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Il corridoio è buio e sinistro, l’eco dei miei passi riecheggia spettrale tra le pareti di cemento scrostate e luride.
Ho sempre odiato gli ospedali e quelli abbandonati non fanno eccezione, specialmente se abbandonati da decenni. Non mi abituerò mai a questo posto, sono mesi ormai che cerco di placare il brivido che mi assale ogni volta che percorro questo corridoio. E, per quanto mi sforzi, sembra più forte di me, l’occhio mi scivola di lato come catturato da un campo magnetico e non riesco a non fissare i lettini ribaltati, i contenitori di metallo ormai arrugginito e quegli orribili strumenti chirurgici di varie forme e dimensioni sparsi sul pavimento sudicio come nei peggiori film dell’orrore.
Spingo la pesante porta di ferro, ormai mi aspetto anche il cigolio sottile che accompagna il movimento mentre entro nell’ultima sala in fondo.
L’illuminazione è fioca, è rimasta intatta solo una lampada al neon che deposita su ogni cosa una patina fredda e azzurrata.
Il mio sguardo corre subito alla parete di fronte a me e, per quanto fossi preparato, non riesco a tenere a freno il cuore che rotola fino in gola mozzandomi il respiro.
È sporco e spettinato, eppure Tooru è sempre bellissimo! Fottutamente meraviglioso, ed è incredibile come anche in questa luce inclemente lui risulti ai miei occhi come la creatura più bella su cui si siano mai posati.
Oikawa raddrizza le spalle quando mi sente entrare e soffia via il ciuffo che era sceso sulla fronte, scoprendo tracce di sangue raggrumato. Mi sorride, il labbro spaccato stilla una nuova goccia carminia che rotola fino al mento.
“Che cazzo avete fatto?” sbotto “Sapete che il boss non vuole che venga colpito al viso!”
“È stato lui! Mi ha dato una testata…” si difende Hanamaki facendo un passo indietro, intimorito dal mio sguardo feroce, mentre istintivamente si massaggia la fronte.
“Ha perfino cercato di mordermi.” aggiunge Matsukawa avvicinandosi a Takahiro per dargli il suo sostegno.
“Cazzo, capo, si dimenava come un’anguilla, è stata davvero un’impresa legarlo al muro…” spiega ancora Hanamaki.
Per un istante non rispondo, resto a fissare i due uomini con aria sospettosa, ma l’occhio di Hanamaki si sta già gonfiando in maniera evidente. E comunque non avrei motivo di mettere in dubbio le sue parole, mi fido di Takahiro. E, soprattutto, conosco Tooru da una vita, so perfettamente che una testata rientra nel suo schema di reazione alla situazione. È stato stupido Makki ad avvicinarsi tanto da permetterglielo. Ma Makki non conosce Tooru tanto quanto me.
“Ok, andate pure, qua ci penso io. E metti una bistecca su quell’occhio.”
La stanza rimbomba quando si chiudono la porta alle spalle, la sua eco che si affievolisce piano fino a che rimane solo il fastidioso gocciolio del rubinetto nell’angolo.
“Iwa-chan…”
La voce di Tooru è sporca e graffiata come lui, ma riesce comunque a farmi ribollire il sangue. Quello stupido nomignolo esce dalle sue labbra come una preghiera, e io lo so, davvero, lo so cosa sta cercando di fare.
E porca merda se non ci sta davvero riuscendo.
Tooru mi fissa per cercare di scorgere la mia reazione, la testa appoggiata al muro scrostato dietro di sé, in un gesto a metà strada tra l’arrendevole e l’arrogante.
Sorride, ancora.
“Sei venuto a liberarmi?” piagnucola poi sbattendo le ciglia in modo teatrale.
L’istinto mi porta a fare un passo nella sua direzione ma mi blocco subito, non devo avvicinarmi troppo. Non tanto da permettergli di tentare un altro dei suoi trucchi. Anche se è incatenato al muro, Tooru è ancora pericoloso. Potrebbe facilmente imprigionarmi in una morsa letale con le sue lunghe gambe, o sferrarmi un calcio o colpirmi in almeno altri cinque modi diversi che non ci tengo certo a sperimentare (di nuovo).
“Ok, deduco che tu stia ancora dalla parte di quel bastardo.” conclude, asciutto, in risposta al mio silenzio.
“Ushijima non è un bastardo.” rispondo subito “E’ un uomo d’onore.”
“Lo siamo tutti,” ribatte lui “fino a che ci fa comodo.”
Oikawa resta a guardarmi ancora con un mezzo sorriso sul viso, spavaldo e arrogante come solo lui sa essere, come se non fosse in una posizione di netto svantaggio. La camicia aperta e lacera mostra un livido scuro sul costato e diversi graffi sulle clavicole e sul petto. Le maniche pendono a brandelli scoprendo i polsi graffiati e contusi a contatto col metallo, segno evidente dei suoi inutili tentativi di liberarsi.
Eppure, è ancora sfacciatamente bello e devo davvero costringermi a distogliere lo sguardo.
Non che serva a granché, il mio stomaco è contratto e dolente, in preda a un’emozione potente e fastidiosa sin da quando mi hanno comunicato di averlo catturato; ho lasciato passare qualche ora prima di scendere nella vecchia sala operatoria, sperando di calmarmi e recuperare la lucidità necessaria a poterlo interrogare.
Ma mi rendo conto in un istante, con quegli occhi caldi e intensi che mi scrutano, di non esserci riuscito per niente: sono del tutto in balia di un cocktail emotivo che mi sta stordendo, un mix di emozioni confuse e violente, e non lo so nemmeno io se prevale la rabbia, il senso di colpa o quel bisogno che sento sempre presente in mezzo al petto, di baciarlo e baciarlo, e baciarlo ancora fino a togliergli il respiro.
Tooru ovviamente coglie il mio tentennamento e raddrizza le spalle per quanto le catene glielo consentono.
“Si stancherà anche di te, Iwa-chan. Quando avrà ottenuto ciò che voleva, e immagino di essere io stesso parte del pacchetto, ti getterà via come un calzino bucato.”
Prendo un profondo respiro e non rispondo.
Mi volto. Devo per forza distogliere i miei occhi dalla sua figura slanciata incatenata al muro.
Mi avvicino al tavolo contro la parete e lentamente mi sfilo la giacca. La appoggio sopra con gesti lenti e misurati intanto che cerco di tornare padrone di me. Poso sul tavolo anche la pistola che avevo infilato nei pantaloni dietro la schiena. Con Tooru è meglio non correre rischi.
Prendo un asciugamano, l’unica cosa all’apparenza pulita in questo ambiente fatiscente, e mi avvicino al lavandino dove lo sciacquo e lo strizzo.
Mi volto quindi verso Tooru e mi avvicino piano a lui, fissandolo per la prima volta con intenzione in quegli occhi scuri e profondi.
“Mi dai la tua parola di non tentare scherzi?”
“Non potrei mai farti del male, Iwa-chan.” risponde dolce, quasi stucchevole, con le lunghe ciglia che svolazzano. La lingua guizza fuori per raccogliere un’altra goccia di sangue dalle labbra, e gliene sono immensamente grato perché la tentazione di farlo io mi stava distruggendo.
Mi avvicino di un altro passo.
Non lo so proprio se posso fidarmi di lui.
Ma la cosa peggiore dell’intera faccenda è la sensazione viscerale e innegabile che, nonostante tutto, avrebbe ragione lui anche se provasse davvero a farmi qualche scherzetto per liberarsi.
Decido di correre il rischio e inizio a scorrere delicatamente con l’asciugamano bagnato sulla sua pelle, per ripulire sangue e polvere dalle labbra e dal viso di Tooru.
“Non credevo che sarebbe stato così subdolo da mandare te, Iwa-chan.” mormora Oikawa dopo qualche istante, lo sguardo rivolto verso il soffitto fatiscente.
“Sono stato io a insistere.” confesso “Volevo assicurarmi che non ti facessero del male.”
Non so perché lo dico, forse nonostante tutto ci tengo a fargli sapere che ho ancora a cuore la sua vita e la sua incolumità.
“Sei sempre stato un ingenuo, Iwa-chan.” l’ombra di un sorriso passa per un istante sulle sue labbra ma si scioglie subito in una smorfia amara “Era una delle cose che più amavo di te.”
Amavo…
Il verbo al passato mi si pianta in mezzo al petto come una pugnalata.
Prendo un respiro profondo.
In realtà non potevo aspettarmi niente di diverso. Quando ho deciso di unirmi a Ushijima sapevo benissimo quali sarebbero state le conseguenze.
Deglutisco a fatica prima di rispondere.
“Se gli dai quello che vuole, mi ha giurato che non ti torcerà un capello. Sai che è innamorato di te, Tooru. E ti ripeto che Ushijima è un uomo d’onore, manterrà la promessa.”
“Certo. Devo solo consegnargli tutto quello per cui ho lottato e faticato nella mia vita. No, grazie. Preferisco morire che vedere il suo impero crescere a mie spese!”
“Il tuo stupido orgoglio ti porterà nella tomba, Tooru. Hai perso. Ammettilo. Dagli quello che vuole e rifatti una vita da un’altra parte. Tanto se lo prenderà in ogni caso.”
“Ho perso solo perché si è preso il mio uomo migliore, Hajime. Ma non avrà mai la mia resa. Non avrà mai la mia dignità.”
La mia mano si blocca con la spugna ancora sul suo zigomo e i miei occhi volano nei suoi.
Hajime.
Non mi ha mai chiamato per nome!
Sin da quando eravamo bambini, Tooru ha sempre e solo usato quello stupido nomignolo. Questa è la prima volta che usa il mio nome proprio e non capisco cosa voglia dire, ma mi suona nelle orecchie così strano, sbagliato, alieno.
“Ancora mi domando cosa ti abbia mai promesso, Iwa-chan, per portarti dalla sua parte.” aggiunge subito Tooru. La sua voce è improvvisamente bassa, roca, soffocata da un ringhio basso e vibrante che sta risalendo la sua gola.
“Ha trovato mia madre.” sbotto, trafiggendolo con uno sguardo duro e freddo.
E poi non riesco a trattenere la frase successiva, tutta l’amarezza che sgorga dal mio petto in un fiotto rabbioso.
“Quello che tu mi hai sempre promesso ma che non hai mai fatto.”
La comprensione si allarga negli occhi di Tooru, la bocca che si apre come per dire qualcosa ma poi si richiude un istante dopo. Abbassa lo sguardo, come perso nei suoi pensieri e non dice più una parola.
La spugna insanguinata mi cade dalle mani ma non faccio niente per raccoglierla.
Faccio un passo indietro e lo guardo ancora una volta, la sua espressione colpevole di cui non avevo certo bisogno, che nonostante tutto mi spezza il cuore per l’ennesima volta.
“Riflettici, Tooru.” mormoro con un filo di voce “Dagli quello che vuole. Ha già i codici di Kyotani e i suoi uomini stanno lavorando per decrittare i tuoi. Se glieli dai prima che li scopra da solo, puoi almeno avere salva la vita.”
Tooru non risponde, gli occhi sono ancora fissi alla pozza di umidità e sangue ai suoi piedi, mesti e spenti.
Mi allontano di un altro passo, anche se nel mio cuore vorrei sentire quello sguardo di cioccolato su di me, forse per l’ultima volta.
Ma Tooru non mi guarda.
La nostra chiacchierata è terminata.
Recupero pistola e giacca dal tavolo ed esco chiudendomi la porta alle spalle.
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Appoggio delicatamente la canna della pistola in mezzo alle sue scapole e Tooru si paralizza, trattiene il fiato ma non un brivido che vedo distintamente scorrere lungo la pelle della sua schiena nuda.
“Sei veramente spudorato a venire qui, Tooru.” sussurro accanto al suo orecchio e, questa volta, ho la presunzione di pensare che il brivido che scivola lungo la spina dorsale di Tooru sia di tutt’altro tipo.
“Intelligente, Iwa-chan, non spudorato. Chi altri mai penserebbe di cercarmi nella tua stanza?”
“Come fai a sapere che…” la domanda mi si incastra tra i denti alla vista delle due fotografie sul comodino, l’unico arredo personale nella camera disadorna. Tooru sa che non mi separo mai dalla grande cornice d’argento e, ancora una volta, il mio sguardo accarezza il ritratto in bianco e nero di una donna bellissima che sorride timida all’obiettivo. E, come sempre, dedico il secondo battito del mio cuore alla polaroid ingiallita infilata tra la cornice e il vetro, che ritrae due bambini in pantaloncini e maglietta accucciati nell’erba, troppo presi dal loro gioco per accorgersi che qualcuno li sta fotografando.
“Voltati lentamente e non fare scherzi.” mi impongo di riprendere il controllo del mio stesso treno di pensieri prima che deragli.
Tooru solleva i palmi delle mani e ruota piano su sé stesso, per appoggiare poi la schiena alla porta aperta dell’armadio.
“Dovresti dire al tuo capo di non mettere più di guardia insieme quel duo bislacco. Sono uno più stupido dell’altro, passano il tempo a battibeccare e non si accorgono di niente. Liberarmi è stato un gioco da ragazzi…”
Il sorriso di Tooru è contagioso e devo fare uno sforzo sovrumano per non sorridere a mia volta. E non solo per i neuroni specchio. È esattamente quello che ho pensato io la prima volta che ho visto il moro e il rosso uscire in missione insieme. Sono letali quando devono entrare in azione, ma vanno tenuti sotto stretta sorveglianza loro stessi quando devono attendere il segnale o fare la guardia a qualche prigioniero, come Tooru ha appena confermato.
“Ti sei fatto ancora più robusto in questi mesi, Iwa-chan. Mi va tutto largo…” aggiunge Tooru agitando una mia maglia con disinvoltura, come se stesse chiacchierando con un amico davanti a un caffè e non avesse invece una pistola puntata allo stomaco.
L’occhio scivola mio malgrado sul petto nudo di Tooru; il livido sul costato ha assunto una gamma di colori più tendente al verde e i graffi sono arrossati e gonfi. Ma a parte quello, il suo fisico è perfetto come sempre, i muscoli sono tonici e non eccessivi, la pelle candida e cremosa è solcata solo qua e là da alcune cicatrici di cui saprei raccontare la storia, avendone ricucito personalmente la maggior parte.
“Non ce la faresti mai a scappare da qui, Tooru” mi costringo a dire “nemmeno indossando i miei vestiti. Questo posto è una fortezza.”
“Scommettiamo?” Tooru sorride impudente e io devo davvero socchiudere le palpebre. Quel sorriso è letale, so che non devo lasciarmi ammaliare, ma cazzo se è difficile.
“Facciamo che se vinco la scommessa e riesco a scappare, tu tornerai da me. Che dici Iwa-chan, ci stai?” aggiunge Tooru ammiccando.
“Voltati.” lo strattono per un braccio ignorando la sua proposta e il battito doloroso del mio cuore, e lo costringo a voltarsi di nuovo.
Tiro i suoi polsi dietro la schiena e ci aggancio un paio di manette.
Mi sento meno vulnerabile, ora, senza quel sorriso a tentare di sciogliere la mia determinazione.
“Iwa-chan, non mi sembra il momento di fare i nostri soliti giochetti. Ho un’evasione da portare a termine…”
“La smetterai mai di fare l’idiota?” sbotto esasperato.
“Se mi consegnerai davvero a Ushijima, smetterò molto presto visto che sarò… beh, morto.”
Il suo tono è frivolo e giocoso ma riesco a sentire una vena di amarezza e rimpianto nella sua voce, un viticcio che striscia e si insinua dentro di me e mi si avviluppa attorno allo stomaco come un’edera velenosa, e che stringe, stringe, stringe sempre più forte.
Eppure, il suo silenzio quando gli ho detto che Ushijima ha trovato mia madre è stata la dolorosa conferma della malafede di Oikawa nei miei confronti. E non importa se io l’ho mollato di punto in bianco senza nemmeno dargli una spiegazione. Non è lui che deve sentirsi tradito, perché io sono stato ingannato, io ho creduto alle sue scuse, io sono stato vittima delle sue manipolazioni così da poter avere al suo servizio il miglior cecchino di sempre. È lui che ha tradito me, che ha fatto leva sulla nostra amicizia storica e sulla nostra relazione sentimentale, per avermi sempre completamente a sua disposizione.
E quindi non lo capisco proprio perché mi sento una merda, non capisco perché mi sembra di essere io quello dalla parte del torto. È lui che per anni mi ha ingannato, promettendo e promettendo senza mai mantenere.
“Iwa-chan, è tutto ok?”
Tooru approfitta della mia distrazione, si volta di nuovo e mi avvolge in uno dei suoi sguardi al miele, la testa leggermente inclinata e un accenno di sorriso sulle labbra martoriate.
“Sì. Tutto ok.” deglutisco “Sai che devo portarti da Ushijima, Tooru. Ma sei ancora in tempo…”
Perché per quanto mi senta tradito, ingannato, manipolato da lui, Tooru è sempre Tooru e io so che lo amerò per sempre.
“Va bene così, Iwa-chan. Non cambierò la mia decisione.”
Il tono di Oikawa è dolce e sommesso, per la prima volta sembra davvero rassegnato a quello che succederà.
“Ti chiedo però solo una cosa prima di portarmi da lui.” Tooru fa un mezzo passo avanti, il suo corpo ormai a un passo dal mio, e io non ho la forza di impedirlo. Deglutisco mentre il mio cuore accelera, e non so davvero se è per il timore che faccia uno dei suoi scherzetti per liberarsi, o il desiderio che lo faccia.
“Baciami Iwa-chan. Se devo morire per mano di Ushijima, voglio farlo col tuo sapore sulle labbra.”
Tooru non mi dà il tempo di rispondere, le sue labbra mi catturano e mi trascinano in un bacio intenso e disperato.
Ha le mani dietro la schiena, eppure la sua bocca si incastra alla perfezione sulla mia come ha sempre fatto. Tutto il suo peso è abbandonato contro di me in una ricerca disperata di contatto e posso sentire chiaramente l’erezione di Tooru che sfrega contro la mia mentre la sua bocca ancora mi divora.
E io mi lascio divorare.
Perché mi rendo conto che il mio corpo ha reagito a Tooru prima ancora della mia mente. La mia erezione subito risvegliata, la testa che si è inclinata per agevolare il contatto della sua bocca e le mie mani sul suo viso, a stringere il suo volto bellissimo in un gesto che sgorga così naturale e necessario come il bisogno di respirare.
Tutti i miei sensi sono rapiti dalla vicinanza di Tooru, il suo profumo, il suo calore. La mia bocca è invasa dal sapore di Tooru, e anche il sangue che esce dal suo labbro spaccato non è una novità per me, famigliare e rassicurante come i mille baci che ci siamo scambiati in una vita, durante le spericolate avventure da ragazzi e le missioni suicida da adulti.
È Tooru che si stacca dal bacio dopo un tempo infinito, io davvero non ne ho la forza.
La sua fronte crolla sulla mia spalla, il petto scosso da una serie di respiri tremanti che sono lo specchio dei miei.
Le mie mani scivolano automaticamente sulle sue spalle, sulle sue braccia, mentre cerco di respirare normalmente e recuperare ancora una volta lucidità.
Non sono pronto ad accompagnare l’uomo che amo verso il patibolo.
“Tooru…” mormoro il suo nome, mentre le mie mani scivolano sulla pelle nuda della sua schiena e come sempre si soffermano ad accarezzare una vecchia cicatrice che sporge più delle altre. Filo spinato, non posso dimenticarlo.
“Iwa-chan…” risponde Tooru mentre lentamente si lascia scivolare in ginocchio, la guancia che scorre lungo la mia camicia scura in una lenta carezza fino a raggiungere la fibbia della cintura. Tooru struscia il viso sul pantalone, uno sfioramento lento, a cui dà seguito segnando con i denti il profilo della mia erezione chiaramente visibile attraverso il tessuto pregiato.
Ed ora sono io che rabbrividisco, il mio corpo è avvolto da spire crepitanti di piacere. Mi rendo conto che sto davvero perdendo il controllo, ma va bene così.
“Iwa-chan, ho le mani legate…” Tooru piagnucola, il suo alito caldo che attraversa il tessuto del pantalone e la mia erezione sussulta “Non è che mi aiuteresti…?”
Oikawa solleva il volto e il suo sguardo è puro fuoco nella penombra.
Capisco che ho già perso.
Con mani tremanti slaccio velocemente cintura e pantaloni e libero la mia erezione esattamente davanti al volto di Tooru.
Tooru sorride e non perde altro tempo. Le sue labbra mi catturano, calde e morbide, scorrendo sulla lunghezza in un movimento collaudato e famigliare.
Gemo.
Gemo forte mentre le mie mani si infilano tra i riccioli crespi restituendomi ancora una volta la realizzazione di quanto sia sbagliato tutto ciò. È sbagliato che i capelli di Tooru siano arruffati e sporchi, che le sue mani siano ancora bloccate dalle manette dietro la schiena al posto di scivolare sulle mie cosce. È sbagliato che io mi senta in paradiso con la bocca di Tooru attorno al mio cazzo, quando vorrei solo continuare a odiarlo.
Perché vorrei davvero essere coerente, vorrei dimostrare anche con i fatti il mio rancore, la rabbia per avermi ingannato, per essersi approfittato dei miei sentimenti. Ma davvero, davvero non riesco a staccarmi dalle labbra di Tooru; perché in fondo sono un uomo forte, saldo, determinato per ogni singolo aspetto della mia vita.
Tranne che per quanto riguarda Tooru.
Chiudo gli occhi e getto indietro la testa dichiarando la mia resa, le mani che accompagnano il movimento sapiente della bocca di Tooru avanti e indietro, in quel ritmo rapido e inesorabile che Tooru conosce bene e che mi porta in pochi istanti sempre più in alto nella scalata verso il mio orgasmo.
Tooru accelera ancora il ritmo, i suoi mugugni soffocati che mi avvicinano sempre di più, mentre Tooru mi risucchia ancora più a fondo nella sua gola accompagnando il movimento con un gemito basso e vibrante che manda una scossa fino al centro del mio essere.
Le mie dita stringono tra i suoi capelli e lui accelera ancora di più, più forte, più a fondo, fino a che la diga crolla e mi riverso veloce e caldo nella sua gola con un ultimo basso grugnito.
Ansimo e tremo per un lungo minuto, prima che il mio cuore rallenti e io possa di nuovo aprire gli occhi.
E l’immagine che mi accoglie è quanto di più famigliare e devastante ci sia al mondo: gli occhi di Tooru, grandi e languidi, fissi nei miei, un sorriso caldo e malizioso sulle sue labbra ancora gonfie e lucide di umori, e il mio cuore che si sbriciola nel petto.
“Dio, Tooru…”
“Scopami Iwa-chan. Scopami come se non ci fosse un domani, perché… beh, in effetti, non c’è…”
I miei occhi si spalancano ma Tooru non aspetta che risponda, striscia le ginocchia fino al letto dove appoggia il torace, il viso ancora arrossato sul materasso rivolto verso di me, gli occhi pieni di aspettativa e di lussuria.
Le mie labbra sono sulla sua schiena in un istante, la lingua che percorre il sottile reticolo di cicatrici mentre le mie mani armeggiano con i suoi pantaloni facendoli scivolare verso il basso.
“Iwa…” geme Tooru mentre la mia lingua scende lungo la sua schiena e si insinua tra i suoi glutei, leccando e lambendo ogni centimetro di pelle.
Anche io so come farlo impazzire.
Ruoto la lingua un paio di volte e poi la spingo con forza al suo interno, la carne bollente che cede e finalmente mi accoglie dentro di sé.
Un gemito basso e vibrante si solleva dal petto di Tooru, le mani ancora aggrappate al metallo freddo delle manette in una presa disperata.
“Iwa-chan… fottimi così, non prendermi in giro.” piagnucola mentre i suoi fianchi spingono in un gesto istintivo verso il mio viso.
“Non voglio farti male.” mormoro sostituendo la lingua con un paio di dita e facendole scivolare lentamente avanti e indietro nello stretto calore del corpo di Tooru.
“Non mi importa. Fammi male. Fammi sentire vivo per l’ultima volta.”
So quanto Tooru ami essere melodrammatico in certe situazioni ma, per un istante, mi chiedo se sia davvero convinto che lo consegnerò a Ushijima, o se tutta questa pantomima sia proprio studiata per fare leva sul mio cuore (e sul mio cazzo).
Perché io stesso ancora non so cosa farò.
L’unica cosa che davvero so è che se non affondo subito in Tooru rischio di impazzire.
Prendo la mia erezione nel pugno e le do un paio di colpi lunghi prima di cominciare a spingermi dentro il suo calore.
La bocca di Oikawa si spalanca, il piacere e il dolore che risalgono la sua spina dorsale in un’unica onda potente che gli toglie il fiato, e io stesso devo ricordarmi di respirare mentre sprofondo lentamente ma inesorabilmente nel suo corpo meraviglioso.
È solo quando arrivo in fondo che Tooru riprende a respirare e comincia a gemere, un piagnucolio basso e vibrante che esce dalle sue labbra e che mi devasta i sensi, mi avviluppa insieme al suo odore così suo, mi ammalia con il suo viso angelico dipinto dai colori della lussuria. E le mie orecchie si nutrono dei suoi gemiti, i miei occhi bevono avidi l’immagine meravigliosa di Tooru che io stesso ho fatto a pezzi in tutti i modi possibili.
La mia lingua è subito sulla sua schiena, il suo sapore mi invade la bocca, salato e pungente, ma ancora non è abbastanza a sedare la mia fame, a placare la mia sete, a calmare il mio cuore avido e desideroso di avere tutto da lui, così come lui ha sempre avuto tutto di me.
“Fottimi Iwa-chan. Adesso.” mormora in un soffio, senza nemmeno aprire gli occhi, le lunghe ciglia intrise delle lacrime che non riescono a trattenere e che scorrono lungo la guancia fin sul materasso.
E io lo faccio, obbedisco, perché quando Tooru comanda io posso solo obbedire, spingere, prenderlo ancora, fotterlo forte e duro fino a fargli dimenticare chi è. Fino a dimenticare chi sono io.
Esco lentamente dal suo corpo, ma l’assenza e il bisogno mi spingono di nuovo dentro di lui in un affondo deciso.
“Sì!”
La voce di Tooru è roca e spezzata, e mi arriva dritta in mezzo al ventre facendomi perdere completamente il controllo. Scivolo ancora fuori dal suo calore e poi rientro, secco e brutale, e poi ancora, e ancora, stabilendo presto un ritmo animalesco e istintivo.
Il rumore della carne contro la carne è sovrastato solo dai gemiti di Tooru, il suo petto che rimbalza contro al materasso ad ogni spinta mentre calde lacrime scivolano fuori dai suoi occhi serrati.
“Dio, Hajime… Ti sento così in fondo…” le sue parole risultano spezzate dai gemiti e io stesso vengo spezzato da quel nome, il mio nome, usato da Tooru per la seconda volta in un modo completamente diverso, che mi destabilizza facendomi perdere il ritmo per un istante.
“Più forte, Iwa-chan! Sbattimi forte, non avere paura.”
E io lo accontento ancora una volta, riprendo a spingere, veloce e duro, lo schiocco dei miei fianchi sui glutei perfetti di Tooru suona come una frustata, e Tooru geme, piagnucola e geme ancora, il suo corpo si inarca nonostante le manette ed è con un uggiolio sottile che lo sento irrigidirsi nelle ultime spinte prima di stringersi attorno a me, per poi sciogliersi senza forze sul materasso.
Il suo corpo è scosso da respiri sibilanti e il sorriso che si allarga sul suo viso è divino e mi trascina di nuovo verso l’alto, verso il paradiso. O forse è l’inferno perché io sto bruciando. Sento il fuoco nel mio nucleo che si solidifica, si raggruppa alla base della mia spina dorsale avvolgendosi su sé stesso mentre diventa sempre più grande ad ogni spinta e inghiotte ogni altra sensazione.
Le mie mani si stringono attorno alla vita di Tooru alla ricerca di una presa ancora più salda mentre i fianchi sbattono nelle ultime spinte, il calore che mi consuma, il fuoco che mi annienta e poi mi fa risorgere dalle mie stesse ceneri in un piacere così sublime e devastante che mi lascia del tutto senza fiato.
Sono morto. Sono morto e non mi importa. Paradiso o inferno, qualunque cosa, se Tooru è con me.
Crollo sul corpo di Tooru sotto di me, il mio respiro ansante che si sincronizza con il suo, mentre cerco di calmare il battito furioso del mio cuore.
Scivolo lentamente fuori dal corpo di Tooru e in un istante mi sento perso, vuoto, l’abisso più profondo e nero che abbia mai provato in tutta la mia vita che mi chiama a sé.
La realtà è uno schiaffo in pieno volto.
Tooru mugugna e si muove piano. Apre e chiude le mani e realizzo che i suoi polsi sono ancora stretti nelle manette.
Armeggio con le chiavi per qualche istante, il tremore che ancora attraversa le mie braccia e le mie dita rendendomi difficile liberare finalmente i suoi polsi: mi trascino quindi sul letto portando con me il corpo di Tooru ancora senza forze. Lo avvolgo tra le braccia, lo tengo stretto a me, il suo viso sul petto e le mie mani che non riescono a smettere di accarezzare la sua schiena sudata.
“Iwa-chan… che scopata!” geme Tooru in un sospiro appagato dopo qualche minuto, le gambe intrecciate alle mie.
“Ora posso davvero morire felice…” pigola, mentre scorre con i polpastrelli i contorni del mio viso.
Il mio cuore sussulta e la stretta delle mie braccia si fa più salda, e forse è per quello che Tooru mi pone la domanda successiva in un sussurro senza fiato.
“Dimmi solo una cosa, Iwa-chan. Dove l’ha trovata?”
Resto in silenzio per un istante, la domanda di Tooru è quanto di più inaspettato ci possa essere. Tooru non smetterà mai di sorprendermi.
“In Argentina.” rispondo piano “Ha detto che andremo a prenderla non appena conclusa questa faccenda.”
Lo so che detto così sembra un po’ un ricatto, il fatto che Ushijima mi abbia chiesto di catturare e far parlare Tooru prima di andarla a prendere. E forse un po’ lo è. Ma non avevo scelta.
Il petto di Tooru si scioglie in un respiro tremante, un singhiozzo bloccato a metà che non vuole lasciare uscire. Le sue dita scivolano ancora piano sulla mia pelle, in quel triangolo sotto le clavicole lasciato scoperto dalla camicia aperta, un gesto che ha sempre fatto quando era particolarmente nervoso e che so che riesce a calmarlo.
“Mi dispiace, Iwa-chan. Quello è un vicolo cieco.” mormora infine.
“Che cazzo dici?”
“Non è lei.”
“Ma ho visto le foto…”
“Si trova a San Bernardo…?”
“Quindi tu lo sapevi?”
Scosto il viso per guardare Tooru negli occhi ma sono limpidi e sinceri. In tutti questi anni ho sempre saputo leggere le bugie di Tooru, e qui non ve n’è traccia.
“Avevo trovato anch’io una donna a San Bernardo. Sembrava davvero lei, le foto erano incredibilmente compatibili con la rielaborazione a computer che avevano fatto i miei analisti. Così sono andato là di persona. Ma Isabela Del Mar è davvero chi dice di essere. Ho visto i documenti, le foto da bambina e da ragazza, ho parlato coi suoi genitori e i suoi fratelli. Il bisnonno giapponese ha lasciato un’eredità forte nei suoi geni. Ma non è tua madre, Iwa-chan.”
Lo sconforto esplode in me come una mina su cui ho incautamente messo il piede, e nello stesso modo mi devasta frantumandomi in un milione di pezzi.
Non è lei…
“Perché non mi hai detto niente?” riesco a dire dopo qualche attimo.
“Non volevo crearti aspettative se poi si fosse rivelato tutto un buco nell’acqua, cosa che di fatto è stata. Mi dispiace, ora so che avrei dovuto dirtelo comunque.”
“Sì…” riesco a dire solo questo, mentre ancora cerco di mentalizzare che la donna nelle foto che Ushijima mi ha mostrato, non è mia madre.
“Mi dispiace.” mormora ancora, la sua mano appoggiata al centro del mio petto, e riesco a vedere il battito del mio stesso cuore attraverso la sua pelle.
Lentamente mi sgonfio, mi spengo, anche la mano con cui non avevo smesso di accarezzare la schiena di Tooru sin da quando ci siamo sdraiati sul letto, crolla abbandonata sul materasso.
Ho passato tre mesi d’inferno, ha tradito Tooru e tutto quello in cui credevo… per una bugia?
“Forse Ushijima non lo sa ancora, magari è in buona fede, Iwa-chan…” mormora Tooru, capace come sempre di seguire il treno dei miei pensieri.
Una risata bassa e mesta si solleva dal mio petto.
“Tu che difendi Ushijima? Il mondo è impazzito…”
“Ushiwaka è un uomo d’onore, lo hai detto tu.” mi fa il verso Tooru, prima di accoccolarsi meglio tra le mie braccia.
Non rispondo, non so cosa dire, non so più davvero cosa pensare. Tutta la mia esistenza è stata sconvolta, ed è solo colpa mia. Sono stato io a credere alle bugie di Ushijima, a dubitare di Tooru, a lasciarlo senza chiedergli prima una spiegazione.
Ed è per colpa mia se Tooru è stato catturato, torturato, il suo impero compromesso e sul punto di cadere tra le mani del suo peggior nemico.
È solo colpa mia.
E solo io posso rimettere a posto le cose.
Mi alzo di scatto dal letto e mi rivesto in fretta e furia prima di precipitarmi all’armadio rimasto ancora aperto.
“Mettiti questi!” ringhio lanciando a Tooru alcuni indumenti e cacciando il resto in un borsone.
Recupero alla svelta le due fotografie dal comodino e le infilo nella borsa, per poi prendere da un cassetto un paio di pistole e diverse munizioni.
Mi volto quindi verso Tooru che sta tirando il cappuccio della felpa sopra la testa.
“Grazie davvero, Iwa-chan. Non posso proprio vedermi con questi capelli…”
Alzo gli occhi al cielo, ma le mie labbra non riescono a trattenere un sorriso. Il primo sorriso che mi concedo da tre mesi a questa parte.
“Sei pronto?”
“Onestamente mi fa un po’ male il culo, Iwa-chan, ma posso farcela. E comunque, avevo già un mezzo piano di fuga, ma ora sono proprio curioso di vedere come pensi di tirarci fuori da questa fortezza…”
Infilo tra le sue mani una delle due pistole e lo guardo dritto negli occhi.
“Casablanca.” dico solo.
“Oddio! Casablanca, sì! Confesso che ci speravo…” Tooru quasi saltella per l’eccitazione.
“Tooru, un’ultima cosa. Mi dispiace. Davvero. Giuro che non dubiterò mai più di te.”
Lo so che le mie scuse sono deboli e patetiche e assolutamente insufficienti. Spero di potermi scusare come si deve più tardi, nella villa di Tooru, o in qualunque altro posto voglia andare.
Perché io lo seguirò fino in capo al mondo.
Ma ora la priorità è andarcene alla svelta da qui.
“Lo so, Iwa-chan. Lo so.” mi sorride, e lo leggo nei suoi occhi che ha capito e mi ha già perdonato. Non so se io stesso riuscirò mai a perdonarmi, comunque.
Ma non è questo il momento di autocommiserarmi.
“Tooru…”
Lo trascino in un bacio veloce e anche se vorrei solo tornare a fare l’amore con lui, so che dobbiamo muoverci. Mi stacco a forza dalle sue labbra e gli regalo un ultimo sguardo con cui spero di trasmettergli tutto l’amore che provo.
“Diamo fuoco alle polveri!”
❤¥❤