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HIGH SCHOOL MEMORIES | MATCHABLOSSOM ✶ AITADA (ITA)

Chapter 5: UN COLPO DI SOLE (BONUS)

Chapter Text

❀∞❂

 

Kaoru chiude dietro di sé la porta della cabina e ci si appoggia con tutto il suo peso, il petto ancora scosso da respiri superficiali e ravvicinati.

La sottile struttura di legno ha evidentemente visto giorni migliori, l’azzurro della vernice è scrostato in più punti, e Kaoru non saprebbe dire se l’effetto shabby chic che ne deriva la rende elegante o vetusta. In ogni caso, la frescura al suo interno è gradevole e, lentamente, un respiro dopo l’altro, lo aiuta a tornare padrone di sé.

Nonostante fosse sdraiato sotto all’ombrellone, il caldo torrido di Miyakojima lo ha lasciato spossato e boccheggiante.

O forse è stato quello stupido gorilla a farlo incazzare ancora una volta, provocandogli un inopportuno innalzamento di temperatura.

Possibile che non riesca a stare nemmeno mezza giornata senza avere un paio di ragazze aggrappate ai suoi stupidi bicipiti!?!

Dovrà dire due parole a quel maledetto gigolò per l’esempio pessimo che sta dando ai ragazzi; anche Reki e Langa erano palesemente in imbarazzo davanti a quella scena pietosa.

Fortuna che ci ha pensato Miya, chiamandolo papà, a rovinargli la piazza con le due ‘bellezze in bikini’.

Forse è l’occasione giusta per regalargli il nuovo gioco per la sua consolle che Kaoru ha comprato la settimana precedente in aeroporto, al ritorno da un viaggio di lavoro a Tokyo (ma solo perché era in svendita al 50% e sarebbe stato davvero un peccato non approfittarne).

“La tua temperatura è scesa a 37.2 gradi centigradi, Maestro. Ti consiglio di reidratarti e restare per altri cinque minuti in un luogo coperto e ventilato.”

“Grazie Carla.” mormora, a favore della smartband attorno al suo polso che pulsa di un morbido bagliore rosato.

Kaoru apre la bottiglietta d’acqua che ha appena preso al bar della spiaggia e ne beve un lungo sorso, quindi scioglie l’obi del suo yukata e scosta i lembi per rinfrescarsi un po’.

Chiude gli occhi e prende un altro respiro profondo.

La testa è ancora appoggiata alla porta, riesce a sentire lo spessore di ogni singola listarella di legno attraverso cui passa un refolo di brezza oceanica che si infila direttamente tra i capelli dietro la nuca: la sensazione è piacevole e rinfrescante, forse dovrebbe raccoglierli in una coda alta, tanto in spiaggia non c’è nessuno che possa identificarlo come Cherry Blossom.

“La tua temperatura è scesa a 36.8 gradi centigradi, Maestro. Ma il tuo battito risulta ancora accelerato, e i tuoi livelli di Cortisolo e Testosterone* sono ancora sopra la soglia di sicurezza. Mi sentirei di azzardare l’ipotesi che la causa del tuo malore non sia stata solo il caldo.”

Carla fa una pausa che la fa sembrare assolutamente ‘umana’ prima di aggiungere “Per caso Nanjo-san ha qualcosa a che vedere con il tuo turbamento?”

Kaoru sorride a quel commento.

“Ti ho progettata dannatamente bene, Carla. Non riesco a nasconderti niente, mh?”

“Non hai motivo di farlo, Maestro. Tu mi hai programmata per esserti d’aiuto in ogni situazione.”

“Già…”

Il passato torna ancora una volta a sopraffarlo, il ricordo dolce-amaro dell’esatto momento in cui ha avviato l’installazione di Carla e ha troncato per sempre ogni legame con il suo vecchio sé, rinunciando a piercing e trucco pesante in favore di una nuova e più sicura personalità.

Eppure, col senno di poi, la corazza che Kaoru ha costruito attorno a sé non sembra essere stata in grado di proteggerlo.

Per quanto ci abbia provato, per quanto ci provi ogni singolo giorno a tenere lontano tutto e tutti dal suo cuore, ecco che basta abbassare un attimo la guardia e quelle linee scure sulla pelle abbronzata lo catapultano di nuovo alla fine del terzo anno di liceo.

La sua stanza inondata dal sole del mattino, la pelle di Kojiro così liscia e morbida sotto i suoi polpastrelli, la sua bocca socchiusa mentre dormiva. L’impulso di prendere pennello e inchiostro, e disegnare su quella tela perfetta creata da madre natura è stato irresistibile e fatale.

Dietro alle sue palpebre abbassate riesce ancora a vedere i rivoli scuri di inchiostro che scivolavano sui pettorali tonici di Kojiro. Quella goffa dichiarazione d’amore sussurrata in mezzo allo scrosciare dell’acqua risuona ancora nelle sue orecchie. Le labbra morbide di Kojiro sulle sue, le mani ovunque, i vestiti che sparivano lasciandoli nudi e palpitanti, a scoprirsi per la prima volta come due amanti in quel minuscolo box doccia.

Kaoru dà un pugno alla porta della cabina e ricaccia indietro le lacrime.

Possibile che, dopo otto anni, quel tatuaggio a forma di sole riesca ancora a farlo bruciare di una passione amara come il rimpianto dei tempi andati?

 

❀∞❂

 

Sapeva che prima o poi si sarebbe presentato a Crazy Rock, sua madre gli aveva detto che era tornato ormai da un paio di settimane.

Quello che non si aspettava era che fosse cambiato così tanto.

Era diventato ancora più alto e più largo, la sua inconfondibile zazzera verde spiccava tra la piccola folla di curiosi che si apriva a ventaglio per lasciarlo passare mentre si avvicinava alla linea di partenza.

Il cuore batteva furioso nel petto di Kaoru, il sangue gli martellava nelle orecchie con così tanta violenza che non riusciva nemmeno più a sentire la gente che gridava.

“Immaginavo che il famoso ‘Cherry Blossom’ fossi tu…”

Anche la sua voce era cambiata. Era più bassa e roca, ma sempre calda e morbida come il velluto, il modo in cui pronunciava le parole che ancora risentiva dell’influenza della lingua italiana, scivolando tra le sue labbra carnose come i versi di una canzone d’amore.

“E tu chi sei?” chiese Kaoru, brusco, senza distogliere lo sguardo dal semaforo davanti a sé.

Il cipiglio stupito durò solo un istante sul volto di Kojiro, quindi sorrise e posizionò lo skateboard sulla linea di partenza.

“Io… beh, io sono Joe.”

Bene, era stato al gioco. Qualcuno doveva averlo avvertito della regola-non-detta di utilizzare un alter-ego per correre a ‘S’, la nuova gara clandestina che, solo da pochi giorni, Kaoru aveva cominciato a organizzare alla vecchia miniera dove lui, Adam e Kojiro erano soliti andare da ragazzi.

“E cosa ti vuoi giocare in questa sfida, Joe?”

“Se vinco vieni a cena con me!” rispose sicuro mentre faceva scivolare il giubbotto blu e nero dalle spalle e si preparava a partire.

A quella proposta sfacciata, Kaoru spostò lo sguardo su di lui, osservandolo davvero per la prima volta.

I suoi muscoli erano… enormi, ma Kaoru non riuscì a osservarlo con attenzione perché il grande sole nero tatuato sulla spalla catturò subito la sua attenzione, facendolo ripiombare nel ricordo come Alice che cade nella tana del Bianconiglio.

“E tu cosa scommetti, Cherry Blossom?”

Kaoru non riusciva a rispondere.

Non riusciva nemmeno a connettere.

Quasi non riusciva a respirare.

“Beh, facciamo che me lo dici al traguardo, mh? Sempre che tu vinca, ovviamente…”

Kojiro sorrise, caldo e ammiccante, e il cuore di Kaoru perse un battito.

Il semaforo iniziò a lampeggiare il conto alla rovescia richiamando l’attenzione degli sfidanti e del pubblico sulla ‘sfida clou’ della serata: il grande Cherry Blossom, che aveva creato ‘S’ e quella modalità di gara a scommessa diretta, che veniva sfidato da Joe, il misterioso novellino appena comparso da chissà dove.

 

❀∞❂

 

“Settimana prossima ci sarà l’inaugurazione.” spiegò Kojiro mentre portava in tavola due piatti di pasta fumante.

Il locale era ancora più simile a un cantiere che a un ristorante, ma dal piatto saliva un profumo così delizioso che, per la prima volta da quando si era presentato all’indirizzo che Kojiro gli aveva mandato, Kaoru pensò che forse tutto sommato la serata non sarebbe stata un totale disastro.

Ovviamente aveva ancora lo stomaco chiuso, e prese a giocherellare con i tocchetti di pancetta che navigavano nella salsa gialla e cremosa.

“Quindi io sono una specie di cavia, mh?” chiese acido mentre arrotolava lentamente alcuni spaghetti attorno alla forchetta. Ovviamente sapeva come fare, grazie ai frequenti viaggi di lavoro era abituato al cibo internazionale, ma era sicuramente più a suo agio con le bacchette.

“Assaggia e poi mi dirai. Non so perché ma ho la sensazione che la Carbonara diventerà il tuo piatto preferito.”

Kojiro sorrise, i suoi occhi amaranto che brillavano di quella luce morbida e affettuosa che non gli vedeva da ormai tre anni, e lo stomaco di Kaoru ebbe uno spasmo caldo.

Per un istante pensò che avrebbe vomitato la colazione (visto che a pranzo non aveva toccato cibo per la tensione), ma forse invece era la fame a stringergli lo stomaco in una morsa così violenta. E forse non era nemmeno propriamente di cibo…

Abbassò la testa cercando di nascondere il suo rossore, e si cacciò in bocca la prima forchettata di pasta.

Il sapore più divino che avesse mai provato gli inondò le papille e gli riempì gli occhi di lacrime.

“Kaoru, tutto bene…?”

“Sì. Certo.” rispose svelto, allungando la mano al bicchiere e buttando giù velocemente il boccone con due sorsi di vino rosso.

“Piuttosto, quel tatuaggio…?!?”

Voleva sviare la conversazione dalla sua reazione a quel ‘cibo degli dei’, ma si stava infilando con le sue stesse mani in una conversazione ancora più scomoda.

Eppure, era la prima cosa che gli era venuta in mente.

In effetti, erano tre giorni che non pensava ad altro, da quando Cherry Blossom aveva perso la sfida con Joe, decretando così il suo successo e facendolo entrare di diritto nella Top5 del Crazy Rock seduta stante.

Carla gli aveva notificato che i social erano impazziti per Joe e, dopo soli tre giorni, veniva già associato a Cherry Blossom stesso come fondatore di ‘S’.

“Bello, eh?”

“Mhhh…” l’espressione scettica sul volto di Kaoru non tradiva l’emozione che quel sole ancora gli ingenerava solo pensandoci.

“Ma è il tuo disegno!” obiettò Kojiro con fervore.

Kaoru chiuse gli occhi, i ricordi che ancora lo assalivano senza lasciargli scampo.

Kojiro glielo aveva chiesto con insistenza ogni giorno prima di partire per l’Italia. Lo voleva su carta, un ricordo dello stupido sole che Kaoru aveva disegnato per scherzo sulla sua pelle mentre dormiva e che aveva dato il via a tutto quello che era successo dopo tra di loro: la doccia insieme, la sua dichiarazione, la prima volta che avevano fatto l’amore…

Erano passati tre anni ma a Kaoru sembrava passato un giorno e un secolo contemporaneamente.

“Non vuol dire che sia bello.” rispose inforcando un nuovo rotolo di spaghetti e portandoselo alla bocca “Così grosso è volgare… pacchiano...” aggiunse, dimenticando forse che quando lo aveva disegnato lui sulla pelle di Kojiro, i raggi arrivavano sino ai pettorali.

Kojiro non rispose alla provocazione di Kaoru e in un istante si fece serio. E, quando riprese a parlare, il suo tono era basso e mesto.

“Ti avevo scritto, del tatuaggio. Ti avevo mandato anche una foto ma a quell’epoca tu avevi già smesso di rispondere ai miei messaggi. Avevo sperato che almeno sapere che pensavo a te, che mi mancavi così tanto da volermi tatuare il tuo sole sulla pelle, ti avrebbe spinto a rispondermi. A dirmi cosa stava succedendo…”

Lo sguardo di Kojiro era fisso su Kaoru, che invece evitava nel modo più assoluto di guardarlo mentre tormentava gli ultimi fili di pasta rimasti nel piatto.

“Mi sei mancato, Kaoru. Mi sei mancato ogni giorno…” aggiunse con un filo di voce.

Kaoru si fermò e posò la forchetta sul bordo del piatto.

Improvvisamente non aveva più fame.

“Kaoru…”

Il suo nome uscì dalle labbra di Kojiro come un sospiro, una preghiera.

Kaoru si sentiva inchiodato con le spalle al muro e non poteva più scappare.

“Mi dispiace.” disse solo senza ancora alzare gli occhi in quelli di Kojiro.

“Di cosa, esattamente, ti dispiace?” nella voce di Kojiro non c’era accusa ma solo dolore e rimpianto “Di non avere più risposto ai miei messaggi dopo nemmeno un anno che ero partito? Di non aver risposto alle mie telefonate? Di avermi fatto dire da tua madre che non eri in casa quando sono tornato per Natale? O…”

“Per tutto! Mi dispiace per tutto, ok?” sbottò Kaoru, spinto dal bisogno di interrompere quella sequela di accuse nei suoi confronti, perché erano tutte assolutamente sacrosante e meritate.

“Evidentemente non sono fatto per i rapporti a distanza.” aggiunse poi, sentendosi in dovere di dire qualcos’altro che in qualche modo potesse giustificarlo “Non fanno per me. Mi dispiace.”

Kojiro restò per un lungo istante in silenzio, forse aspettando che Kaoru aggiungesse qualcosa, ma sembrava essersi di nuovo rinchiuso nella sua testa.

“Ok, va bene.”

Allungò la mano su quella di Kaoru, il primo contatto da che si erano rivisti, e Kojiro percepì distintamente il tremore che scosse il corpo di Kaoru per un istante.

E sperò.

“Ora però sono qui, sono tornato come ti avevo promesso, e non ripartirò mai più. Come vedi sto aprendo il mio ristorante e… Ti amo, Kaoru. Io ti amo ancora. E possiamo ricominciare da dove abbiamo…”

Gli occhi di Kaoru si riempirono di lacrime e si alzò svelto da tavola, il tovagliolo appallottolato con rabbia ancora stretto tra le sue dita nervose.

“Mi dispiace.” ripeté ancora una volta.

E poi alzò gli occhi in quelli di Kojiro in un ultimo atto di coraggio.

“È finita. Se vuoi possiamo restare amici.”

Kaoru appoggiò il tovagliolo sul tavolo e si diresse verso la porta.

Si fermò con la mano sulla maniglia, e il cuore di Kojiro ebbe uno spasmo, la flebile speranza che forse, forse Kaoru non lo intendesse davvero e che si sarebbe voltato e gli avrebbe detto che anche lui lo amava e che sarebbero potuti tornare insieme e…

“La tua carbonara è divina.” mormorò senza nemmeno voltare la testa.

E poi uscì dalla porta.

 

❀∞❂

 

Kaoru scivola seduto sulla piccola panca all’interno della cabina, le gambe di gelatina che non riescono nemmeno più a reggerlo in piedi.

Non ha idea di quanto tempo sia passato mentre era perso nei ricordi, forse cinque minuti, forse un’ora.

I ragazzi saranno preoccupati.

“Carla, da quanto tempo sono qui?”

“Diciassette minuti, maestro. Ti senti meglio? I tuoi parametri si sono stabilizzati anche se ho appena registrato un picco di Ossitocina*.”

“Carla…” Kaoru si ferma.

Per quanto sofisticata sia la sua AI, come può spiegarle il rimorso per le scelte che ha fatto? Il rimpianto di non aver avuto fiducia in Kojiro, di averlo letteralmente tagliato fuori dalla sua vita durante quei tre anni in cui è stato a studiare in Italia.

Perché Kojiro ci ha creduto davvero in loro due, mentre Kaoru non ci è riuscito.

E cosa può fare, ormai, per cambiare le cose?

Il suo stupido carattere orgoglioso ha continuato a costruire muri, mattone su mattone, anche dopo che Kojiro è tornato.

Non gli ha chiesto assolutamente nulla del suo soggiorno in Italia, non vuole nemmeno sapere se ha frequentato ragazze e ragazzi, fosse anche solo per gioco, per lenire la solitudine, per passare il tempo.

La distanza che Kaoru ha voluto creare tra di loro è ancora profonda e incolmabile.

Eppure, dopo cinque anni dal suo ritorno, si rende conto di essere solo e arido, una versione avvizzita di sé stesso, ancora totalmente e perdutamente innamorato del suo migliore amico e senza alcuna possibilità di fare marcia indietro.

“Dimmi Maestro.”

“Tu… credi che Kojiro sia ancora innamorato di me?”

“Io credo di sì, Maestro.”

“E come fai a dirlo? È sempre pieno di donne, anche due, tre per volta…”

“Quello che dici sostiene la mia teoria che Nanjo-san ti ami ancora, Maestro. Lo hai mai visto due volte con la stessa ragazza?”

“Beh, no, non mi pare…  a parte che mi sembrano tutte uguali… minute, dalle curve morbide e abbondanti, e con le tette grandi! L’esatto opposto di quello che sono io…” mormora con una smorfia amara.

“Esattamente, Maestro. Nanjo-san non ha mai avuto una ragazza fissa, o nemmeno un ragazzo se è per questo. Io credo semplicemente che voglia farti ingelosire. Che ostenti tutte le sue conquiste di persone con aspetto e genere diverso dal tuo, solo per spingerti ad una reazione.”

Kaoru scola l’acqua rimasta nella bottiglietta, intanto che riflette sulle parole di Carla.

Hanno un senso.

Eppure, Kojiro non gli ha mai più dichiarato il suo amore. Dopo quella prima cena, ha accettato di tornare ad essere soltanto amici, e non ha più fatto alcun tentativo di instaurare con Kaoru un rapporto di altro genere.

“Nanjo-san non ha alcun account su nessuna App di incontri, e il suo profilo Instagram segue solo account di cucina, skateboard, fitness e viaggi. Oltre al tuo account di calligrafia, naturalmente.”

Non lo sa perché ma, per la prima volta nella sua vita, Kaoru quasi riesce a credere che ci sia una speranza per loro. VUOLE crederci, e gli sembra quasi che ogni informazione che Carla gli dà incrini impercettibilmente quella barriera che Kaoru ha costruito come un vetro antiproiettile attorno al suo cuore, per difenderlo dai colpi che sarebbero potuti arrivare.

“Ma… ogni sera lascia Crazy Rock con una ragazza diversa…” obietta ancora con poca convinzione.

“Le accompagna a casa e va subito a dormire, a casa sua, da solo. Ti ricordo che ‘Sia la luce’ apre anche per la colazione.”

“Carla, ma tu come fai a sapere tutte queste cose…? No, ok, non dirmelo. Preferisco non sapere...” Kaoru fa un mezzo sorriso.

Forse dovrà rivedere le impostazioni di Carla sulla gestione della privacy e soprattutto quelle sulla sua libertà di iniziativa personale, ma in questo momento tutto sommato va bene così. Le parole di Carla stanno arrivando al punto, e Kaoru comincia davvero a credere che forse, forse Carla potrebbe avere ragione, e che Kojiro possa essere ancora innamorato di lui.

“Tutto il suo tempo libero lo passa con te, Maestro.” aggiunge infine Carla, l’ultimo colpo sul vetro già incrinato delle sue convinzioni che lo manda letteralmente in frantumi “Io credo che significhi qualcosa…”

Kaoru non fa in tempo a metabolizzare le parole di Carla che la porta della cabina viene scossa da un bussare concitato.

“Kaoru? Kaoru sei lì dentro? È tutto ok?”

Il cuore di Kaoru accelera sentendo la voce profonda di Kojiro venata di preoccupazione.

“Kaoru per favore rispondimi. Il bagnino ha detto che hai affittato la cabina numero 8, per favore rispondimi se sei lì!”

“Sì, Kojiro, sono qui.”

“Stai bene?”

“Sì…”

“Sei sparito senza dire niente a nessuno. Ero preoccupato… E anche i ragazzi…”

Kaoru chiude gli occhi e appoggia si nuovo la testa al legno della cabina dietro di sé.

Cosa deve fare?

“Kaoru…”

La voce di Kojiro è ora bassa e roca, scivola tra le listarelle inclinate della porta trasportando con sé il profumo pungente dell’oceano, e Kaoru non sa se è l’una o l’altro a fargli salire la pelle d’oca.

“Oscar Wilde una volta ha detto…” Carla ha abbassato il volume dell’altoparlante e Kaoru deve sollevare il polso per avvicinare la smartband accanto all’orecchio per carpire le parole seguenti “Le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai.’’

Il cuore di Kaoru accelera improvvisamente.

Una follia…

L’ultima follia che ha fatto è stata forse il piercing al labbro per sfidare i suoi genitori quando aveva diciassette anni. E la luce vibrante negli occhi di Kojiro quando glielo aveva mostrato, era valsa tutto il dolore della foratura e anche quello dello schiaffo che aveva ricevuto da suo padre.

O forse era stata quella volta in cui lui e Kojiro erano scivolati con gli skateboard lungo il corrimano della scala mobile all’interno del centro commerciale mentre la guardia li inseguiva.

O forse quando Kojiro…

Perché Kojiro era sempre con lui, tutte le follie del suo passato in qualche modo coinvolgevano Kojiro.

Kaoru si alza in piedi, inaspettatamente saldo sulle gambe e nella sua ritrovata determinazione, e apre la porta della cabina.

Afferra il bavero di quella stupida camicia hawaiana e trascina Kojiro all’interno. Chiude subito la porta e la schiena di Kojiro ci si abbatte con forza mentre Kaoru assalta le sue labbra in un bacio violento e disperato.

Lo stupore di Kojiro dura solo un istante, poi le sue enormi braccia si avvolgono attorno alla vita di Kaoru infilandosi dentro allo yukata che scivola a terra; e in un attimo risponde al bacio, un’urgenza bruciante che gli toglie il fiato, le mani che scivolano lungo la schiena di Kaoru mentre lui stesso afferra con forza quegli stupidi bicipiti, sfrega con violenza la sua pelle calda come a voler cancellare ogni traccia di tutte le mani sottili e delicate che ci si sono aggrappate fino a pochi minuti prima.

Sembra che entrambi vogliano divorarsi, le labbra che si cercano e si inseguono con foga, affamate e bisognose di recuperare il tempo perduto.

Kojiro si stacca per primo in cerca di aria, le sue labbra che scivolano lungo la guancia di Kaoru, attorno alla sua mascella, scendono lentamente sul collo trascinando piccoli baci lungo il percorso mentre sussurra il suo nome.

“Kaoru…”

Gli sembra quasi di sentire ancora l’inflessione italiana di quei primi giorni nel modo in cui lo dice, e Kaoru infila le dita tra i suoi capelli e li strattona con forza mentre cerca di nuovo le sue labbra in un altro bacio affamato.

Il suo corpo aderisce completamente a quello di Kojiro, così caldo e così solido, massiccio, e Kaoru può finalmente scivolare con le dita su quella pelle morbida ancora una volta, può sentire i muscoli tonici, la linea perfetta dei suoi dorsali, gli avvallamenti degli addominali.

Il sale sulla sua pelle è inebriante mentre scende a leccare la sua clavicola, stando attento a non segnarlo perché è ancora abbastanza lucido da sapere che prima o poi dovranno uscire da quella cabina.

“Kaoru…” mormora ancora, le grandi mani che accarezzano il suo viso e tutto il suo amore in uno sguardo rovente “Dio quanto mi sei mancato!”

“Mi dispiace…” mormora Kaoru.

Le parole sono le stesse ma il significato è del tutto diverso.

“Sono stato un idiota. Ma avevo paura…” balbetta tra un bacio e l’altro, e nella foga del momento potrebbe anche andare avanti e confessare a Kojiro tutto il suo amore, se la porta della cabina non venisse di nuovo scossa da un paio di colpi decisi.

“Hey, ragazzi, tutto ok?”

La voce di Langa è pacata e tranquilla, seguita immediatamente da quella di Reki più concitata.

“State bene? Abbiamo visto Kojiro entrare e…”

“Stiamo bene. Arriviamo tra un minuto…” risponde Kojiro, cercando con scarso successo di mostrare una voce salda e pacata.

“Ve l’avevo detto di non disturbarli.” interviene Miya “Mamma e papà stanno…uhm, chiarendo alcune cosette…”  aggiunge con un tono che non lascia alcun dubbio su chi sia il più sveglio dei tre.

All’interno della cabina, Kaoru sorride e si china a terra per raccogliere lo yukata che si drappeggia immediatamente sulle spalle. Forse c’è qualche segno rosso da nascondere, ha avuto l’impressione che Kojiro non si facesse i suoi stessi problemi nel mordere e succhiare la sua pelle.

“Come sto?” domanda dopo essersi riannodato l’obi.

“Sei bellissimo!” mormora Kojiro, prima di depositare un bacio sulla sua fronte.

Quindi si volta per aprire la porta della cabina ma Kaoru allunga la mano e intreccia le dita con le sue.

Kojiro solleva le loro mani allacciate davanti al suo viso e trattiene il fiato mentre domanda “Sei sicuro?”

“Mai stato più sicuro in vita mia!”

 

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*ORMONI CITATI IN QUESTA STORIA:

Cortisolo, conosciuto anche come ormone dello stress, può provocare numerosi effetti negativi per l’organismo, se viene prodotto in quantità eccessive. Prodotto nelle giuste quantità, è utile al nostro organismo in quanto aiuta a tenere sotto controllo i livelli di zucchero nel sangue, contribuisce a mantenere bassa la pressione arteriosa e a regolare l’attività del cuore.

Ossitocina, “l"ormone dell"amore”, coinvolto in una serie di importanti funzioni fisiologiche e psicologiche. Per esempio, promuove l’attaccamento materno, la lattazione, il legame fra partner, e la coesione del gruppo.

Testosterone, è l’ormone coinvolto nello sviluppo dei caratteri secondari maschili. La produzione di testosterone è finalizzata alla regolazione del desiderio sessuale, al mantenimento della massa muscolare e alla produzione di spermatozoi.

 

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FINE

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Notes:

Grazie mille per aver letto la mia storia, spero che ti sia piaciuta!
Commenti e kudos sono sempre apprezzati.
=^.^=