Giuseppe Perotti

generale, ingegnere e partigiano italiano
Disambiguazione – Se stai cercando il paroliere italiano, vedi Pinchi.

Giuseppe Perotti (Torino, 16 giugno 1895Torino, 5 aprile 1944) è stato un generale, ingegnere e partigiano italiano, appartenente al Genio ferrovieri e membro della Resistenza piemontese, fu insignito di medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Giuseppe Perotti
Il generale di brigata Giuseppe Perotti
NascitaTorino, 16 giugno 1895
MorteTorino, 5 aprile 1944
Cause della mortefucilazione
Luogo di sepolturaCimitero monumentale di Torino
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaArma del genio
CorpoGenio ferrovieri
Anni di servizio1915 - 1943
GradoGenerale di brigata
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
Decorazionivedi qui
Studi militariAccademia Reale di Torino
Altre caricheIngegnere
voci di militari presenti su Wikipedia

Biografia

modifica

La carriera militare

modifica
 
Tomba del generale Giuseppe Perotti nel cimitero monumentale di Torino.

Dopo gli studi superiori di fisica e matematica, Giuseppe Perotti entrò all'Accademia militare di Artiglieria e Genio di Torino dove si classificò secondo nel suo corso. Con il grado di sottotenente partecipò alla prima guerra mondiale nei reparti minatori.

Nella ritirata successiva alla disfatta di Caporetto gli venne affidato il compito di far saltare i ponti sul fiume Piave, incarico svolto magistralmente tanto che gli valse una medaglia di bronzo al valor militare e la promozione a capitano per meriti di guerra.

Dopo il conflitto divenne per tre anni istruttore all'Accademia militare di Torino, poi decise di conseguire la laurea in ingegneria civile al Politecnico di Torino sospendendo temporaneamente la propria carriera militare. Al rientro in servizio alla Direzione del Genio militare di Corpo d'armata fu nominato capo sezione dei lavori di montagna e successivamente addetto all'Ufficio fortificazioni, operò per migliorare la linea difensiva lungo il confine italiano con la Francia. Fu poi insegnante di Costruzioni del genio alla Scuola di applicazione di Artiglieria e Genio di Torino (1930-31).

Nel 1935 dopo aver ottenuto il grado di tenente colonnello partecipò alla guerra d'Etiopia dove diresse la costruzione di ponti e strade. Al suo rientro in patria, nel 1938, gli venne affidato il comando del Reggimento Ferrovieri.

Fu promosso generale di brigata nel luglio del 1942 e destinato presso lo Stato Maggiore a Roma con l'incarico di ispettore delle unità ferroviarie mobilitate.

La Resistenza e la morte

modifica

Dopo l'armistizio Perotti entrò nella Resistenza tra le file del 1º Comitato militare regionale piemontese (CMRP) dove, per le sue capacità, fu nominato dal CLN coordinatore dello stesso Comitato piemontese.

Il 31 marzo 1944 fu catturato da membri della Polizia Repubblicana nella sacrestia del Duomo di Torino, assieme ai compagni, mentre si teneva una riunione clandestina del CMRP e incarcerato. Nel processo davanti al Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato nei giorni 2 e 3 aprile, venne condannato a morte e fucilato il 5 aprile 1944 nel Poligono Nazionale del Martinetto di Torino da un plotone della Guardia Nazionale Repubblicana insieme a Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Enrico Giachino, Eusebio Giambone e Massimo Montano.

Al momento della fucilazione comandò ai suoi compagni "Signori ufficiali, attenti: Viva l'Italia!". Gli fu conferita la medaglia d'oro al valor militare alla memoria. È sepolto nel Cimitero monumentale di Torino.

Riconoscimenti e dediche

modifica

Onorificenze

modifica
«Ufficiale generale di eccezionali doti morali e militari, all'atto dell'armistizio organizzava nell'Italia Settentrionale un'efficace resistenza armata contro l'oppressore tedesco e fascista e dirigeva, con fede ed entusiasmo inesauribili, l'audacissima attività bellica di agguerrite formazioni di patrioti del Piemonte. Con sagacia ed ardimento senza pari portava a termine numerose azioni di sabotaggio contro il traffico ferroviario alla frontiera occidentale, riuscendo ad ostacolare seriamente per oltre tre mesi i movimenti avversari in un'importante vallata alpina. Attraverso un'attiva rete informativa da lui creata e diretta, forniva preziose notizie di carattere operativo ai comandi italiani ed alleati. Arrestato dai nazi-fascisti nel corso di una riunione di dirigenti del fronte clandestino di resistenza piemontese, che in lui avevano trovato il capo di altissimo prestigio, manteneva l'assoluto segreto circa il movimento patriota ed assumendo su di sé con nobilissimo gesto, ogni responsabilità, salvava l'organizzazione e la vita di molti suoi collaboratori. Condannato a morte da un tribunale di parte asservito ai tedeschi, affrontava con cosciente fierezza di soldato la morte al grido di «Viva l'Italia». Italia occupata, 8 settembre 1943- 5 aprile 1944.[1]»
«Ricevuto ordine di completare con gelatina esplosiva il caricamento della mina di un ponte ferroviario, avviava al sicuro quattro minatori e ne teneva con sé due soli, con i quali calmo e sereno, adempiva in poche ore al suo compito sotto il vivo fuoco dell’artiglieria nemica, ottenendo poi la distruzione completa del ponte. In altra circostanza, in vicinanza dell’avversario, riusciva ad ottenere altra interruzione ferroviaria, con l’impiego di esplosivi. Morco, 16 maggio 1916.»

Bibliografia

modifica

Altri progetti

modifica

Collegamenti esterni

modifica