Battaglia del Sakarya
La battaglia del Sakarya (turco Sakarya Meydan Muharebesi), nota anche come battaglia del Sangarios (greco Μάχη του Σαγγάριου), fu un importante scontro bellico nel corso della guerra greco-turca, combattuta tra il 1919 e il 1922, che costituì anche il prodromo della guerra d'indipendenza turca.
Battaglia del Sakarya parte Guerra greco-turca (1919-1922) | |||
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Punto d'osservazione dalla collina di Duatepe (a Polatlı). Mustafa Fevzi (Çakmak), Köprülü Kâzım (Özalp), Mustafa Kemal (Atatürk), Ismet (İnönü) e Hayrullah (Fişek) | |||
Data | 23 agosto – 13 settembre 1921 | ||
Luogo | sponde del fiume Sakarya (Turchia) | ||
Esito | Non conclusiva tatticamente[1][2] Avanza greca arrestata[3] Vittoria strategica turca[4] | ||
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La battaglia si sviluppò lungo 21 giorni, dal 23 agosto al 13 settembre del 1921, sulle sponde del fiume Sakarya, nelle immediate vicinanze di Polatlı, che è attualmente un distretto della provincia di Ankara.[9] La linea di battaglia era lunga circa 100 km.[10]
È chiamata altresì battaglia degli ufficiali[11] (Subaylar Savaşı) in turco, a causa del rateo di morti particolarmente elevato (70-80%) tra gli ufficiali.[12]
La battaglia di Sakarya è considerata un punto determinante della guerra d'indipendenza turca.[13][14][15][16][17][18][19] Un osservatore, scrittore e critico letterario turco, İsmail Habip Sevük, in seguito descrisse l'importanza della battaglia con queste parole: "la ritirata, che era cominciata a Vienna il 13 settembre 1683, si fermò 238 anni più tardi".[20]
Teatro operativo
modificaL'offensiva greca, con re Costantino comandante supremo delle forze greche in Asia, venne avviata il 16 luglio 1921 e fu accuratamente attuata. Una finta contro il fianco destro turco a Eskişehir distrasse Ismet Pascià, mentre l'assalto principale colpì il fianco sinistro a Kara Hisar. I greci allora ruotarono il loro asse verso nord e dilagarono verso Eskişehir, avvolgendo le difese turche con una serie di assalti frontali combinati con manovre di fianco.[21]
Eskişehir cadde il 17 luglio, malgrado un vigoroso contrattacco di Ismet Pascià, che era disposto a combattere all'ultimo sangue. Prevalse tuttavia l'avveduto consiglio di Mustafa Kemal e Ismet si disimpegnò con gravi perdite per raggiungere la relativa salvezza rappresentata dal fiume Sakarya, circa 48 km a nord, a sua volta a soli 80 km da Ankara.[21]
La caratteristica determinante del terreno era il fiume stesso, che scorre verso est attraverso l'altopiano, improvvisamente gira verso nord e poi torna indietro verso ovest, descrivendo quasi un grande anello che forma una barriera naturale. Le sponde del fiume sono scomode e ripide, e vi erano pochi ponti, due soltanto sulla sezione frontale dell'anello. A est dell'anello, il paesaggio si erge davanti a un invasore con colline rocciose e creste brulle verso Ankara. Fu qui, su queste colline, a est del fiume che i turchi scavarono le loro posizioni difensive. Il fronte seguiva le colline a est del fiume Sakarya da un punto vicino alla parte meridionale di Polatlı, dove il fiume Gök confluisce nel Sakarya, e poi volge ad angolo retto a est, seguendo il corso del fiume Gök.
Era un eccellente terreno per chi si difendeva.[22]
Per i greci la questione se scavare anch'essi delle difese e riposare sui precedenti successi, oppure avanzare verso Ankara con un estremo sforzo e distruggere l'Armata della Grande Assemblea Nazionale turca era difficile da risolvere, riproponendo l'eterno dilemma che si parava davanti allo Stato Maggiore greco fin dall'inizio della guerra.
I pericoli di allungare ulteriormente le linee di comunicazione in un terreno tanto inospitale da uccidere i cavalli, causare avarie ai veicoli e impedire il movimento delle artiglierie pesanti erano ovvi. Il fronte allo stato presente dei fatti, che aveva dato ai greci il controllo della strategicamente rilevante ferrovia era sotto il profilo tattico il più favorevole. Ma, poiché l'Armata della Grande Assemblea Nazionale Turca era sfuggita all'accerchiamento a Kütahya, nulla era ancora risolto. Quindi la tentazione di assestare un decisivo "colpo da KO" divenne irresistibile.[23]
Battaglia
modificaIl 10 agosto, re Costantino infine ordinò alle sue forze di dare l'assalto alle linee nemiche lungo la Linea Sakarya. I greci effettuarono una marcia forzata di nove giorni prima di entrare in contatto col nemico. Essa comprese una manovra di fianco lungo la parte settentrionale dell'Anatolia, attraverso il Lago Tuz (deserto salato), in cui era assai scarsa la presenza di acqua e di cibo, tanto che la fanteria in movimento dovette requisire brutalmente mais e acqua ai poveri villaggi turchi del posto, oltre che la carne degli ovini che pascolavano ai limiti di quell'area desertica.[24]
Il 22 agosto la battaglia finalmente iniziò, quando i greci entrarono in contatto con le posizioni avanzate dei turchi a sud del fiume Gök. Lo Stato Maggiore turco aveva creato il suo Quartier Generale a Polatlı, lungo la ferrovia, poche miglia a est delle sponda del fiume Sakarya, e le truppe erano preparate a resistere.
Il 26 agosto, i greci attaccarono lungo tutta la linea. Attraversando il poco profondo Gök, la fanteria combatté in un terreno rotto, dove ogni cresta e collinetta era stata fortificata dal nemico con trinceramenti possenti e in grado di sviluppare un volume devastante di fuoco.
Dal 2 settembre le alture del monte Chal erano in mano greca e, una volta che la manovra di accerchiamento contro il fianco sinistro turco fallì, la battaglia del fiume Sakarya si trasformò in un tipico confronto testa a testa di fanterie, mitragliatrici e artiglierie.[21] I greci effettuarono il loro maggiore sforzo al centro, spingendosi avanti per circa 16 km in 10 giorni, attraversando la seconda linea di difesa turca. Alcune unità greche giunsero a 50 km dalla città di Ankara.[25] Questo fu l'apice dei risultati conseguiti dai greci in tutta la Campagna nell'Asia minore.[24]
Per giorni, durante la battaglia, non avevano raggiunto il fronte né munizioni né rifornimenti, a causa dei danni prodotti dalla cavalleria turca contro le linee greche di comunicazione e delle incursioni dietro le linee greche. Tutte le truppe greche furono impegnate in battaglia, mentre truppe fresche turche di coscritti affluivano grazie alla mobilitazione proclamata dal Movimento Nazionale Turco. Per tutte queste ragioni l'impeto dell'attacco greco si spense. Per pochi giorni vi fu una pausa nei combattimenti in cui nessuno dei due eserciti, in preda allo sfinimento, poteva più portare l'attacco contro l'altro.[26] Il sovrano greco Costantino I, che comandava di persona la battaglia, fu a un passo dall'essere fatto prigioniero da una pattuglia turca.[27]
Astuto come sempre nel momenti decisivi, Mustafa Kemal assunse personalmente il comando delle operazioni e lanciò l'8 settembre un piccolo contrattacco contro la sinistra dell'esercito greco e attorno al monte Chal. La linea greca tenne e l'attacco ebbe un limitato successo,[26] ma, nel timore che quello costituisse un'avvisaglia di un attacco turco di maggiori dimensioni per aggirare le loro forze, mentre il clima rigido dell'inverno si approssimava, Costantino fermò l'assalto greco il 14 settembre 1921.[28]
Di conseguenza, Anastasios Papoulas ordinò un arretramento generale verso Eskişehir e Kara Hisar. Le truppe greche evacuarono il monte Chal che era stato da loro conquistato con un combattimento senza risparmio e si ritirarono senza essere infastidite dal nemico, attraversando il fiume Sakarya per raggiungere le posizioni che avevano lasciato un mese prima, abbandonando cannoni ed equipaggiamento. Nella loro ritirata, comunque, nulla fu lasciato che potesse essere utilizzato dai turchi. Ferrovie e ponti furono fatti saltare in aria e allo stesso modo alcuni villaggi vennero dati alle fiamme.[29]
Conseguenze
modificaLa ritirata dal Sakarya segnò la fine delle speranze greche di imporre la propria presenza egemonica in Turchia con la forza delle armi. Nel maggio 1922, il gen. Papoulas e l'intero suo staff rassegnarono le dimissioni e furono sostituiti dal gen. Georgios Hatzianestis, che si dimostrò assai più inetto del suo predecessore.[28]
Sull'altro fronte, Mustafa Kemal tornò in trionfo ad Ankara, dove la Grande Assemblea Nazionale Turca lo elevò al rango di Feldmaresciallo delle forze armate, attribuendogli anche il titolo altamente onorifico di Gazi, rendendogli onore per aver salvato la nazione turca.[30]
Secondo il discorso che fu pronunciato anni dopo davanti alla medesima Assemblea Nazionale nella Seconda Conferenza Generale del Cumhuriyet Halk Partisi che ebbe luogo dal 15 ottobre al 20 ottobre 1927; Kemal disse di aver ordinato che:
«... non un pollice del Paese poteva essere abbandonato finché non fosse stato inzuppato dal sangue dei cittadini... nel momento in cui si era capito che l'esercito turco stava rapidamente perdendo terreno, senza avere virtualmente alcuna difesa naturale tra la linea di battaglia e Ankara»
Lord Curzon dedusse che la situazione militare era entrata in stallo, col tempo che lavorava in favore dei turchi. La posizione dei turchi dal punto di vista britannico era infatti migliorata. A suo parere, i nazionalisti turchi erano a quel punto più pronti a trattare.[31]
Dopo l'accaduto, il governo di Ankara firmò il Trattato di Kars coi russi e il più importante Trattato di Ankara con la Francia, riducendo in tal modo la pressione militare sul fronte della Cilicia e dando modo di concentrare lo sforzo turco contro i greci più a ovest.[32]
Per le truppe turche fu un punto nodale della guerra, che ebbe modo di svilupparsi in una serie di scontri vittoriosi contro i greci, che furono espulsi dall'intera Asia minore con la Guerra d'indipendenza turca.[33] I greci non poterono far altro che ritirarsi e questo li avrebbe inevitabilmente portati a una rotta caratterizzata da molteplici reciproche atrocità belliche: sequestri di persona, razzie e incendi che provocarono più di un milione di turchi senza casa.[28]
Il 26 agosto partì l'offensiva turca con la battaglia di Dumlupınar. Kemal inviò la sua Armata a colpire la costa del mar Egeo, all'inseguimento del demoralizzato esercito greco, con una ferocia crescente che incluse massacri di numerosi prigionieri e che culminò nell'assalto diretto a Smirne e il Grande Incendio che ne seguì tra il 9 e l'11 settembre del 1922.[28]
La guerra sarebbe finita con la disfatta greca, formalizzata del Trattato di Losanna del 24 luglio 1923.
Galleria d'immagini
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Evacuazione di soldati greci feriti
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Prigionieri turchi
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Fanteria greca in attesa dell'ordine di attacco
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Avvicinamento delle fanterie greche alle alture di Polatli
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Attacco di Evzones
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Cadaveri di soldati greci dopo la battaglia di Sakarya
Note
modifica- ^ Michael Llewellyn Smith, Ionian Vision, Londra, Hurst & Company, 1973 ISBN 1-85065-413-1, pp. 227–234
- ^ Christopher Chant, Warfare of the 20th. Century – Armed Conflicts Outside the Two World Wars, New Jersey, Chartwell Books Inc., 1988. ISBN 1-55521-233-6, pp. 21–23
- ^ Michael Llewellyn Smith, Ionian Vision, Londra, Hurst & Company, 1973 ISBN 1-85065-413-1, pp. 227–232
- ^ Michael Llewellyn Smith, Ionian Vision, Londra, Hurst & Company, 1973 ISBN 1-85065-413-1, p. 234
- ^ a b Battle of Sakarya Archiviato il 27 giugno 2009 in Internet Archive., Stato Maggiore generale turco, retrieved: 12 Ağustos 2009.
- ^ Σαγγάριος 1921, Η επική μάχη που σφράγησε την τύχη του Μικρασιατικού Ελληνισμού, Εκδόσεις Περισκόπιο, Ιούλιος 2008, ISBN 978-960-6740-45-9, p. 32
- ^ Sebbene le perdite turche siano state ufficializzate in 5 639 disertori e 8 089 dispersi, queste due voci si riferiscono al periodo intercorrente tra la battaglia di Kütahya-Eskişehir e la battaglia di Sakarya. Cfr. Celâl Erikan: 100 [i.e. Yüz] soruda Kurtuluş Savaşımızın tarihi, Edition I, Gerçek Yayınevi, 1971, İstanbul, p. 166. (TR)
- ^ Zeki Sarıhan: Kurtuluş Savaşı günlüğü: açıklamalı kronoloji. Sakarya savaşı'ndan Lozan'ın açılışına (23 Ağustos 1921-20 Kasım 1922) (ingl.: Diary of the independence war: commented chronology. From battle of Sakarya to the opening of Lausanne (23 August 1921-20 November 1922)), Türk Tarih Kurumu yayınları (casa editrice), 1996, ISBN 975-16-0517-2, p. 62.
- ^ Verity Campbell, Jean-Bernard Carillet, Dan Elridge e Frances Linzee Gordon, Turkey, Lonely Planet, 2007, ISBN 1-74104-556-8.
- ^ Edmund Schopen, Die neue Türkei, Wilhelm Goldmann Verlag, 1938, page 95. (DE)
- ^ Sean McMeekin, The Berlin-Baghdad Express: The Ottoman Empire and Germany's Bid for World Power, Harvard University Press, 2010, ISBN 978-0-674-05739-5, p. 302.
- ^ Osman Faruk Loğoğlu, İsmet İnönü and the Making of Modern Turkey, İnönü Vakfı, 1997, ISBN 978-975-7951-01-8, p. 56.
- ^ Revue internationale d'histoire militaire, Volumes 46-48, International Committee of Historical Sciences. Commission of comparative military history, 1980, p. 222
- ^ International review of military history, Vol. 50, International Committee of Historical Sciences. Commission d'histoire militaire comparée, 1981, p. 25.
- ^ Dominic Whiting, Turkey Handbook, Footprint Travel Guides, 2000, ISBN 1-900949-85-7, p. 445.
- ^ Young Turk, Moris Farhi, Arcade Publishing, 2005, ISBN 978-1-55970-764-0, page 153.
- ^ Kevin Fewster, Vecihi Başarin, Hatice Hürmüz Başarin, A Turkish view of Gallipoli: Çanakkale, Hodja, 1985, ISBN 0-949575-38-0, p. 118.
- ^ William M. Hale Turkish foreign policy, 1774-2000, Routledge, 2000, ISBN 0-7146-5071-4, p. 52.
- ^ Michael Dumper, Bruce E. Stanley: Cities of the Middle East and North Africa: a historical encyclopedia, ABC-CLIO, 2007, ISBN 1-57607-919-8, p. 38.
- ^ Kate Fleet, Suraiya Faroqhi, Reşat Kasaba: The Cambridge History of Turkey (Volume 4), Cambridge University Press, 2008, ISBN 0-521-62096-1, p. 138.
- ^ a b c Christopher Chant, p. 22
- ^ Michael Llewellyn Smith, p. 227
- ^ Michael Llewellyn Smith, p. 228
- ^ a b Michael Llewellyn Smith, p. 233
- ^ Österreichische Militärische Zeitschrift, Verlag C. Ueberreuter, 1976, p. 131. (DE)
- ^ a b Michael Llewellyn Smith, pp. 233–234
- ^ Johannes Glasneck: Kemal Atatürk und die moderne Türkei, 2010, Ahriman-Verlag GmbH, ISBN 3894846089, page 133. (DE)
- ^ a b c d Christopher Chant, p. 23
- ^ Michael Llewellyn Smith, p. 234
- ^ Stanford Jay Shaw, History of the Ottoman Empire and Modern Turkey, Cambridge University Press, 1976, ISBN 978-0-521-21280-9, p. 357
- ^ Michael Llewellyn Smith, p. 240
- ^ Michael Llewellyn Smith, p. 241
- ^ Stanford Jay Shaw, p. 362
Bibliografia
modifica- (EN) Michael Llewellyn Smith, Ionian Vision – Greece in Asia Minor 1919–1922, Hurst & Company London, 1973, ISBN 1-85065-413-1.
- (EN) Christopher Chant, Warfare of the 20th. Century – Armed Conflicts Outside the Two World Wars, Chartwell Books Inc. New Jersey, 1988, ISBN 1-85065-413-1.
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