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Come nelle favole

Chapter 2: Perchè siamo due destini che si uniscono, stretti in un istante solo

Summary:

Il pacco era di medie dimensioni, incartato in una carta da regalo argentata e con un fiocco rosso in cima e, dopo averlo osservato per qualche secondo, Giovanni rialzò lo sguardo sul volto di Eva, osservandola con un’espressione sorpresa.
“E questo?” le domandò indicando il pacchetto.
“E’ per te”

Notes:

"Voglio farti un regalo
qualcosa di dolce qualcosa di raro
non un comune regalo
di quelli che hai perso o mai aperto
o lasciato in treno o mai accettato
di quelli che apri e poi piangi
che sei contenta e non fingi
e in questo giorno di metà settembre
ti dedicherò...
il regalo mio più grande"

Chapter Text

 

 

19 MARZO 17.30

 

Giovanni aprì la porta di casa e, come faceva ormai da due anni, lanciò le chiavi nella piccola ciotola di ceramica sistemata su un tavolino poco distante nell’ingresso.

Dopo aver richiuso dietro di sé la porta, si tolse le scarpe e la giacca di pelle, attaccandola ai ganci e notando solo in quel momento il cappotto di Eva.

“Eva!”

La sua voce attraversò il corridoio e giunse chiara nelle altre stanze della casa, riecheggiando nel silenzio.

Che strano… Eppure quella mattina aveva visto uscire sua moglie con quel cappotto.

Possibile che fosse tornata a casa soltanto per cambiarsi?

Cercando di non dare troppo peso a quel particolare, Giò fece il lungo corridoio che collegava l’ingresso alle altre stanze della casa e arrivò in cucina dove aprì la porta del frigorifero e bevve un lungo sorso d’acqua direttamente dalla bottiglia.

L’attimo dopo, sentì un rumore provenire dalla camera da letto prima che la porta che si aprisse su sua moglie.

Non appena vide comparire Eva nello specchio della porta, Giovanni sorrise.

“Ehi! Non pensavo di trovarti a casa” le disse rimettendo la bottiglia nel frigo e facendo un paio di passi verso di lei.

Eva sorrise a sua volta venendogli incontro finché non furono uno di fronte all’altra.

“Ho pensato di prendermi il pomeriggio libero. Dovevo fare alcuni acquisti…” rispose prima di alzarsi sulla punta dei piedi e alzare appena appena il mento nella muta richiesta di un bacio.

Giò le allontanò con la punta delle dita di una mano i capelli dal volto per poi chinarsi leggermente e far incontrare le loro labbra in un bacio a stampo che fu subito seguito da un bacio più lungo.

Eva sciolse il loro abbraccio e si allontanò un passo dal marito, sistemandosi con la schiena contro il mobile della cucina, continuando a tenere lo sguardo fisso sul suo volto.

“Per che ora devi essere al locale?” gli domandò, le braccia all’altezza del petto.

“Pensavo di fare una doccia veloce, mangiare qualcosa e andare al pub.

Credevo di non trovare nessuno a casa” ripeté.

Da quando Eva aveva iniziato a lavorare in ospedale, i suoi turni cambiavano ogni settimana ma, per evitare confusione o per non fare preoccupare Giovanni quando aveva il turno di notte, la donna ogni lunedì lasciava sempre un foglio con la griglia dettagliata dei suoi turni attaccata alla porta del frigorifero.

Eva alzò le spalle, rivolgendogli un piccolo sorriso.

“Sorpresa…”

“Se vuoi, puoi venire con me” le propose Giò.

La donna assunse un’aria pensierosa per qualche istante, un dito posato vicino all’angolo destro della bocca, prima di scuotere la testa.

“Preferisco spalmarmi sul divano con il mio amato plaid” rispose ironica.

Giò soffiò una risata.

“L’ho sempre saputo che ami quel plaid più di me…” commentò altrettanto ironico.

“E’ l’unico che mi tiene compagnia nelle sere fredde in cui tu non sei al locale” lo punzecchiò.

Annullando la distanza tra di loro, Giovanni si mise nuovamente di fronte alla donna, entrambe le mani sui fianchi di Eva e chinando la testa le posò un bacio sul collo.

“Non c’è niente che possa dire o fare per convincerti?” le domandò, le labbra contro la pelle della mascella.

Eva scosse nuovamente la testa, allacciando un braccio attorno alle spalle di Giovanni.

“Mi dispiace, ma il plaid ed il controllo del telecomando vincono a mani basse”

Giò sospirò e, dopo aver posato un ultimo bacio sulla guancia destra di Eva rialzò la testa per incontrare lo sguardo della moglie.

“In questo caso, vado a fare la doccia” annunciò prima di voltarle le spalle e fare il primo passo verso il corridoio.

“Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare?” chiese Eva.

“Magari, grazie. Ma niente di troppo pesante” rispose Giò, voltandosi per metà verso di lei.

L’attimo dopo, Giovanni si diresse in camera da letto per prendere un cambio d’abiti e successivamente andò in bagno.

Quando ritornò in cucina, quasi mezz’ora dopo, Giovanni vide che Eva aveva apparecchiato il piccolo tavolo quadrato soltanto per lui, sistemando oltre alle stoviglie un’insalata di tonno, cetrioli e pomodori.

Al suo arrivo, Eva sistemò la brocca d’acqua per poi sedersi attorno al tavolo.

“Mi fai mangiare da solo?” Giò domandò, una finta espressione triste sul volto.

“Al contrario di te, io non sono abituata a mangiare a questi orari assurdi.

Finirei per cenare di nuovo tra un paio d’ore” rispose Eva.

Giò non poté fare altro che concordare con lei.

Da quando aveva aperto il pub aveva preso l’abitudine di cenare molto presto, alle volte anche alle cinque e mezzo del pomeriggio, prima di andare al locale e passare lì la serata.

In fondo per Giovanni non era un grande sacrificio: i mesi passati in Irlanda gli erano stati utili sotto molti aspetti, partendo dalle faccende domestiche e aiutandolo a responsabilizzarsi, facendogli anche capire cosa volesse fare nella vita; e tra le cose che aveva “imparato” durante il suo soggiorno irlandese c’era anche il piacere di cenare molto presto in modo da godersi a pieno la serata.

Giò si sedette al proprio posto e si concentrò sul cibo, ascoltando il resoconto della giornata di Eva e ridendo più volte quando questa gli riportò una conversazione tra Sana e Silvia.

“…Avresti dovuto vedere l’espressione confusa sul volto di Silvia. Non so come ho fatto a non scoppiare a ridere” concluse.

“Quindi alla fine com’è finita?” le domandò quando Eva smise di parlare.

“Alla fine Sana ha accettato di prendersi cura di Duchessa e Romeo mentre Silvia e Luca saranno via per il fine settimana.

Ma allo stesso tempo Sana si è fatta promettere che quando avrà bisogno di un favore, qualunque esso sia, Silvia accetterà senza fare storie” rispose Eva con un sorriso divertito a distenderle le labbra.

“Eh brava Sana! Al suo posto probabilmente avrei fatto la stessa cosa” commentò Giò.

“Anche io. Ma so già che quando sarà il momento, Silvia si lamenterà perché “i patti non erano questi”.” commentò Eva.

 Giovanni annuì, riconoscendo nelle parole di sua moglie una perfetta descrizione della loro amica, prima di alzarsi in piedi e prendere il piatto vuoto nella mano sinistra per posarlo nel lavello.

Mentre era fermo accanto al lavandino, sentì un rumore alle sue spalle che non riuscì a identificare, e quando tornò a voltarsi verso la tavola, un oggetto inaspettato attirò subito la sua attenzione: un piccolo pacco regalo era sulla tavola proprio dove poco prima si trovava il suo piatto.

Il pacco era di medie dimensioni, incartato in una carta da regalo argentata e con un fiocco rosso in cima e, dopo averlo osservato per qualche secondo, Giovanni rialzò lo sguardo sul volto di Eva, osservandola con un’espressione sorpresa.

“E questo?” le domandò indicando il pacchetto.

“E’ per te” disse semplicemente Eva sorridendogli.

Giò sollevò entrambe le sopracciglia sorpreso.

“Per me?” ripeté lui ancora più stupito.

L’istante dopo, un brivido freddo gli attraversò la schiena.

“Non dirmi che mi sono dimenticato qualche anniversario…” le disse, gli occhi sbarrati.

Eva si affrettò a scuotere la testa e ad alzare un braccio verso di lui, invitandolo a sedersi.

“No, nessun anniversario…Sta tranquillo” lo rassicurò con un sorriso.

Leggermente più tranquillo, ma ancora confuso, Giovanni tornò a sedersi al proprio posto e mosse più volte lo sguardo da Eva al pacchetto sul tavolo.

“Allora questo che è?” domandò di nuovo.

Eva alzò gli occhi al cielo e sospirò.

“Perché invece di fare tante domande non lo apri?”

Giovanni la osservò guardingo per un altro istante prima di posare entrambe le mani sul pacchetto, avvicinandolo a sé e iniziando a scartarlo.

Una volta tolta la carta regalo ed il fiocco, Giovanni si trovò davanti una scatola nera di media grandezza su cui era stata sistemata una piccola busta bianca.

Aggrottando le sopracciglia, alzò lo sguardo su Eva e in risposta ricevette soltanto una nuova alzata di spalle.

“Fammi indovinare: c’è un'altra scatola qui dentro” le disse prendendola bonariamente in giro.

“Mamma mia quanto rompi! Se non ti piace posso sempre riprendermelo!” replicò Eva.

“Come faccio a sapere se mi piace o no? Non l’ho ancora aperto!”

“Ecco, allora perché non inizi a leggere il biglietto? Forse ti può dare un indizio…” gli consigliò Eva.

Giovanni premette le labbra una contro l’altra e annuì, prendendo la piccola busta bianca tra le dita della mano sinistra; aprì la bustina e tirò fuori il cartoncino bianco su cui erano scritte soltanto sei parole.

 

“Buon 19 Marzo!

Ti amo, Eva”

 

Giovanni aggrottò la fronte e rialzò lo sguardo sulla moglie, un’espressione interrogativa in volto.

“Che vuol dire?” le domandò.

Eva ridacchiò e si inumidì il labbro inferiore con la punta della lingua.

“Non ti viene in mente niente?” gli chiese a sua vita.

Giovanni scosse nuovamente la testa.

“Aspe… Hai detto che non si tratta di nessun anniversario, giusto?” le chiese nuovamente.

Eva scosse la testa.

Giovanni pensò velocemente a tutti i loro anniversari, scartando immediatamente la data del compleanno di Eva ma non trovò alcuna spiegazione alle parole scritte sul biglietto.

“Ok, non ci sto capendo niente…” ammise.

“Allora forse è arrivato il momento di aprire la scatola, non credi?” gli suggerì Eva, un sorriso divertito a distenderle le labbra.

“Ti stai divertendo, vero?” le chiese Giò.

“Da morire…Non vedo l’ora di vedere che faccia farai” ammise Eva.

Alla fine Giò posò nuovamente entrambe le mani sulla scatola, avvicinandola ancora di più a sé e l’attimo dopo la scoperchiò: all’interno vide una t-shirt.

Una t-shirt nera.

“Tutta ‘sta storia per una maglietta?” domandò rialzando lo sguardo su Eva.

“Tirala fuori Giò” lo esortò di nuovo Eva con voce calma.

Prendendo un respiro profondo, Giovanni prese la t-shirt con la mano sinistra spingendo la scatola lontano con la mano libera e finalmente si decise a dispiegare la maglietta tenendola davanti a sé.

Soltanto allora si rese conto della stampa sul davanti della t-shirt: una stampa bianca che consisteva in cinque parole e un piccolo disegno.

Giovanni lanciò una prima occhiata distratta al disegno ma quando il suo cervello collegò l’insieme di parole, l’uomo tornò a fissare la stampa e all’istante si irrigidì travolto da un’emozione inaspettata.

I suoi occhi fissarono per un lungo, interminabile istante la t-shirt fissandosi sul disegno dei piccoli piedini sistemato accanto alle parole.

Possibile? Eva non gli farebbe mai uno scherzo del genere… Ma veramente?

Giò continuò a fissare imbambolato quelle parole finché la sua vista si offuscò e la voce cauta di Eva giunse alle sue orecchie.

“Giò…”

L’uomo si riscosse e abbassò la maglietta che ancora stringeva tra le mani per incontrare lo sguardo della moglie, battendo più volte le palpebre sentendo le ciglia umide contro le guance.

“Ma…Ma è vero?” domandò con voce inspiegabilmente roca.

Eva gli sorrise e annuì, alzandosi in piedi e raggiungendolo per sistemarsi accanto a lui.

Chinandosi leggermente verso Giovanni, Eva gli posò un bacio dolce sulla guancia destra.

“Buona festa del papà amore mio” mormorò contro la pelle della sua guancia.

Ancora frastornato, Giovanni si ritrovò a sorridere, abbassando le braccia e lasciando cadere la t-shirt sul tavolo.

Ecco svelato il mistero!

Sia lui sia suo fratello Jacopo non si erano mai ricordati quella festa, avevano sempre avuto bisogno del suggerimento della madre perchè facessero gli auguri al padre.

“Ma quando…” domandò ancora frastornato

Eva fece scivolare una mano dalla spalla lungo il braccio destro fino a intrecciare le dita a quelle di Giò.

“Ti ricordi la festa di Carnevale a casa di Elia e Filippo?” gli domandò.

Giovanni annuì e dopo qualche secondo fece un nuovo lento cenno d’assenso.

La festa di Carnevale di sei settimane fa.

Come al solito, Filippo aveva voluto fare le cose in grande e quella che inizialmente era stata descritta come una festa per pochi intimi si era trasformata velocemente in una festa da fare invidia ai migliori party hollywoodiani.

Quando quella sera Giovanni ed Eva erano tornati a casa, leggermente ubriachi, avevano deciso di continuare i festeggiamenti.

Giovanni considerava quella festa e soprattutto quello che era successo in seguito una delle serate più belle della sua vita e ora l’annuncio di Eva la rendeva indimenticabile.

Tornando al presente, Giovanni rialzò lo sguardo per incontrare quello di Eva e la fissò per qualche istante in silenzio.

“Avremo un bambino…” mormorò.

Si stupì quando sentì la propria voce rotta dall’emozione, ma il sorriso e lo sguardo commosso di Eva gli dettero il colpo di grazia riempiendogli gli occhi di lacrime.

“Avremo un bambino…” disse Eva.

Incapace di frenare la propria commozione, Giò attirò la moglie a sé facendola sedere sulle proprie ginocchia allacciando un braccio attorno alla sua vita e avvicinando il viso a quello di Eva per posare una ridda di baci rumorosi sul volto della donna fino ad arrivare alle sue labbra.

Dal canto suo, Eva strinse un braccio attorno alle spalle di Giò e ridacchiò sotto le attenzioni del marito, prima di rispondere con passione al bacio, dischiudendo le labbra e lasciando che Giò insinuasse la lingua nella sua bocca.

Quando le loro labbra si separarono, Giovanni posò la fronte contro quella di Eva e sospirò mentre la sua mano sinistra scivolava fino a raggiungere il ventre della donna accarezzandolo sopra il tessuto della camicetta.

L’attimo dopo lo sguardo di Giovanni si posò sulla t-shirt abbandonata sul tavolo e l’uomo sorrise felice.

“Da quanto lo sai?” le domandò curioso.

“Soltanto da una settimana. Non mi ero accorta di niente” Eva confessò sincera. “Se non fosse stato per la nausea ogni volta che sentivo odore di caffè, avrei continuato a pensare fosse tutta colpa dello stress” aggiunse.

Giovanni annuì.

“Chi altro lo sa?” le domandò.

“Nessuno, volevo fossi il primo a saperlo.

Ma credo che Sana abbia qualche sospetto” rispose.

“Te pareva…” rise Giovanni prima di posare un bacio tra i capelli ramati della donna.

Eva sorrise e si sistemò nell’incavo tra la spalla ed il collo dell’uomo respirando profondamente l’odore del suo dopobarba.

“Non vedo l’ora di vedere che faccia farà Martino…” mormorò Giò l’attimo dopo.

La risata di Eva lo contagiò, facendolo ridere a sua volta, mentre una mano le accarezzava la schiena tracciando disegni astratti.

“Io direi di aspettare finché non sapremo se è maschio o femmina…” propose Eva.

“Sei veramente diabolica!” commentò Giò ridendo. “Ma sapendo quanto è permaloso va a finire che non ci rivolge più la parola fino a quando non nasce il bambino” aggiunse.

Eva si lasciò scappare un mugugno d’assenso.

“Forse hai ragione…”

I due restarono in silenzio per qualche istante, cullandosi nel loro abbraccio e nella nuova consapevolezza che di lì a sette mesi sarebbero diventati una famiglia, prima che Giovanni sospirasse nuovamente.

“Adesso mi è passata la voglia di andare al locale…” commentò prima di posare un nuovo bacio sui capelli di Eva.

Eva sollevò la testa dalla sua spalla per incontrare lo sguardo del marito e accennando un sorriso gli posò un bacio sulle labbra.

“Va al lavoro, sfaticato. Avrai tutto il tempo per restare a casa con me ed il bambino” gli disse prima di alzarsi in piedi.

Giovanni annuì e si strofinò il volto con entrambe le mani cercando di ritrovare la calma necessaria per affrontare una lunga serata al pub.

I suoi occhi tornarono nuovamente alla t-shirt ancora sul tavolo e, l’attimo dopo, la strinse con le dita della mano destra.

Seguendo l’istinto si sfilò il maglione e indossò la t-shirt nera, per poi cercare lo sguardo di Eva.

“Come sto?” le chiese alzandosi in piedi perché la donna potesse ammirarlo a pieno.

Eva premette le labbra una contro l’altra per trattenere un sorriso.

“Meh…” rispose.

“Sapevo di poter contare su una buona parola da parte tua.

Speriamo che questo bambino riprenda tutto da me, almeno siamo sicuri che sarà stupendo” commentò ironico prima di infilare nuovamente il maglione.

“Speriamo riprenda soprattutto la tua modestia Garau!” ribatté prontamente Eva.

Giovanni rise e lanciò uno sguardo alla moglie.

Alla fine non aveva nessun’importanza da chi avrebbe ripreso il loro bambino: se avrebbe avuto i suoi occhi azzurri o gli stupendi capelli rossi di Eva, se avesse avuto i suoi ricci o le lentiggini come sua madre.

Giovanni era assolutamente certo fin da ora che avrebbe amato quel bambino alla follia perché non avrebbe potuto fare altrimenti.

Soltanto perché rappresentava la prova dell’amore che da sempre lo univa ad Eva.

Aveva appena saputo della sua esistenza e già non vedeva l’ora di conoscerlo…

Giovanni si passò una mano tra i corti capelli castani mentre una consapevolezza si faceva strada nella sua mente: quei sette mesi sarebbero stati i più lunghi della sua vita.

Proprio come l’attesa per l’arrivo del nuovo anno, da quel momento sarebbe partito il countdown che avrebbe scandito i prossimi mesi della sua vita, gli ultimi mesi che lo speravano da una nuovo capitolo… da un nuovo Giovanni Garau.

Giovanni accennò un sorriso e prese un respiro profondo.

Che il countdown abbia inizio…

 

 

 

 

 

 

 

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Notes:

Hello again!
Volevo aggiungere una piccola postilla, ispirandomi alle parole di MajorAccent, scrittrice nel fandom di WTFock.
SUPPORT YOUR LOCAL WRITER!
Il nostro fandom è relativamente piccolo, rispetto a quello di Harry Potter o di Call me by your name, e nonostante io adori vedere aumentare il numero dei kudos o delle visualizzazioni niente batte la notifica "hai ricevuto un commento".
Forse alcuni di voi possono capirmi...😅
Io stessa cerco sempre di lasciare un commento a tutte le storie che leggo, proprio perché sono convinta che gli scrittori vanno motivati, che la loro creatività vada premiata..
Non c'è bisogno di molto, anche un ❤ è sufficiente per farmi capire che avete apprezzato la mia storia e io prometto solennemente che risponderò ad ognuno di voi.
Noi scrittori siamo come Campanellino, abbiamo bisogno di conferme per continuare a credere in noi stessi, specialmente quando la nostra musa latita 😉😊
Sia chiaro: questa non è assolutamente una critica! E' soltanto un modo per supportarci a vicenda e far si che questo fandom cresca e diventi grande quanto e più di tanti altri.

Love always, Eva💕