Carlo Garbieri

arbitro di calcio, dirigente sportivo e militare italiano

Carlo Garbieri (Genova, 26 dicembre 1895Culqualber, 21 novembre 1941) è stato un arbitro di calcio, dirigente sportivo e militare italiano, veterano della prima guerra mondiale, dove fu decorato con due Medaglie d'argento al valor militare, combatte anche durante la guerra d'Etiopia e la seconda guerra mondiale, dove fu insignito di due Croci di guerra al valor militare. Caduto in combattimento durante la battaglia di Culqualber fu dapprima decorato con una terza Medaglia d'argento, successivamente trasformata in Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Carlo Garbieri
Garbieri nel 1928
Informazioni personali
Arbitro di Calcio
SezioneGenova
ProfessioneInsegnante[1]
Attività nazionale
AnniCampionatoRuolo
1926-1929
1929-1931
Divisione Nazionale
Serie A
Arbitro
Arbitro
Carlo Garbieri
NascitaGenova, 26 dicembre 1895
MorteSella di Culqualber, Africa Orientale Italiana, 21 novembre 1941
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
M.V.S.N.
UnitàBrigata "Sassari"
6ª Divisione CC.NN. "Tevere"
Anni di servizio191X - 1919
1935 - 1941
GradoMaggiore di complemento
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Culqualber
Comandante diLXVII Battaglione Coloniale
II Compagnia del LXVII Btg. Coloniale
Decorazionivedi qui
Altre caricheArbitro di calcio
Insegnante
[1]
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Biografia

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Nacque a Genova il 26 dicembre 1895[2], figlio di Giovanni e Nilde Carfagni, frequentò il liceo classico, e poi l’Università di Genova[N 1] dove si laureò successivamente in fisica e matematica[1].

Si arruolò nel Regio Esercito nel novembre 1915, a guerra iniziata, con il grado di sottotenente di complemento assegnato al 152º Reggimento della Brigata fanteria "Sassari", di cui poi comandò un reparto di Arditi.[1] Al termine del conflitto risultava decorato con due Medaglie d'argento al valor militare e con la Croce al merito di guerra, ma per i postumi di una ferita riportata nel 1916 fu congedato con il grado di tenente nel 1919, dedicandosi all'insegnamento[1].

Attività sportiva

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Appassionato di calcio, fu tra i soci fondatori della Spes[1], società calcistica della sua città natale, e nel 1919 cominciò a dedicarsi alla carriera arbitrale[2].

Dal 1926 arbitrò in Divisione Nazionale, dove diresse 27 incontri[3]. Nel 1929 passò alla neonata Serie A, in cui debuttò il 6 ottobre dirigendo l'incontro tra Triestina e Torino[4]. Arbitrò per due stagioni, dirigendo 18 incontri[N 2]. Diresse la sua ultima gara, tra Napoli e Casale, il 14 giugno 1931[4]. Fu presidente del Gruppo Arbitri di Genova[1].

Guerra d'Etiopia e seconda guerra mondiale

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Capitano nel 1927, nel dicembre 1935 si arruolò nella 6ª Divisione CC.NN. "Tevere" della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, comprendente numerosi reduci, con la quale partì per combattere in Etiopia con il grado di 1° centurione. La divisione fu mandata dapprima a Mogadiscio in Somalia e poi a Moggio, e pur assegnato ad un battaglione di mutilati, trovò il modo di distinguersi durante il conflitto in forza alla 220ª Legione CC.NN., venendo decorato con la Croce di guerra al valor militare.[1].

Congedatosi ritornò per un breve periodo in Italia, ma rinunciato all’insegnamento universitario, si reimbarcò per l'Africa Orientale Italiana come responsabile di una importante azienda commerciale. Con l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, venne richiamato in servizio, assegnato al dapprima al comando della 1ª Legione CC.NN. di Addis Abeba, e poi a quello del CLXVI Battaglione CC.NN. Il 1 luglio 1941, promosso maggiore, assunse il comando del LVXII Battaglione Coloniale destinato alla difesa di Gondar[1].

Cadde in combattimento nel corso della battaglia di Culqualber, colpito al cuore. Durante le operazioni in A.O.I fu insignito di una terza Medaglia d’argento, di una seconda Croce di guerra al valor militare e, 31 dicembre 1947 della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Onorificenze

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«Assunto a sua domanda il comando di un battaglione coloniale dislocato in un caposaldo nel quale ben sapeva di dovere affrontare prove supreme, infondeva nei propri dipendenti una vera fiamma di ardore guerriero, stimolandoli con l’esempio del personale eroismo ad imprese di epico valore. Arrestava con tenace azione difensiva l’aggressività avversaria, passava ad audace contrattacco realizzando tangibile successo e catturando ingente materiale bellico. Nuovamente pressato da preponderanti forze sostenute da mezzi corazzati ed imponenti azioni aree, si batteva strenuamente e con abile, temeraria manovra riconquistava posizioni perdute riuscendo, dopo lotta sanguinosa, a ristabilire la situazione. Delineatasi in seguito crisi insostenibile, s’impegnava in cinque successivi contrattacchi, culminati in cruenti corpo a corpo, pur di ritardare la caduta del caposaldo. Compreso che solo un estremo gesto poteva indurre i superstiti ad uno sforzo supremo, sprezzante della vita, si gettava nella mischia. Colpito mortalmente cadeva incitando a lotta estrema, che riportava i suoi valorosi a riaffermarsi nuovamente tra le rovine del caposaldo ed a prolungare in tal modo, la resistenza di altre unità duramente impegnate. Mutilato della prima guerra mondiale, riconfermava, col sacrificio estremo, le sue preclari virtù guerriere. Africa Orientale, ottobre – novembre 1941.»
— Decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1947[5]
«Si offriva volontariamente di guidare un drappello di animosi che doveva tentare una irruzione di sorpresa contro un tratto di trincea nemica, e riusciva pienamente nell’intento, senza alcuna perdita, con la cattura di tredici prigionieri e con la conquista di armi e munizioni. Già distintosi il 27 dicembre 1915 nel far brillare tubi esplosivi sotto il reticolato della stessa trincea nemica. Castelnuovo, 1 gennaio 1916.»
«Comandante di un plotone di fanteria inviato di rincalzo a reparti alpini occupanti una difficile e contrastata posizione montana, seppe eseguire un’abile, rapidissima ricognizione sotto il grandinare dei proiettili nemici, conducendo poi il suo reparto ad un violento contrattacco, durante il quale venne ferito gravemente al petto mentre mirabilmente incoraggiava, con l’esempio e con la parola, i suoi soldati. Castelgomberto, 8 giugno 1916.»
«Al comando di un battaglione coloniale dislocato a difesa di un caposaldo, infondeva nei propri dipendenti una vera fiamma di ardore guerriero, stimolandoli e guidandoli ad imprese di epico valore. Alla testa del suo battaglione partecipava a ripetute temerarie operazioni, condotte contro munite posizioni nemiche da cui travolgeva i difensori, catturando armi, munizioni e vettovaglie e consentendo alle forze del caposaldo di prevalere su quelle nemiche, di gran lunga superiori e favorite dall’assoluto dominio aereo. Nel corso di un cruento combattimento difensivo che poneva in giuoco le sorti del caposaldo, rendeva possibile coi suoi veementi contrattacchi, di conseguire notevoli successi. Resasi in seguito la situazione tragica e senza più speranza, si lanciava per cinque volte al contrattacco. Colpito mortalmente faceva estremo cenno ai superstiti di sorpassarlo, di persistere nella lotta. Culqualber di Gondar (A.O.I.), maggio-ottobre, 13 e 21 novembre 1941.»
— Decreto del Presidente della Repubblica 12 maggio 1949[6]
«Combattente della grande guerra, aiutante maggiore di battaglione, si offriva più volte per guidare ardite ricognizioni notturne, ottenendo sempre buon esito nonostante le difficoltà opposte dal terreno e dalla reazione avversaria. Attaccato, a venti chilometri dalla base, con violenza da forze preponderanti, reagiva animosamente disimpegnando il reparto dopo quasi due ore di fuoco, catturando armi automatiche e munizioni. Esempio di coraggio e sprezzo del pericolo. Monte Jerer, 16-20 settembre, 28 ottobre 1936.»
«Comandante di battaglione accorreva con la compagnia di riserva a prestare man forte a nostri elementi impegnati contro forze superiori di numero, riuscendo con perizia e ardimento a volgere la situazione a nostro favore. Piana del Cerha, 14 luglio 1941.»

Annotazioni

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  1. ^ Il padre Giovanni ricoprì l’incarico di Preside della facoltà di Scienze dell’Università di Genova.
  2. ^ Le fonti sono discordanti: mentre La storia del calcio indica 17 incontri, l'Annuario 1932 e WikiCalcioItalia ne indicano 18.
  1. ^ a b c d e f g h i La Luminosa figura di Carlo Garbieri, caduto da eroe a Culqualbert, in Il Littoriale, 5 dicembre 1941, p. 4. URL consultato il 5 febbraio 2013.
  2. ^ a b Barlassina.
  3. ^ Fontanelli.
  4. ^ a b Garbieri, WikiCalcioItalia, su wikicalcioitalia.info. URL consultato il 5 febbraio 2013.
  5. ^ Registrato alla Corte dei conti lì 9 febbraio 1948, Esercito registro 3, foglio 308, pubblicato sul Bollettino Ufficiale 1948, disp. 5, pag.561.
  6. ^ Registrato alla Corte dei conti lì 22 giugno 1949, registro 17, foglio 366.

Bibliografia

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Dati anagrafici e anzianità di affiliazione:

  • Rinaldo Barlassina, Agendina del calcio 1933-1934, Milano - Via Galilei, La Gazzetta dello Sport, 1933, p. 23, dati anagrafici completi nel paragrafo "Gli arbitri della Divisione Nazionale Serie A e Serie B", Conservato presso la Biblioteca Comunale "Sormani" e Biblioteca Nazionale Braidense, entrambe di Milano.

Dati delle partite arbitrate in Divisione Nazionale:

  • Carlo Fontanelli, Cento anni di calcio - Italia 1926/27 - Lo scudetto revocato, Fornacette (PI), Mariposa Editrice S.r.l., luglio 1997, p. 76.

Dati delle partite arbitrate in Serie A:

  • Luigi Saverio Bertazzoni (a cura di), Annuario Italiano Giuoco del Calcio, Modena, F.I.G.C., 1932.
  • Giuseppe Matarrese, La storia del calcio, varie edizioni dal 1929-1930.
  • Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - 4. Nostalgia delle colonie, Milano, A. Mondadori Editore, 2014, ISBN 8-85205-497-9.

Periodici

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  • Vittorio Cuomo, La battaglia del passo di Culqualber, in Storia Militare, n. 11, Parma, Ermanno Albertelli Editore, agosto 1994, pp. 14-18.

Collegamenti esterni

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