Giuseppe Paolini

generale italiano

Giuseppe Paolini (Popoli, 11 aprile 1861Gorizia, 11 gennaio 1924) è stato un generale italiano, veterano della guerra italo-turca e della prima guerra mondiale, dove fu comandante del 134º Reggimento fanteria, della Brigata Benevento, della Brigata Speciale, della Brigata Acqui, della 4ª Divisione, e dell'XI Corpo d'armata. Decorato con la Croce di Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, di una Medaglia d'oro e due d'argento al valor militare.

Giuseppe Paolini
NascitaPopoli, 11 aprile 1861
MorteGorizia, 11 gennaio 1924
Luogo di sepolturaSacrario militare di Redipuglia
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
CorpoBersaglieri
Anni di servizio1898-1922
GradoGenerale di corpo d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
BattaglieBattaglia di Sciara Sciatt
Battaglia di Caporetto
Battaglia del solstizio
Battaglia di Vittorio Veneto
Comandante diXI Corpo d'armata
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena
dati tratti da Combattenti Liberazione[1]
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Biografia

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Veduta del Sacrario Militare di Redipuglia con la tomba del Duca d'Aosta e, subito dietro, quelle dei generali Antonio Edoardo Chinotto, Giuseppe Paolini, Fulvio Riccieri, Giovanni Prelli e Tommaso Monti

Nacque a Popoli di Pescara in via Saffi, l'11 aprile 1861, figlio di Nicola e di Teresa Celli. Arruolatosi nel Regio Esercito, frequentò la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, da cui uscì nel gennaio 1882 con il grado di sottotenente, assegnato all'arma di fanteria, corpo dei bersaglieri. Assegnato in servizio al 2º Reggimento bersaglieri, fu successivamente promosso tenente e poi capitano nel 1894.[1] Divenuto maggiore nel giugno 1908, in forza al 9º Reggimento bersaglieri, qualche mese dopo, al comando del XXX Battaglione si distinse durante le operazioni di soccorso prestate alle popolazioni colpite dal terremoto nelle Calabrie, guadagnandosi la Medaglia d'argento di benemerenza.[1] Nell'ottobre 1909 fu trasferito all'11º Reggimento bersaglieri con il quale, al comando del XV Battaglione, dal 1911 prese parte alla guerra italo-turca, combattendo in Libia, dove fu insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, di una Medaglia d'argento al valor militare e la promozione a tenente colonnello per merito di guerra per essersi distinto nei combattimenti di Sciara Sciat, dove rimase ferito, di Sidi Said e di Assab.[1] Rientrato in patria nell'agosto 1913, ricevette l'incarico di addestrare il neocostituito 134º Reggimento fanteria, del quale divenne comandante dopo la promozione a colonnello.[1]

 
Popoli (Pe), piazza Generale Paolini e Monumento ai caduti, opera di Corradino D'Ascanio

All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia (1861-1946), avvenuta il 24 maggio 1915, prese posizione in linea sul basso Isonzo.[1] Per essersi distinto nella brillante azione del 25 luglio sul Monte Sei Busi, fu promosso maggior generale per merito di guerra, assumendo il comando della Brigata Benevento (2-27 settembre).[1] Il 21 ottobre, quale comandante di una brigata speciale,[2] ricevette l'incarico di attaccare le fortissime posizioni nemiche a ridosso delle cave di Selz.[2] Rimasto ferito una prima volta alle 10:30, venne poi ferito altre tre volte, rifiutando sempre di allontanarsi dal combattimento e continuando a dirigere il corso delle operazioni.[2] Con moto proprio Vittorio Emanuele III il 27 ottobre lo insignì della Medaglia d'oro al valor militare a vivente.[2] Ripresosi dalle ferite, ritornò al fronte nel gennaio 1916, combattendo ancora sulle alture di Selz e poi sull'altipiano di Asiago al comando della Brigata Acqui.[1] Assunto il comando della 4ª Divisione, diresse le azioni offensive contro il Pecinka e Castagnevizza, venendo decorato della Croce di Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Nel giugno 1917 fu promosso tenente generale per merito di guerra e, nel mese di ottobre, al comando di un Corpo d'armata speciale, per avere preso parte all'ordinato ripiegamento sulla linea del Piave dei reparti della 3ª Armata fu decorato di una seconda Medaglia d'argento al valor militare. Al comando dell'XI Corpo d'armata prese parte alle battaglie del solstizio (giugno 1918) e di Vittorio Veneto (ottobre-novembre), distinguendosi a Grave di Papadopoli.[1] Insignito del titolo di Commendatore e poi di Grande Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia, il 4 ottobre 1919 entrò a far parte dell'Ufficio onoranze al Soldato Ignoto, presieduto dal generale Napoleone Fochetti.[3] Oltre a lui ne facevano parte[N 1] il colonnello Vincenzo Paladini, il maggiore medico Nicola Fabrizi, il tenente Augusto Tognasso, il sergente Giuseppe De Carli, il caporale maggiore Giuseppe Sartori e il soldato Massimo Moro.[3] Tale commissione aveva il compito di identificare tra i vari cimiteri di guerra 11 salme di soldati caduti in combattimento e rimasti non identificati, dalle quali poi sarebbe stata tratta quella che sarebbe stata solennemente tumulata nel sacello dedicato al Milite Ignoto all'Altare della Patria a Roma.[4] Fu posto in congedo a partire dal 1º aprile 1922, venendo promosso generale di corpo d'armata nel febbraio dell’anno successivo.[1]

Fu ideatore del cimitero del Colle di Sant'Elia, detto "degli invitti"[N 2], dove furono traslate le salme dei militari provenienti dalle svariate decine di doline utilizzate come cimiteri improvvisati e da tutti quei campisanti dell'area carsica non giudicati idonei ad essere mantenuti.[5] Tale cimitero era stato progettato dal colonnello Vincenzo Paladini dell'Ufficio preposto alla Cura e Onoranze delle Salme dei Caduti in Guerra (COSCG), con sede a Udine.[5] Si spense a Gorizia l'11 gennaio 1924.[1]

Sua figlia Paola fu la moglie del celebre ingegnere Corradino D'Ascanio, progettista della Piaggio Vespa, e del Monumento ai caduti in Popoli, presso la piazza dedicata al Generale Paolini nel 1927. Sempre a Popoli, presso via Saffi, nel muro della casa natale, gli è stata dedicata una lapide.

Onorificenze

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«Diresse con senno e con coraggio, sotto violentissimo fuoco nemico, l'avanzata della propria brigata. Ferito ben quattro volte, non volle lasciare il campo di battaglia, finché non si fu assicurato dell’esecuzione degli ordini impartiti, mirabile esempio di cosciente ardimento. Poggio di quota 65 a nord di Selz, 21 ottobre 1915.[7]»
— 27 ottobre 1915[8]
«Comandò il battaglione in combattimento con iniziativa ed arditezza. Ferito al dorso della mano destra nella prima fase della giornata, continuò a tenere il comando fino al termine dell'azione, esempio costante di arditezza, di calma e di coraggio ai dipendenti. Assaba, 23 maggio 1913
«Magnifica figura di soldato, già distintosi in tutta la campagna di guerra per eccezionale, intrepido coraggio e ardimentoso valore, quale comandante di divisione sull'altopiano Carsico, lottò strenuamente per il mantenimento di posizioni ripetutamente ed accanitamente attaccate dal nemico, conservandone il possesso; durante una difficile e complessa operazione di ripiegamento con la sua divisione destinata al compito di estrema retroguardia, protesse efficacemente le grandi unità in ritirata, concorrendo così validamente a mantenere integrale la compagine. Quale comandante di corpo d'armata attese all'organizzazione difensiva in un settore delicatissimo che all'urto nemico, si rivelò magnificamente preparato; in ogni circostanza , raggiunse i più brillanti risultati, confermando sempre, nelle frequenti ricognizioni in prima linea, il suo invitto valore. Carso-Piave, novembre 1916, giugno 1918
— Decreto Luogotenenziale 29 dicembre 1918[10]
avanzamento per merito di guerra
— Decreto Luogotenenziale 28 agosto 1917[11]

Annotazioni

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  1. ^ Come membri supplenti erano stati designati: il colonnello cav. Carlo Trivulzio di Udine (decorato con 5 Medaglie di bronzo), il sergente Ivanoe Vaccaroni (da Udine, decorato con una medaglia d'argento, due di bronzo e due croci di guerra al valor militare), il caporale maggiore Luigi Marano, e il soldato Lodovico Duca.
  2. ^ Tale cimitero di guerra era sorto sull'altura dirimpetto all'attuale Sacrario militare di Redipuglia.

Bibliografia

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  • Gaetano Carolei, Guido Greganti e Giuseppe Modica, Le Medaglie d'oro al Valor Militare 1915 e 1916, Roma, Tipografia regionale, 1968.
  • Massimo Coltrinari e Giancarlo Ramaccia, 1915. L'anno della passione: Dalla neutralità all'intervento, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2018.
  • Emanuele Martinez e Marco Pizzo, 4 novembre 1921-4 novembre 2011. Il Milite Ignoto da Aquileia a Roma, Roma, Gangemi Editore, 2011.

Collegamenti esterni

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