Chapter Text
Per tutta la mattina Manuel si sente perseguitare dalla sensazione che manchi qualcosa.
Manca qualcosa quando lui e Livia cantano a squarciagola le canzoni dello zecchino d'oro in macchina andando verso Ostia.
Manca qualcosa quando si tuffano in acqua e giocano schizzandosi.
Manca qualcosa quando le sfila un bracciolo per tentare di insegnarle a stare a galla con uno solo.
Manca qualcosa quando la bambina va a costruire castelli di sabbia con altri bimbi vicini di ombrellone e lui rimane solo a fissare le onde del mare.
Manca qualcosa quando vorrebbe prendersi un gelato ma è troppo pigro per arrivare al chiosco e si accontenta del pacco di cracker frantumati che stanno lì in borsa chissà da quanto.
Manca qualcosa quando al ritorno sua sorella si addormenta sul seggiolino e, spenta la radio, è il silenzio la sua unica compagnia.
Cerca di dare una forma a quella mancanza, ma la sagoma che si va a delineare lo spaventa e così la ricaccia in quella parte della sua mente dove vanno le cose che non vuole vedere, quella dove per troppo tempo aveva stipato la consapevolezza di essere bisessuale.
Non gli manca Mimmo, non ha bisogno di lui.
È solo che è l'unico a sapere del guaio in cui si è cacciato, il suo unico appiglio.
Ha ragione il napoletano, quando tutto questo sarà finito -se tutto va bene quella sera stessa- le cose fra loro torneranno come prima. Devono tornare come prima.
Appena tornato a casa, prima di fare la doccia, Manuel si precipita in cucina a bere un bicchiere d'acqua e trova Mimmo intento a pulire il piano cottura.
«Me pari na colf Cenerè» gli dice incastrandolo fra sé e il mobile, poggiando le mani sul marmo.
Mimmo non si lascia cogliere di sorpresa, ma si gira con la risposta pronta
«E tu par 'o pesc Sirenè»
«Sirenè? I soprannomi da principessa so solo pe te»
Il napoletano porta una mano fra i suoi ricci, per poi tuffarvi il naso e inspirarne l'odore salmastro.
«Profumi di mare»
Non c'è nulla di malizioso nel suo gesto, è di una purezza tale da far desistere Manuel dal rispondergli non lo vuoi sentì un po de sapore di mare? e dallo sbatterlo al muro e baciarlo senza ritegno.
«Ti piace tanto l'odore del mare?»
«Mi ricorda Napoli»
«Quindi te dispiace se me vado a fa na doccia?»
«Mi piace tanto pure l'odore del bagnodoccia che usi»
«Lo so» mormora abbassando la testa per odorargli il collo «te piace così tanto che te lo scrocchi»
«Ti dà fastidio?»
«No. Tutto tuo, ce poi fa quello che voi»
Mimmo so chiede se il moro lo stia facendo apposta ad usare le stesse parole di due sere prima, o se lui è così folle da ricordarle ancora a memoria.
«Grazie» risponde, e Manuel pronuncia un mh distratto, quasi fosse ormai già andato oltre la conversazione, mentre gli fissa le labbra.
Manuè e rutt o cazz cu sti giochetti m vuo vasà sì o no?
Mimmo lo guarda negli occhi e poi abbassa lo sguardo sulla sua bocca per far capire al moro che è pronto a ricambiare un eventuale bacio, ma prima che possa scattare l'intesa, Dante fa irruzione in cucina facendoli separare di scatto.
Se il professore ha visto qualcosa non lo dà a vedere, apre il frigorifero e lo fissa per qualche secondo, poi borbotta qualcosa, lo richiude e va via senza prendere nulla; nel frattempo Manuel è scappato a farsi la doccia.
Hanno finito di mangiare di mangiare da poco, e Mimmo si chiede che cazzo di bisogno c'era?
Un paio di ore più tardi, Livia inizia ad insistere di voler andare al parco.
Manuel è costretto ad accettare perché le ha promesso di fare tutto quello che vuole, e vuole che porti anche Mimmo.
Poco importa se poi arrivati lì la bambina dimentica totalmente il fratello maggiore e l'altro ragazzo mentre gioca con le sue amichette.
Mimmo e Manuel sono seduti sul prato a tener d'occhio la bambina, dopo il quasi-bacio si sono scambiati poche parole e ora regna il silenzio, o meglio, le urla dei bambini.
«Ce venivo sempre con la mia ex qua» esordisce il moro, non sapendo neanche lui perché lo sta facendo «c'ha na figlia, Lilli, la portavamo a giocare»
«Ma si chiamava proprio Lilli sta criatura?»
«Sì»
«Ma c sfaccimm e nomm, m par chill e nu can»
«È stata solo una delle tante scelte discutibili de Nina»
«Fra queste scelte discutibili c stai pur tu?»
«Eh me sa de sì»
«L'amore è cieco, limportante è che vi siete voluti bene, pure se poi è finita male»
«Veramente non credo di averla mai amata. Amavo più la figlia che lei. Non c'ho avuto un padre e me dispiaceva pe lei -vabbè che c'aveva comunque dei genitori affidatari- quindi forse ho provato a dare quello che m'era mancato. Però a farmi veni i sensi di colpa un po' ce s'è messo pure Dante che nun se fa mai i cazzi suoi» termina con una marcata nota di fastidio nella voce
«Hai tentato di fa una cosa bella però»
«Ho fatto pure un po' de casini però»
Gli racconta nel dettaglio del rapimento e della tentata fuga, e Mimmo scoppia a ridere
«Tu si pazz over. E se hai fatto questo per una che non amavi per qualcuno che ami c faciss?»
Manuel fa spallucce, non crede di saper amare. Non dal punto di vista romantico almeno.
«Ci pensi mai -non dico mo, ma fra cinque/dieci anni- a farti una famiglia?» chiede d'un tratto il biondo, lo sguardo fisso su una coppia di genitori coi loro bambini.
«Sei serio? Io? Na famiglia? Ma m'hai visto, principì?»
«Perché no? Con tua sorella sei fantastico, secondo me saresti un buon papà»
«Livia è la bambina più buona del mondo. Ma metti che me capita, che so, 'n pischello che è na peste come so stato io che ho fatto disperà mi madre per vent'anni, che ne so se so capace a fa il genitore? Non saprei da dove partire, io un padre pe diciannove anni manco ce l'ho avuto»
«Manco io ce l'ho avuto un padre, ma o parti dallo stereotipo che fare il padre è diverso dal fare la mamma o la usi come cazzata da raccontare a te stesso»
«Non è che voglio fa il bigotto ma a me pare che le mamme capiscono più cose dei padri»
«Penso che dipende da come ci educano fin da bambini, non è innato: i maschi “annà fa l'uommn”, le femmine invece devono stare accorte a fare contenti a tutti e quindi scrutano, analizzano, empatizzano, capiscono le cose più a fondo. Noi invece spesso già è tanto se andiamo oltre noi stessi. Ma possiamo essere meglio di così»
Manuel lo fissa per un'istante, ammettendo per la prima volta a se stesso che nonostante tutto il biondo gli è superiore.
È una consapevolezza che covava già solo per il fatto in pochissime settimane Mimmo abbia imparato l'inglese che a scuola si impara in un anno, che quando ripetendo con lui parla di concetti filosofici complessi lui che non li ha neanche studiati li afferra e glieli riformula in poche semplici parole.
«C'hai ragione» ammette «Ma mo daddy issues a parte, ma me ce vedi a me co un marito o na moglie? Io l'amore non lo so fa durà»
«Forse devi trovare la persona giusta che ti faccia venire voglia di impegnarti seriamente»
«Cazzate. La persona giusta nun esiste, e se pure esistesse come fa a essere giusta per tutta la vita? Magari è giusta in un certo momento, ma poi tu cambi, lei cambia, e finisce tutto. Panta rei, oggi siamo una persona e domani un'altra, come se po' esse sicuri de amà qualcuno domani se non sai che persona sarà? Figuriamoci pe sempre»
«Mica si cambia dall'oggi al domani. E poi quando ci si vuole bene un po' si cambia insieme, ci si mescola, ci si assesta, si cresce di pari passo»
«Pensi che non si cambia dall'oggi al domani? C'hai presente il fiume di Eraclito? Io non so manco la stessa persona che ero 5 minuti fa»
«Filosofeggi tropp assai, vivere col professore t fa mal. È vero che siamo in continuo mutamento, ma mica diventi da così a così» dice voltando la mano «in un giorno. A meno che non ti succede una di quelle cose che ti stravolgono e ti arrevotano 'e cervell. Alla fine l'importante è avere dei valori di base in comune e si resiste un po' a tutto. Tanta gente si piglia e s lass perché si mettono insieme per attrazione, per simpatia, per paura di rimanere soli. Ma sotto sotto nun c sta sustanz»
«Ma pure che c'hai i valori in comune a na certa te rompi il cazzo comunque. Quando sento parlà de coppie sposate da na vita checché ne dicano nun ce credo che so felici, o se stanno sul cazzo o qualche scappatella ogni tanto se la so fatta. Come se fa a sta sempre co la stessa persona? Me pare na prigione sta cazzo de monogramia, prima o poi la quotidianità l'amore lo fa andà a fanculo. Diventa un do ut des, si sta insieme per abitudine, per comodità, per i figli, per l'apparenza, per paura de restà soli»
«Penso che il segreto sta proprio nell'innamorarsi nelle piccole cose di ogni giorno, tutti i giorni. Una persona non la conosci mai davvero no? Così c'hai tutta la vita per scoprirla, e poi il fatto che col tempo si cambia mica è necessariamente negativo, ci sono sempre nuove sfaccettature da scoprire. E la quotidianità mica è tutta sta cosa spaventosa. L'hai mai letto il piccolo principe?»
«Forse alle elementari»
«Ti ricordi cosa diceva?»
«Un sacco de cose, parlava parecchio quel principino, me ricorda uno che conosco. Poi la gente lo cita sempre un po' a cazzo tipo 1984. Mbè?»
«Che c'è bisogno dei riti»
Manuel aggrotta le sopracciglia, non capisce Mimmo dove vuole andare a parare «Non ho capito, nel senso il matrimonio?»
«No. Le abitudini, le ricorrenze. Un rito è quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore.
Pe farti un esempio, il bacio che si danno tua madre e Dante prima di uscire dalla porta la mattina»
«È inutile, tanto prima o poi si arriva al punto in cui ti baci senza sapere più perché lo fai, e a quel punto a che cazzo te serve il rito?»
«Si nu disfattista, pa' miseria. È ovvio che ci devi lavorà sulla relazione, mica ti salva il bacetto la mattina o andare a cena una volta al mese. Ma male non fa»
«'mmazza non sapevo che eri così esperto, potresti fa il terapista de coppia. Perché nun vai a fa psicologia all'università?»
«P carità, viat a chi fa terapia a me, m'avessa mett a sent pur e uaj e l'at? Manc e can»
Manuel sospira «Forse il problema è che so cresciuto senza un esempio de coppia sana davanti. Mamma se trovava certi casi umani che alla fine Dante è stato la ciliegina sulla torta»
Mimmo ride scuotendo la testa «Ma t'ho mai parlato di mio padre?»
«Hai detto che non ce l'hai»
«Eh, l'ho visto una volta sola in tutta la mia vita, e quell'unica volta ha pure menato a mamma. Manco io ce l'ho mai avuta davanti una coppia sana, ma quello che abbiamo vissuto mica ci definisce. Non abbiamo avuto dei papà, non abbiamo avuto dei genitori che si amavano, e allora? Dove sta scritto che non possiamo essere migliori, che non possiamo dà quello che non abbiamo avuto?»
«Te sei uno de quelli che ce credono pure troppo all'amore. Sei stato cinque anni a pensà a Simone e penso che se nun toglievano de mezzo Molosso passavi tutta la vita ad aspettà de tornà da lui. C'ho ragione?»
«Hai ragione»
«Lo ami ancora?»
«Non lo so. Come si capisce se un amore è finito?»
«Te che sei così esperto lo chiedi a me? Direi quando non c'hai più voglia di chiavarci assieme»
«E ja fai il serio»
«Quando non ci si rispetta più o quando non te ne frega più niente dell'altro, credo»
«Ma a me importerà sempre di Simone. Quello che dici tu vale per quando ci si lascia male. Ma noi non ci siamo lasciati male»
Manuel ci pensa un po'.
«Allora forse finisce quando smetti di immaginare un futuro con quella persona, non so»
«Mh»
«Lo immagini ancora un futuro con Simone?»
«No. Tiene a Flavio»
«E se domani si lasciassero?»
«Consolerei a Simone, che devò fa»
«Che fai, non ci provi?»
«E che ci provo con uno che si è appena lasciato, ma si scem? Me ne posso mai approfittà di un momento di debolezza?»
Manuel sbuffa, non è questo il punto. Forse Mimmo lo sta evitando di proposito.
«E passato il momento de debolezza?»
Il napoletano fa spallucce «Io voglio che sia felice. Non so se insieme funzioneremmo come funzionavamo cinque anni fa. Siamo due persone diverse, non lo so se ci incastriamo ancora»
Poi coglie un fiorellino dal prato e, senza un motivo particolare, lo infila fra i ricci di Manuel.
«Sembri quasi carino così»
«Ah, quasi» dice fingendosi offeso sfilandoselo, poi prova a infilarlo fra i capelli lisci di Mimmo, ma in men che non so dica il fiore scivola via ricadendo sul prato.
Come durano poco le cose belle si dice Manuel, prendendo la cosa come una specie di segno che rimanda al suo pensiero iniziale
Io l'amore non lo so fà durà
Sta cercando le parole per riprendere la conversazione con Mimmo dopo quel gesto che sembra quasi romantico, quando sua madre lo chiama chiedendogli di andare a fare la spesa.
È finita l'ora delle chiacchiere, devono darsi una mossa. Più tardi hanno un impegno a cui non possono permettersi di fare tardi.
Né Manuel né Mimmo sono mai stati in quel supermercato, uno dalle parti del parco. Non hanno tempo di arrivare al solito, non quella sera.
Questo li rallenta, perché non sanno dove trovare le cose e si perdono fra le corsie.
Sarebbe intelligente dividersi, pensa Mimmo fra sé e sé, ma la verità è che non vuole staccare la mano dal carrello che lui e Manuel stanno portando insieme, o meglio dalla mano di quest'ultimo.
C'è Livia seduta dentro -che si guarda intorno con lo stupore che solo i bambini sanno provare quando si ritrovano in un posto nuovo, per quanto banale come un supermercato- e anche la spesa per una famiglia di sei persone, pesa, è normale che lo stiano portando in due.
Più di una volta si ferma a guardare cose che gli piacerebbe prendere -uno yogurt, delle merendine, una scatola di gelato, dei biscotti- senza però prenderle, si sente già un peso per quella famiglia e non vuole concedersi sfizi ma, quasi come se gli leggesse nella mente e senza dir nulla, Manuel le mette nel carrello come se quelle cose fossero sulla sua lista della spesa mentale.
Altrettanto automaticamente Mimmo prende un pacco di gocciole extradark, i biscotti preferiti dell'altro, che ricorda star finendo.
Il moro sorride impercettibilmente, come se si stesse trattenendo, e quando Mimmo riappoggia la mano sul carrello ha l'impressione che il ragazzo spinga leggermente il mignolo contro il suo.
Sono quasi arrivati alla cassa quando Livia si mette ad indicare un espositore pieno di caramelle gommose. Per capire quali vuole, il fratello la prende in braccio e le dice di prendere quelle che desidera.
La bambina cambia idea due o tre volte, poi dice di volerne tre o quattro pacchi diversi.
Manuel le dice che no, non può averle tutte e Mimmo vorrebbe rimproverarlo perchè che senso ha prendere tutte le cose che voleva lui e poi dire di no alla sorellina per un paio di pacchi di caramelle?
«Amore scegline uno, sei ancora troppo piccola nun te posso vizià» dice come se gli avesse letto nel pensiero
Alla fine Livia indica un pacco di orsetti gommosi della Haribo e Manuel glieli prende
«Sei contenta?»
«Sì»
«Me lo dai un bacetto?»
La bambina gli dà un bacino sul naso a cui Manuel risponde sbaciucchiandole una guancia.
Al guardare la scena Mimmo sente farsi strada dentro di sé un calore che non sentiva da tempo. Un calore che riscalda ma non scotta, che solletica lo stomaco e la gola.
Capisce di essersi innamorato.
Manuel si sforza di stare tranquillo, ripetendosi che l'agitazione non cambierà l'esito delle cose. Se funzionerà, funzionerà a prescindere dalla sua ansia. Se non funzionerà, idem.
Ha pensato ai minimi dettagli e li ha spiegati con cura a Natalia e Tatiana il giorno prima.
Deve funzionare.
Zucca arriva in motorino, parcheggiando sotto al palazzo. Manuel pensa che se lo rincorresse li, in quella via buia senza a telecamere e lo colpisse alle spalle potrebbe evitarsi tutto questo casino e stare sicuro di non avere più problemi. Ma sa che non riuscirebbe mai fare una cosa del genere, neanche all'uomo che sta rischiando di rovinargli la vita e ha minacciato di poter fare del male alla sua famiglia, all'uomo che violenta -unica parola giusta per descrivere ciò che fa- e lascia che altri uomini violentino una ragazzina dietro l'illusione di aver comprato il suo consenso.
Ritiene che un uomo come Zucca sarebbe meglio morto che in carcere, perché se persino uno come Mimmo, che crede nel perdono e che lassù ci sia un essere onnipotente, un inguaribile ottimista, ritiene che certi uomini non possano cambiare ancora di più Manuel, che non crede in nessun dio, tantomeno nei miracoli ed è tremendamente realista, non nutre alcuna speranza nei confronti di Zucca.
Se non lo uccide non è per timore o pietà, ma solo per se stesso, perché non vuole che l'uomo lo perseguiti i suoi incubi o rischiare di dare un dolore alla sua famiglia facendosi portare in carcere.
Dopo che il malavitoso è entrato nel palazzo, i minuti sembrano non passare mai: cinque, dieci, quindici.
Manuel inizia a perdere la speranza e a temere che qualcosa sia andato storto. In tal caso dovrebbero sentirsi urla provenire dal palazzo, ma nulla, regna il silenzio.
«Allò, io mi apposto qui sotto nel vicoletto di fronte. Prima cosa glie mettete il sonnifero nell'acqua, venti gocce come v'ho detto e appena se addormenta come segnale buttate un fazzoletto dalla finestra…»
Un fazzoletto bianco cade dalla finestra, Manuel scorge la sagoma di Natalia sporgersi per cercarlo con lo sguardo, ma lui è ben nascosto. Le fa un segno con la torcia del telefono, e se il buio non lo inganna gli pare di vederla rispondere con un pollice in su.
Ora che ci pensa non hanno concordato un segnale per far capire alle ragazze che lui c'era. Si stanno fidando ciecamente di lui come lui si sta fidando ciecamente di loro. Non possono, non devono fallire.
Chiama Mimmo, che nel frattempo è appartato nei dintorni dell'Aventino.
«Principì tieniti pronto, inizia ad avvicinarti»
«Ricevuto capo»
Al sentire la risposta, il moro ride. Qualcosa nel tono quasi teatrale di Mimmo lo fa sentire più leggero smorzando la paura, come se non stessero per fare arrestare un pericoloso criminale, ma stessero giocando con Livia fingendo di essere delle spie.
«Perché ridi?»
«Niente, pe n attimo m'è sembrato di stà in un film»
Attacca senza aspettare risposta, non può perdere tempo a distrarsi, anche se la voce di Mimmo lo calma.
Ci sarà tempo quando torniamo a casa pensa di getto fra sé e sé, senza riflettersi a fermare su cosa voglia davvero dire quella frase.
«Poi glie prendi il telefono, sblocchi con l'impronta e cancelli le chat su WhatsApp con me. Non so con che nome me tiene segnato, se ve dico il numero mio senza scrivervelo ve lo ricordate?»
Tatiana annuisce, rispondendo che ha una memoria di ferro per quanto riguarda i numeri e che può stare tranquillo.
Manuel glielo detta e la ragazza glielo ripete immediatamente in maniera corretta.
«Fatto questo, cancellate il contatto dalla rubrica. Se riuscite buttate un altro fazzoletto dalla finestra, se invece c'è qualche problema e non riuscite a farlo prendete il telefono e me lo menate de sotto, e lo faccio sparì io. A quel punto telefono l'amico mio e glie faccio chiamà le guardie…»
Un secondo fazzoletto cade. Manuel vorrebbe saltare dalla gioia mentre telefona nuovamente a Mimmo.
«Ricordati de nun fà sentì l'accento napoletano»
«Me l'hai già detto, ma che sei diventato leghista?» lo prende in giro l'altro. Sa bene che deve farlo per evitare che Pantera possa riconoscerlo, ma scherza per farlo rilassare un po'.
«Pe carità. Meglio laziale. Vai a telefonà agli amici tuoi sbirri, vedi de muoverti»
«Sissignore»
Mimmo ritiene di aver fatto un ottimo lavoro nel fingersi romano e anche convincente alle orecchie delle guardie. Gli dice di fare presto, che c'è una minorenne in pericolo e, nonostante Manuel gli abbia intimato di dire solo questo aggiunge che sta registrando la chiamata e se entro dieci minuti non faranno arrivare una volante sul posto renderà pubblica la telefonata e farà sapere a tutti che alla polizia della capitale non interessa proteggere donne indifese.
Si rivela un'ottima intuizione perché dopo appena otto minuti Manuel lo richiama dicendogli che i poliziotti sono arrivati sul posto e stanno portando via Zucca, incosciente, sottobraccio.
Quando si reincontrano al parcheggio, prima ancora di scambiarsi una singola parola, Manuel gli salta addosso. Letteralmente.
Mimmo lo sostiene con le braccia sotto le cosce mentre il romano mormora “Ce l'abbiamo fatta, ce l'abbiamo fatta” come se fosse sotto effetto di sostanze stupefacenti.
Dopo pochi secondi ritorna in sé e scende da dosso al napoletano.
«Nun me pensavo che tenevi tutta sta forza, sai? Sembri così piccolo»
«E ti sembra male. Sei stanco» osserva accarezzandogli una guancia «andiamo a casa?»
Il moro struscia il viso contro la sua mano quasi a volersi immergere in quella carezza e vi lascia anche un bacio che lascia intendetto il napoletano «andiamo a casa»
Mentre sfrecciano per le vie di Roma sulla vespa bianca, Manuel si stringe a Mimmo come mai prima d'allora.
La sveglia segna le 3:49 quando Mimmo apre gli occhi sentendo il suo letto piegarsi sotto il peso di un altro corpo.
«Manuè» mormora senza girarsi
«Non riesco a dormire. Penso a tutte le cose che potrebbero andare storte. Tutte le ipotesi che mi pare di aver tralasciato. Non è uscita ancora neanche una notizia»
«Song e quatt a matin ma chi l'adda scriv sta notizia? Port pacienz, domani mattina si vede. Mo chell che è fatt è fatt»
«Però posso restare qua vicino a te?»
«Certo, che lo tengo a fà sto letto matrimoniale sennò? Un ospite ogni tanto ci vuole»
Si aspetta una battutina a doppio senso come risposta, ma Manuel non deve essere dell'umore.
Prende il telecomando e accende la TV a basso volume, iniziando a fare zapping cercando qualcosa con cui distrarre il romano dalle sue preoccupazioni. Alla fine approdano su DMAX, dove sta facendo un programma che fa vedere come lavorano gli addetti alla sicurezza della metro di Stoccolma.
Contro tutte le aspettative Manuel si addormenta dopo poco, mentre Mimmo rimane sveglio fino al mattino, attendendo notizie su Rai1.
Blitz della polizia nella notte in un appartamento a Trastevere dopo una telefonata anonima, sgominato un giro di prostituzione ad opera di un pregiudicato, fra le ragazze anche una minorenne
Si apre così l'edizione delle 8:00 del tg1, facendo emettere un sospiro di sollievo anche a Mimmo che aveva tenuta nascosta la sua stessa ansia per tranquillizzare Manuel.
Il napoletano sveglia il ragazzo accanto a lui per fargli sentire la notizia. Appena la ode, lo abbraccia e gli dà un bacio sulla guancia
«Se nun ce stavi te principì stavo ancora nei casini» gli sussurra nell'incavo del collo
«Menomale che quella sera t'ho seguito»
«Eh»
Manuel ripensa al bacio di quella notte. Era stato un semplice diversivo, eppure non è passato un giorno in quelle due settimane in cui non c'abbia ripensato, in cui non abbia passato minuti a ripercorrere il ricordo di come la sua lingua e quella del napoletano si erano incontrate in una danza che era parsa infinita.
Ritorna anche a quel pensiero che gli ha sfiorato la mente la sera prima, nel bel mezzo dell'”operazione”.
Ci sarà tempo quando torniamo a casa
Ma tempo di cosa?
Sdraiato vicino a Mimmo, prima visione del suo risveglio dopo una notte travagliata, la risposta gli fa paura.
Tempo di stare bene
Perché Mimmo lo fa stare bene.
Questa consapevolezza lo spaventa così tanto che nei giorni seguenti il rapporto col napoletano torna a raffreddarsi leggermente, e l'altro finisce per ammettere a malincuore a se stesso che alla fine aveva ragione, risolto il problema le cose fra lui e Manuel sono tornate come prima proprio come previsto.
«Voi state tranquille, poi fra qualche giorno mi venite a cercare. Il mio numero lo sai Tatià, me poi chiamà e ce mettiamo d'accordo per il lavoro da mi padre. Domande, obiezioni?»
«E io?» chiede Natalia
«Me sa che te mandano in comunità, sei minorenne e non hai famiglia. Ma tranquilla che per la scuola so già con chi parlare»
«E se ci chiedono del sonnifero?»
«Dite che è venuto un cliente misterioso che ve lo ha dato dicendo di darglielo la prossima volta che Zucca sarebbe venuto e che lui avrebbe provveduto a chiamare i carabinieri e che sapete solo questo. E mettetevi d'accordo su una descrizione fisica che non mi somiglia per niente»
Quattro giorni dopo Tatiana telefona Manuel. Lei e Natalia sono state interrogate ma è tutto a posto. Come previsto la ragazzina è in comunità, e la mora è intenzionata a ottenerne l'affido.
Manuel la presenta a suo padre come una vecchia amica, e Nicola se la beve, accettando di assumerla come aiuto domestico.
Per una volta i guai finalmente sembrano sistemati.