Oderda, il tecnico della prima Promozione, sulla panchina Nerostellata, riuscì più a cambiare l’inerzia del cammino della squadra.
A metà degli anni Settanta la Cheraschese subì a livello dirigenziale un cambio generazionale: il dottor Gallo, figura storica, lasciò la poltrona di presidente ad Aimo Dante, un’altra figura importante della centenaria società. Aimo ebbe il gran merito di coagulare attorno a sé, nei cinque anni della carica, un notevole e “pensante” gruppo di dirigenti, allestendo sempre squadre molto competitive formate da ottimi giocatori e tecnici. In quegli anni un altro giocatore di Cherasco s’impose per le sue grandi capacità: Walter Agnelli, una vita da mediano, che dimostrò in breve tempo di possedere personalità ed un innato senso tattico. Anche lui è passato alla storia come uno dei giocatori più rappresentativi degli Anni ‘80/90. Si avvicinarono all’epoca giovani dirigentii tra i quali Giancarlo Merlo, Beppe Capra e Antonino Genta. Con lui i tifosi ricordano maggiormente e con tanta simpatia i portieri Berto, Comelato, Fadin, Rossi e David, i difensori Manarini, Colombino, Cos, Dezio e Bellotti, i centrocampisti Francescon, Ventura, Mirisola, Frigo, Sommaggio e Mesiti, la mezzapunta Scardellato e gli attaccanti Arioli, Buscaglia e Losacco.
L’altra novità di rilievo di quegli anni fu la sempre maggior attenzione per la nascita, concomitante alla sempre più pressante richiesta che la Federazione faceva in proposito, di un vero e proprio Settore Giovanile: un vivaio formato da giovani cheraschesi che avrebbero dovuto, un giorno, esordire con la Prima Squadra, e che effettivamente, negli anni che seguirono, ricoprirono un ruolo importantissimo nell’esistenza della stessa, tanto da salvarla, alla metà degli anni Ottanta, dal ritiro dal campionato per mancanza di calciatori, giocando per un biennio senza prendere l’ombra di un rimborso spese. Furono la salvezza della Cheraschese. Negli Anni ‘80 esordirono già in prima squadra tre giovani del vivaio: l’attaccante Gianni Abrate, il difensore Mauro Borra e il tornante di fascia Mauro Saglietti
Verso la metà degli anni Settanta anche la Cheraschese cominciò, come le società più importanti e blasonate delle serie maggiori, a coltivare un proprio settore giovanile, reclutando per la città i giovani migliori e desiderosi, un giorno, di poter indossare ufficialmente i mitici colori nerostellati.

A capo del Settore, originariamente, c’era solo la caparbietà di Bruno Costamagna, che, senza ombra di dubbio, si può considerare il “padre ufficiale” del vivaio. Il settore giovanile aprì i battenti nella stagione 1976-’77, ma i primi anni servirono più che altro a forgiare il nuovo nucleo di ragazzi “fatto in casa”, per cui si disputarono solamente tornei estivi e amichevoli (più raramente) durante l’anno.

Pian piano le nuove leve subentrarono in massa ai senatori del gruppo, tanto da arrivare a costituire, nel 1985, l’ossatura stessa della squadra, che intanto era ripiombata in Prima Categoria. Ma Cherasco era tornata ad avere, come ai bei tempi, una squadra tutta sua, dove giocavano gran parte dei figli della sua terra: Fabrizio Torta (figlio di Franco Torta, ex grande calciatore dell’Unione Sportiva) faceva il difensore centrale, Gianni Colombano, il capitano, giocava in mediana, Luciano Abrate era il re del centrocampo, Giuseppe Saglietti il dominatore della fascia destra, Alberto Zorniotti un jolly tuttofare, Mauro Borra, libero dai piedi buoni e Paolo Biga, punta rapida e goleador. Si ricordano la grande tenacia ed il temperamento di Paolo Scaparone e Massimo Bertolotti, Roberto Marengo detto “Brigel” e i fratelli Gonella. Furono anni intensi, ma anche difficili, nei quali la società dovette appellarsi soprattutto alla forza dei suoi giovani per riuscire a costruire una squadra competitiva, costretta da una seria crisi economica.
Anni in cui la Cheraschese, abituata a campionati da protagonista in Promozione, doveva invece lottare fino all’ultima giornata prima di conquistarsi la salvezza in Prima Categoria. Nel1986 la squadra conquistò la permanenza nella serie dopo aver battuto il Luserna San Giovanni per 5-1. Fu grande festa allo stadio e per le strade della città, ma la cosa che restò maggiormente impressa fu che in quell’occasione si videro 11 cheraschesi in campo: evento che non succedeva da tempo, che fu permesso dall’infortunio del portiere titolare (l’unico non della città) a favore del secondo, Giampiero Vaira, cheraschese doc. L’anno successivo l’impresa si ripeté, grazie alla vittoria sul Perosa, naturalmente all’ultima giornata. Undici piccoli gladiatori (si metteva in luce il giovanisssimo Fabio Torta) che avevano un’età media di 19-20 anni e che posero le basi per un futuro di nuovo ricco di soddisfazioni e promozioni. La stessa ossatura che “resistette” nel biennio ’85-’87, nel 1991 conquistò la seconda Promozione della storia (con Gobetti allenatore per un quadriennio) e nel1994, con Campanile seduto in panchina (e rinfoltita da altre nuove leve del Settore Giovanile), la storica promozione in Eccellenza
Gli anni ‘80 videro la comparsa del primo sponsor sulle magliette dei calciatori. Sempre in quegli anni, i Nerostellati esordirono con il marchio Biemmedue sul petto: un sodalizio storico, che durò quasi vent’anni, tanto da far aggiungere al nome sociale “Unione Sportiva Cheraschese” quello della ditta stessa. Tradizione che è proseguita più avanti con l’accorpamento nel nome anche del nuovo sponsor, la Brc dei fratelli Costamagna.

Dal 1987 al ’90 si posero le basi per un futuro più nobile, impreziosito dal (ri)passaggio prima in Promozione, poi per la prima volta in Eccellenza, avvenuto nel 1994. Nell’ordine, la Cheraschese si classificò quarta nel 1988, poi, con Gobetti allenatore, tre volte consecutivamente seconda in Prima Categoria. Il gruppo di quegli anni fu molto competitivo, ma non raccolse per quanto avrebbe potuto: a mancare fu un vero attaccante da 15-20 gol a campionato: unica pecca di una squadra che aveva il punto forte nel portiere, Roberto Sarale, di Fossano, classe 1962, che ancora

adesso detiene il record prestigioso di 13 partite consecutive senza subire un gol, e in una difesa saracinesca, che contava soprattutto su due ragazzi di vent’anni (Giulio Campisi e Luca Dell’Anna) provenienti dall’Albese in prestito, che alla fine si fermarono a giocare con i colori nerostellati per tanti anni.

L’ultima fu quella buona e la società ritornò in Promozione, categoria che mancava da quasi otto anni: nel 1991, sotto la presidenza di Domenico Dogliani e l’attenta gestione del segretario Antonio Bergese, si riportarono in alto i sogni della società e dei suoi tifosi. Nel 1994 si raggiunse l’apoteosi: il primo posto nel campionato, e l’accesso all’Eccellenza. Un’attesa che durava da più di vent’anni, un’impresa firmata da Giulio Campanile, per tre anni – non consecutivi – tecnico della Sportiva. Nel 1998 Adelio Panero diventò presidente, affiancato dall’ex giocatore Aldo Genesio, come segretario e responsabile del settore giovanile e, anche se non riuscì a centrare l’obiettivo, ebbe l’indiscusso merito di aver valorizzato alcuni giovani e chiamato in panchina colui che, tre anni più tardi, riuscì a conquistare il tanto ambito primo posto finale. “Momo” Dogliani. Lo zoccolo duro, però, era tornato e nel 2001, sotto la presidenza di Luigi Monchio, fu di nuovo Eccellenza. Il resto è storia recente

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