Chapter Text
Roma, 19.7.1988
Il metodo Balestra esiste e funziona quasi sempre.
Mimmo se ne era accorto durante la prima settimana di permanenza in Villa quando aveva visto Laura e Simone nascondere del gin nel capanno di Anchise, quando poi Simone era riuscito a scomparire tre o quattro volte nel pomeriggio riuscendo a tornare sempre in tempo per cena.
Il metodo Balestra era anche Dante che uscendo senza soldi evitava di pagare il caffè al bar del paese facendo i complimenti all’anziana signora che sedeva dietro la cassa.
I Balestra non erano poi così diversi tra di loro, aveva sentito spesso Simone lamentarsi di suo padre ma ha la sua stessa aria furba e l’attitudine altruista.
Mimmo si chiedeva dove andasse e con chi, si sentiva un po’ come la signora Anna, la pettegola del suo quartiere.
A differenza della signora Anna però non si metteva a spiare tutti dalla finestra con dei vistosi bigodini tra i capelli, si illudeva di essere più discreto a rubargli qualche sguardo ogni tanto.
Era martedì, il professore aveva detto che non ci sarebbe stata nessuna lezione la mattina perché doveva procurarsi un importantissimo manuale di Hume così Mimmo era stato lasciato libero di girare per la Villa.
Avrebbe potuto farlo ma con la mente era altrove: la partita di tennis che c’era stata qualche giorno prima.
A casa di Laura non faceva così caldo come in villa, le ampie verande e gazebo che erano montati in giro per il giardino accoglievano un gruppo di più di dieci persone, principalmente ragazzi poco più giovani di Mimmo.
Uno di loro lo aveva colpito da subito, un certo Boncio.
“Ah così tu sei la carne fresca!” Aveva detto sorseggiando uno spritz, non aveva per niente l’aria di uno che gioca a tennis e infatti poco dopo avrebbe scoperto che lui era lí solo per fare il tifo.
Nina lo saluta con un’abbraccio e da qualche parte é abbastanza sicuro di sentire Simone e Laura chiamarla “gatta morta”.
Simone si avvicina a Mimmo solo per informarlo della formazione: lui e Luna si sarebbero schierati contro Nina e Mimmo.
In quel momento l’audacia del napoletano sembrava fare cilecca, effettivamente aveva imparato a giocare a tennis guardando i clienti del circolo dove faceva il cameriere il sabato e la domenica, questa era la sua prima partita.
Prese Nina in disparte e le chiese:”Ma tu saj pazzia’ buon? Io non so’ un granché”
“Io e Laura di solito vinciamo sempre, segui i miei movimenti, vedrai che al secondo set li stracciamo” Aveva detto toccandogli la spalla.
Alla fine persero ma in compenso si guadagnò un bel massaggio da parte di Nina, non era brava quanto sua mamma, lei i massaggi glieli faceva sempre in spiaggia per convincerlo a mettersi la protezione.
Si chiedeva che tipo di mamma fosse la signora Floriana, in casa si vedeva poco e nulla e tutte le volte che l’ha vista con Simone quest’ultimo sembrava molto infastidito.
La sua di mamma invece gli mancava da morire, ricordò in quel momento che prima di partire non era andato a trovarla e si ripromise di farlo appena possibile.
Il suo treno di pensieri fu interrotto da una pallina che gli piombò in pieno volto.
“Oh ma che sfaccimm” Disse colto alla sprovvista.
Simone si precipitò nella sua direzione in stato di evidente panico, non lo aveva mai visto così, sudato e preoccupato.
“Oddio scusa scusa! Stavo scherzando con Laura, volevo colpire lei. Ti sei fatto male? Tutto okay?” Aveva detto facendo su e giù con lo sguardo.
“Mica ti sta per sanguinare il naso?” Aveva detto vedendolo pallido in volto intento quasi a coprirsi il naso.
“Penso proprio di-“ Non finì manco di dirlo che iniziò a cercare un fazzoletto per fermare il sangue che piano piano stava scendendo verso la bocca.
Simone si fermò, cercò con lo sguardo di intercettare tovaglioli e simili ma alla fine si spogliò.
“Ma che stai facenn”
Oddio oddio oddio, Simone Balestra a petto nudo, sudato a petto nudo, Simone Balestra sudato a petto nudo che mi sta porgendo la sua maglietta per asciugarmi il sangue dal naso???
La testa di Mimmo era un caos.
“Mettici questa”
“Ma accussi’ si sporca Simò”
“Non voglio uccidere l’alunno preferito di mio padre per emorragia, forza, usala!” Aveva detto rimuovendo la sua mano dal naso e alzandogli leggermente la testa.
“Così” aveva indicato tenendo la stoffa premuta sulle sue narici.
Aveva portato una mano verso il mento del biondo e vedendo il sangue quasi secco aveva cercato di grattarlo via.
“Matilde avrà sicuramente dell’acqua ossigenata a casa, appena te la senti torniamo”
“Ma no, tu ti stavi divertendo non mi sembra il caso”
“Mimmo ti ho letteralmente preso a palline in faccia, non mi sembra il momento di fare il modesto”
Ah così Simone lo trovava modesto di proposito? Chissà quante osservazioni aveva su di lui…
“Guarda che sono modesto di natura”
“Sisi lo studente modello”
La faccia del Bruni si fece cupa per un istante, quasi pensierosa.
Si guardò attorno, gli altri dopo essersi assicurati che Simone aveva tutto sotto controllo avevano ripreso i giochi.
“E vabbuò ja andiamo, però appena riesco ti procuro una maglietta nuova per sdebitarmi” Aveva promesso.
Il sole picchiava incessantemente sulla sua testa, sollevò i lembi della maglietta, il sangue aveva smesso di scorrere.
“Questa la puoi tenere, ormai é tua” Aveva detto Simone cercando le chiavi del cancello di Villa Balestra.
“Grazie”
Mimmo preso alla sprovvista sfoggiava i suoi sorrisi migliori, non quelli tutti denti dove si vedono le fossette, nemmeno quelli in cui sembra che abbia una paresi facciale ma quelli in cui ha quasi gli occhi lucidi e li spalanca così tanto da sembrare grandi più di due zaffiri.
Arrivati in casa uno sciame di donne precipitò su Mimmo: a casa Balestra essere drammatici era un must.
Simone stette ad osservare Mafalda, la sua amica Matilde e la cuoca Nora prendere cotone e acqua ossigenata finché non si rese conto che per aiutare Mimmo nessuno aveva preparato il pranzo.
Le opzioni erano due: cucinare qualcosa di veloce o cercare di correre al bar del paese e sperare che la focaccia della signora Lucia fosse ancora disponibile.
Mafalda aveva giusto tagliato dei pomodori per fare chissà cosa, Simone aveva pensato di poterci fare degli spaghetti o delle bruschette ma improvvisamente si sentì agitato al pensiero di cucinare.
Aveva sentito varie volte -origliato dallo studio di suo padre, luogo mistico a cui gli é da sempre negato l’accesso- Mimmo dire a suo padre che per un periodo era stato pizzaiolo in un ristorante e che aveva imparato tante cose.
Avrebbe giudicato negativamente la sua cucina? Gli avrebbe dato dei consigli? Lo avrebbe aiutato?
Il pensiero di Mimmo sporco di farina lo fa ridere, il ragazzo a stento riesce a camminare dritto sulla ghiaia che ricopre i marciapiedi della villa, come poteva impalare pizze senza farne cadere nessuna in terra?
Tergiversare non gli sarebbe servito a molto, si diresse verso il capanno delle bici.
“Ue aspett’Simo! Aro vai?”
“Vado al bar di Lucia, sono quasi le due e non abbiamo niente da mangiare”
“E che fai vai tu solo per prendere da mangiare pe’ tutt quant? Non esiste, mo veng pur ij”
“Ti senti meglio? Non è che magari è meglio evitare il sole?”
“Simo’ sit proprio esagerati rint a sta casa! Era solo un po’ di sangue dal naso, mi è successo di peggio” disse ridendo appena.
Improvvisamente tutta quella rabbia che provava nei suoi confronti perché troppo sicuro di sé, espansivo, estroverso ed estremamente affascinante stava svanendo.
Iniziava a capire cosa ci trovassero tutti i frequentatori della villa in lui, rideva sempre, forse era un modo di mascherare il disagio o la paura ma la sua risata era contagiosa.
“Va bene, andiamo” Disse montando in bici.
Il bar era quasi sul punto di chiudere, il metodo Balestra sarebbe bastato per assicurarsi il pranzo?
Alla fine mangiarono poco quel giorno, subito dopo pranzo Simone si era messo a sfogliare vecchi spartiti a bordo piscina cercando ispirazione, nessuno sapeva che il pezzo per l’audizione non era pronto e mancava poco più di un mese al grande giorno.
Mimmo era lí con quella sua solita espressione da scrutatore, occhi spalancati a squadrare ogni angolo del luogo che lo circondava.
“Simò?” Gli aveva chiesto interrompendo il lungo silenzio.
“Si?” Aveva detto l’altro abbassando leggermente gli occhiali da sole per guardarlo.
“A te cosa piace della musica?” Aveva detto sporgendosi leggermente in avanti dalla sua sdraio.
Cosa gli piaceva della musica? Come faceva a spiegarlo ad un’attraente semi-sconosciuto a torso nudo nella piscina di casa sua?
“É complicato, sono tanti i motivi”
“Vabbè si o figl’ ro professor non mi aspettavo una risposta non complicata da te”
“Oh ma pensi sempre a mio padre!” Disse uscendo dalla piscina
“Per me dopo Maradona c’è solo lui”
“Addirittura, io a voi studenti non vi capirò mai, tutti che state a sbavare per lui quando in realtà é un’adulto piuttosto irresponsabile e immaturo” Aveva detto standosene a braccia conserte.
“Eja però non fa accussi’, non ti volevo far incazzare, volevo solo fare un po’ di conversazione” Aveva detto avvicinandosi.
“Mi fa sentire meno solo” Aveva detto di botto Simone.
Mimmo lo aveva guardato confuso.
“La musica, il pianoforte, mi fa sentire meno solo. Studiando le vite e le opere dei grandi mi sono sentito come loro, non per bravura ci mancherebbe altro, ma ho visto che non sono l’unico disgraziato che non sa mettere in fila coerentemente due pensieri e ha bisogno di qualcosa per non impazzire.
Prendi Bach, aveva una ventina di figli da mantenere e come se non avesse già abbastanza casini é rimasto cieco.
Beethoven ha vissuto un’infanzia sballottato di corte in corte perchè era un prodigio, é diventato sordo e suo padre era un’alcolizzato, Mozart era cagionevole e probabilmente si è sposato per mantenere una facciata di rispettabilità, é morto giovanissimo e ancora non sappiamo come”
Mimmo stette in silenzio qualche secondo.
“Dovrei suonare anche io allora, un giorno mi fai vedere come si suona qualcosa di semplice?”
“Tipo?” Aveva chiesto Simone immergendosi con i piedi nell’acqua.
Mimmo lo raggiunse, schizzò leggermente Simone con le gambe e rispose “L’inno del Napoli”
Simone rise, per la prima volta davanti a lui.
“Certo perché il grande Mimmo Bruni non vuole imparare Fra Martino Campanaro come tutti i bravi studenti”
“Chiedi a tuo padre, io tutto sono fuorché un bravo studente” Gli disse facendogli l’occhiolino.
Simone stava letteralmente evaporando.
Si buttò sott’acqua, chi avrebbe mai detto che colpire il poverino in faccia con un pallone lo avrebbe reso così disposto ad assecondare la loquacità di Mimmo….
Pochi minuti dopo Villa Balestra fu invasa da una delle persone meno silenziose del pianeta: Andrea Risorio.
Simone doveva andare a controllare la riparazione del suo motorino quindi fu Mimmo a intrattenerlo nel mentre.
Andrea non era estraneo allo sguardo degli altri, aveva imparato a navigarci in mezzo all’andamento degli occhi altrui, solitamente la prima cosa che colpiva qualcuno erano i suoi vestiti.
Piano piano salivano tutti a guardargli le unghie o i capelli, il viso era l’ultima cosa su cui si soffermavano tutti, specialmente se era in compagnia di suo fratello gemello.
A casa sua non gli era concesso truccarsi ma con la scusa di studiare per diventare parrucchiere poteva fare quello che gli pareva con le sue acconciature, quel giorno tra i suoi ricci biondi spuntavano lunghe ciocche blu -verdi di extension che facevano pendant con gli shorts che indossava.
“Ma tu sei biondo naturale?” Gli aveva chiesto per rompere il ghiaccio.
“Si, tutta la famiglia di mia mamma é così, lo so che è noioso. So’biondo e tengo gli occhi azzurri, i tuoi capelli so belli assai, non avevo mai visto qualcuno con i capelli colorati” Mimmo si corresse “Solo ngopp e giornali si, ma sto parlando dei cantanti, tu sei il primo che vedo da vicino”
Andrea rise.
“Essere biondo con gli occhi azzurri non è noioso però se il tuo look ti annoia ti posso dare qualche consiglio”
Il look, e che sfaccett era sto look mo?
Mimmo fece finta di aver capito.
“Hai degli occhi molto grandi, mai pensato di metterti la matita?” Andrea chiese rovistando nel suo borsello.
Gli lanciò una matita marrone.
Mimmo la fissò con un’intensità tale che avrebbe potuto temperarla con lo sguardo.
Cosa avrebbe pensato sua mamma o addirittura Dalila se lo avessero potuto vedere in quel momento?
“Mimí, chest so cos’ e femmn, tu non sai maj quann é arrivat o mument e ragiunà. Posa sta matita, nella vita ce sta semp nu limit a tutt cos”
Sua mamma glielo diceva sempre, era nato ribelle, senza limiti, senza Dio e senza la testa sulle spalle.
L’ennesimo atto sconsiderato sarebbe stato così grave?
Andrea capì che forse la questione makeover era un po’ troppo personale per lui e partì dalle basi.
“Come ti stai trovando qui?”
Mimmo che in quel momento giocherellava ancora con la matita tra le mani rispose senza alzare lo sguardo:”Bene, il professor Balestra mi da un sacco di tempo libero, però quando c’è mi piace un sacco fare lezione con lui. É un professore unico, non ho mai incontrato una persona che si interessasse così tanto per i propri studenti, si nun ce stess iss mo non so se avrei continuato a studiare con la stessa energia”
“Com’è l’università?” Aveva chiesto incuriosito.
“Non è un posto facile, per me all’inizio era tutto bello, tutto nuovo…
Poi ti rendi conto degli occhi puntati addosso, dei compagni che si scambiano gli appunti tra di loro senza neanche considerarti, dei professori ancora filo-fascisti e che le tasse non si pagano da sole…
E beh ecco ti sembra meno bella”
Andrea estrasse una sigaretta dal suo borsello.
“Io mi pento di non essere nato prima, avrei proprio voluto vederlo il fascismo che crolla, dannati bastardi.
Il padre del mio capo, nel salone dove lavoro, ha un pappagallo e ha anche avuto il coraggio di chiamarlo Benito.
Spero che lui e quel suo pennuto si levino dal cazzo a breve”
“Ma chi cazz mette come nome ad un pappagallo Benito…”
Andrea rise.
“Calcola che sto vecchio lo perde sempre, abita in campagna e urla costantemente il suo nome. Sembra di tornare indietro nel tempo”
Gli porse una sigaretta, Mimmo accettò e cercò nella tasca del suo zaino (dimenticato sotto la sdraio) il suo accendino.
Accendino rigorosamente rosso, come tutti quelli acquistati gli anni prima e tutti quelli che avrebbe acquistato gli anni successivi.
“Apparte stu pappagall, ti piace fare il parrucchiere?”
“Tenero” Aveva sussurrato.
“Sono frocio e senza laurea, o torno a spacciare erba o scappo de casa ma i soldi ancora nun ce li ho. Quindi si, mi piace”
Mimmo era sia accattivato dalla schiettezza e dalla sicurezza con cui lo aveva detto sia dispiaciuto dalla situazione di Andrea, non sembrava uno che voleva essere compatito e Mimmo non amava fare siparietti.
“Sei bravo, si vede”
Andrea gli prese una ciocca di capelli tra le mani.
“Se rimani ancora qui in giro un giorno di questi ti potrei usare come modello, effettivamente.
Gli altri hanno tutti paura di farsi toccare da me, forse sarà per quella volta che ho provato ad ossigenare la testa di Manuel per farlo assomigliare a George Michael…” Aveva detto ridacchiando.
“Mi piacciono le cause perse, quando vuoi”
Villa Balestra fu colpita da un’assordante rumore improvviso.
Una piccola- e malandata-Fiat 128 si stava parcheggiando all’entrata.
Dal finestrino un ragazzo con i capelli castani si sporse per poi urlare:”Ao e tu qua stai? So passato in salone e nun t’aveva visto nessuno”
Andrea si girò.
“Non c’avevo clienti oggi” Rispose.
“E manco ieri, di questo passo tocca cercatte n’artro posto” Aveva detto scendendo dalla macchina.
L’altro ragazzo era di poco più alto di Andrea, spalle larghe e muscolose, aveva anche lui gli occhi chiari e lo guardava con fare gentile.
“Scusa oddio, non mi so’ presentato, io sono Daniele” Aveva detto porgendo la mano a Mimmo.
Mimmo gliela strinse.
“Tanto piacere, io sono Mimmo, sono qui per il professor Balestra”
“Ah! Te sei Napo- il ragazzo nuovo” Disse correggendosi.
Napoli? Quindi gli amici di Simone lo chiamavano così?
“Questo coatto é il mio fidanzato” Aveva detto Andrea.
Daniele lo guardó preoccupato.
Il biondo gli accarezzò il braccio:”Non ti preoccupare, Mimmo é apposto anzi, mi vuole fare anche da modello!” Disse sorridendo.
“Più che da modello gli fai a cavia, hai visto che combina sta capoccia incasinata che si ritrova?”
Se Mimmo potesse sciogliersi come un ghiacciolo lo farebbe, Daniele guardava Andrea come se fosse fatto di vetro, posava delicatamente il suo sguardo su di lui e lo toccava piano.
Mimmo non era mai stato toccato così, nemmeno da sua mamma quando era piccolo piccolo e a casa loro erano solo loro due.
Daniele si trattenne per una mezz’oretta e poi promise di portare Andrea a casa, il giorno dopo forse sarebbero tornati insieme ad un certo Ilo e a quel Manuel che aveva sentito nominare qualche volta a Nina.
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Poco prima di cena il professore aveva assegnato un compito a Mimmo, basandosi sulla lettura di “Ulisse e le sirene” di Jon Ulster doveva scrivere un breve saggio che rispondesse alla seguente domanda:
“Il pre-impegno (pre-commitment) come strategia di razionalità aiuta veramente qualcuno ad allontanarsi dai desideri a breve termine?
Fornisci un caso personale in cui questa teoria può avere successo o fallire e spiega perché.”
Il professore lo aveva colpito e affondato.
Quando gli aveva proposto di venire a casa sua in estate lo aveva fatto proprio per quello, per sbloccare Mimmo, per aiutarlo a superare i suoi limiti.
Con il professore era stato sincero quasi sin da subito, era la terza volta che andava a ricevimento quando gli raccontò la sua storia.
Dante Balestra non gli aveva chiesto nulla, non aveva curiosato fra i suoi documenti per capire come mai si fosse diplomato solo due anni prima o almeno se lo aveva fatto non voleva farglielo pesare con inutili domande.
Dante Balestra si era limitato a fargli una semplice domanda:”Perché sei qui?”
Il fatto è che nemmeno Mimmo la sapeva.
Era già da un’anno fuori corso, l’euforia iniziale di poter finalmente permettersi di studiare all’università lo aveva schiacciato rendendolo ansioso, la notte dormiva a malapena e l’entusiasmo che gli permetteva di usare lo studio come distrazione per non pensare al suo passato si era dissipato.
Inizialmente era andato a ricevimento dal professore perché una mattina aveva la febbre e lui aveva consegnato delle dispense e voleva semplicemente recuperarle.
La seconda volta andò per portargli il caffè da parte del professor Lombardi, il suo adorato docente di latino che continuava a bocciarlo per dei motivi che Mimmo già immaginava.
Nel vedere il volto di Mimmo cercare di trattenere le lacrime Dante capì che aveva già trovato lo studente che voleva aiutare.
Tra i professori si era già parlato di Domenico Bruni, era raro che arrivasse un fascicolo segretato nel loro umile dipartimento di studi umanistici, il rettore aveva fatto gran segreto di quei documenti ma Dante- che curiosone lo é dalla nascita- ha fatto comunque in modo di sbirciare.
Tre anni in riformatorio, un diploma al liceo musicale ottenuto in un’istituto straniero, una lunga pausa e un lungo viaggio per un ragazzino della provincia di Napoli.
Mimmo guardava quella consegna grattandosi la testa, Elster ha studiato a Parigi e a New York, probabilmente non ha mai visto un carcere in vita sua.
Aveva ragione Simone, quelli che c’hanno i casini in testa suonano.
Suonano per produrre qualcosa di bello partendo da qualcosa di brutto.
I filosofi invece, sono un branco di privilegiati che hanno il tempo di farsi domande che le persone comuni non hanno il tempo nemmeno di mettere in conto.
Non lo pensava veramente, ma in quel momento stava maledicendo Elster e la sua metafora di Ulisse che si fa legare all'albero della nave per poter ascoltare il canto delle sirene senza cedere in tentazione per spiegare come gli individui possano prendere misure premeditate per limitare le proprie future azioni impulsive.
Lui da piccolo credeva alle sirene, Napoli stessa é nata grazie ad una di loro.
Non aveva mai imparato a nuotare però, non ci stavano i soldi per andare al Mare tutte le domeniche e quando ci andavano lui e sua madre non avevano il tempo necessario per andare al largo.
Lui avrebbe ceduto al canto di una sirena?
Non era mai stato d’accordo con il fatto che le donne erano considerate spesso esseri malefici e tentatori, gli uomini potevano essere ben più spregevoli, ne sapeva qualcosa.
Perché facevano così paura le sirene? Perché con le loro voci promettevano agli uomini di conoscere un piacere diverso?
Che poi secondo Mimmo se Ulisse era così scemo che per stare con una donna rischiava di far cadere in rovina tutta la sua ciurma, era un problema suo, mica di tutta l’umanità.
La seduzione lo aveva sempre intrigato, da quando sbirciava la mamma prepararsi per uscire con Ettore, il guappo del quartiere a quando perse la verginità con Dalila una notte sulla spiaggia.
Il fatto è che non se la sentiva di chiamare in causa quella parte della sua vita per rispondere al quesito del professore perché per quanto gli costasse ammetterlo i suoi desideri più sfrenati-a differenza della maggior parte dei suoi coetanei- non riguardavano il sesso.
Riguardavano qualcosa di possibilmente più complesso del sesso, i suoi desideri a breve termine erano impulsi pirandelliani.
Quante volte si era trovato a strappare un cappello per strada a qualche turista e camminare come se fosse il padrone della città, quante volte era stato beccato da sua madre a frugare nei suoi cassetti per scovare qualche orecchino o qualche collana, quante volte guardava il mare dalla finestrella della sua cella e fingeva di non essere un detenuto ma un pescatore stufo della vita da lupo di mare…
Forse se avesse controllato razionalmente la sua voglia di essere uno, nessuno e centomila avrebbe potuto capire chi è veramente?
Se non si fosse fatto convincere che poteva essere qualcuno che in realtà non era forse si sarebbe risparmiato il carcere?
Pascal aveva scritto che non siamo mai soddisfatti della nostra condizione, che la felicità dell’uomo risiede nell’essere considerato diverso da come é, Mimmo avrebbe voluto tatuarsi quell’estratto dei “Pensieri” quando il professore glielo aveva portato dopo una lezione.
Piano piano stava cercando quel famoso se a cui tornare, la sera prima di andare a dormire chiudeva gli occhi e provava a immaginare (quasi come se fosse una simulazione) cosa avrebbe voluto quel bambino sdentato di Torre del Greco se le cose fossero andate diversamente.
Proprio quando stava per mettere la penna sul foglio qualcuno bussò dalla porta comunicante che divideva la sua stanza da quella di Simone.
Doveva essere lui.
“Andrea e Daniele mi hanno chiesto se stasera vuoi venire a farti una birra con noi” Aveva detto Simone parlandogli a voce alta da dietro la porta.
Mimmo sorrise, era contento che la coppia lo avesse trovato simpatico.
“Dovrei studiare” Aveva detto rammaricato.
“Vabbè anche io dovrei comporre, la notte è giovane, possiamo raggiungerli sul tardi”
Simone sembrava insolitamente più spavaldo rispetto al pomeriggio, era forse successo qualcosa?
Mimmo non se la sentì di rifiutare, il ragazzo finalmente aveva smesso di guardarlo in cagnesco.
“Vabbuo’, a che ora dobbiamo andare?”
“Fatti trovare a mezzanotte e venti vicino la piscina”
“Scus e non ci sentiranno tutti andar via a quell’ora?”
“Non sarà un problema, stasera Mafalda ha fatto il limoncello, mio padre russa come un forsennato quando lo beve”
“Sei malefico Simone Balestra, te lo hanno mai detto?” Aveva detto Mimmo ridacchiando.
Simone aprí la porta sorprendendo Mimmo e proprio come aveva fatto lui quel pomeriggio gli fece l’occhiolino.
Era lí di fronte a lui con i capelli in disordine e la camicia rossa sbottonata fino al terzo bottone, una piccola stella di Davide in oro si intravedeva sul suo petto.
Si portò una mano per i capelli e piegandosi in avanti per cogliere la matita di Mimmo che era caduta quando lui era entrato gli fosse: “Com’é che si dice? I cattivi non dormono mai”