Gneo Manlio Cincinnato
Gneo Manlio Cincinnato (in latino Cnaeus Manlius Cincinnatus; Roma, ... – 480 a.C.) è stato un politico e militare romano del V secolo a.C.
Gneo Manlio Cincinnato | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Cnaeus Manlius Cincinnatus |
Nascita | Roma |
Morte | 480 a.C. |
Gens | Gens Manlia |
Consolato | 480 a.C. |
Biografia
modificaGneo Manlio apparteneva alla nobile gens Manlia, una delle più antiche e conosciute gentes patrizie dell'antica Roma, i cui cognomina più diffusi durante la Repubblica erano Capitolino, Torquato e Vulsone; il nomen Manlio viene frequentemente confuso con Manio o con Manilio.
Gneo Manlio, eletto console nel 480 a.C. insieme a Marco Fabio Vibulano[1][2], fu il primo membro di questa gens a raggiungere il consolato e da allora vari Manlii ebbero incarichi nella magistratura della repubblica.
In quell'anno Tiberio Pontificio, un tribuno della plebe, propose, come Spurio Licinio l'anno precedente, una legge agraria[3] cercando di ostacolare la leva militare[4], ma i senatori ed i consoli riuscirono a corrompere alcuni tribuni della plebe e ad effettuare il reclutamento: era l'inizio della guerra contro Veio, e più in generale contro l'Etruria, che durò fino al 476 a.C.[4].
Gli Etruschi si erano ammassati a Veio e riuniti all'esercito di quella cittadina non tanto per sostenerne la lotta quanto perché coltivavano la speranza di approfittare della debolezza di Roma conseguente alle accese lotte intestine[4]. Una volta che Romani ed Etruschi si furono insediati nei rispettivi accampamenti i due consoli, timorosi di affrontare gli eserciti alleati, evitarono dapprima il combattimento, trattenendo le proprie truppe. I nemici tentarono allora di provocarli insultando sia loro che le truppe, suscitando un profondo senso di rabbia ed una crescente impazienza di combattere il nemico[5]. Ulteriori provocazioni degli Etruschi esasperarono i soldati romani a tal punto da far temere un ammutinamento delle truppe; Marco Fabio convinse Gneo Manlio all'azione e fece giurare l'esercito, davanti agli dei, che la battaglia sarebbe stata vinta, pena la punizione divina sugli sconfitti.
La battaglia venne vinta da Marco Fabio ma a carissimo prezzo, poiché durante il suo svolgimento caddero prima Quinto Fabio, console due anni prima, e poi lo stesso Gneo Manlio[6][7]. Il console superstite, profondamente rattristato per la morte del fratello e del suo collega non accettò, in segno di dolore e di rispetto, il trionfo che il senato gli aveva riservato[8].
Note
modifica- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, Libro II, 43, 11.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IX, 5
- ^ Secondo Dionigi di Alicarnasso Tiberio Pontifici non propose una legge agraria, ma l'istituzione del collegio di 10 senatori che avrebbero dovuto individuare le terre pubbliche da suddividere tra i cittadini romani, Antichità romane, IX, 5
- ^ a b c Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 44.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 45.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 45-47.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 5-12
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita Libri, Libro II, 47, 9-10.
Bibliografia
modificaVoci correlate
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