Work Text:
Alcuni giorni si sente come una persona normale.
(Normale. Il fatto che il suo concetto di normalità, ormai, sia completamente sballato è un altro discorso, ma la routine prove-palco-studio lo tranquillizza. È sfiancante, ma non gli permette di pensare. E se non ha tempo per pensare, allora può essere come tutti gli altri. Più o meno. Come tutti gli altri idol, ecco. Può essere come gli altri idol. Quelli normali).
Ieri era stato uno di quei giorni. Normale. Si era svegliato alle cinque. Normale. (Troppo presto). Aveva fatto colazione. (Ma non troppo, quel tanto che bastava per non svenire, che poi sarebbe dovuto andare davanti a una telecamera e quelle aggiungevano sempre dei chili, sempre, e non poteva permettersi di sembrare più grasso di quello che era, non se lo poteva ancora permettere). E poi in macchina, agli studi televisivi, e il trucco i capelli i vestiti e le prove. Aveva fatto le prove. Una- no, due volte, perché nella prima Tae era inciampato. Normale. Aveva dormito, dopo. (Venti minuti, strappati a forza solo perché la sensazione di stare per crollare a terra esausto non se n’era andata. Venti minuti. Solo per chiudere gli occhi). Di nuovo trucco capelli vestiti. Registrazione ok. Normale. (Avrebbe potuto fare di più. Forse erano stati quei venti minuti di riposo a rallentarlo, forse avrebbe dovuto evitarli, ma non ce l’aveva fatta, non era riuscito a essere più forte della stanchezza). Erano tornati a casa, aveva mangiato. Normale. (Mangiato sul serio, questa volta). Si era infilato in doccia per terzo, battendo Hobi hyung e Seokjin hyung e-
Aveva tirato un sospiro di sollievo.
La fronte appoggiata alle mattonelle del bagno, gli occhi chiusi, poteva prendersi cinque minuti in più. Non troppi, che gli altri stavano ancora aspettando, solo cinque minuti.
Era esausto, ma era normale. Cercava sempre di percorrere quella strada. Quella linea di pensieri era sicura. Normale. Era rassicurante. Di certo non era l’unico idol ad arrivare a fine giornata con la voglia di morire a letto. Non aveva nessun problema con quello, era normale.
Quando era uscito dal bagno, si era infilato in camera trascinando i piedi, aveva guardato un po’ Tae e Kookie uccidersi a vicenda nella loro nuova ossessione del momento e-
(“Vuoi giocare tu?”, aveva chiesto Tae, girandosi da dov’era seduto per terra per guardarlo sdraiarsi a letto.
“No, non ne ho voglia. Tanto poi contro Kookie perdo comunque.”
Kookie aveva ridacchiato, Tae aveva fatto una mezza smorfia prima di riprendere il controller. Lui si era infilato le braccia sotto alla testa e aveva sorriso).
- si era addormentato così.
Alcune volte si sentiva una persona normale. Dei giorni andava bene.
Oggi non è uno di quei giorni.
Un giorno off vuol dire più tempo. Minimo, perché doveva andare a provare in studio, prima da solo e poi con Hobi hyung e le prove con lui finivano sempre troppo tardi, sempre di notte, sempre quando avrebbero dovuto essere già a letto e invece no, ancora una volta hyung, ancora una, e alla fine riuscivano a sgattaiolare oltre la porta dell’appartamento, piano piano per non svegliare nessuno, solo alle tre di notte.
Gli piaceva ballare con hyung, era una delle sue cose preferite, ma da soli e senza un obiettivo, solo per il gusto di testare fino a che punto potevano spingere il loro corpo, fino a che punto poteva piegarlo sotto il proprio volere, voleva dire anche secondi e minuti di parole. E no, non aveva voglia di parlare in quel periodo.
(E poi ogni volta che era da solo con Hobi hyung la sua mente tornava a-
Beh, no. Non aveva voglia di parlarne).
“Tutto ok?”
Jimin si asciuga la fronte e annuisce, e spinge fuori il sorriso più sincero che possa fingere con le sue scarse capacità attoriali. Hoseok lo guarda, un sopracciglio alzato, e Jimin si distende nuovamente a terra, fissando il soffitto.
Non vuole avere del tempo, non vuole pensare e, soprattutto, non vuole parlare.
Vuole essere un idol che lavora lavora e lavora, troppo stanco per fare altro.
Vuole essere normale.
(Che stronzata).
“Fingi talmente male che è quasi divertente, giuro.”
Jimin sbuffa e chiude gli occhi. “Non ho voglia di parlarne.”
“Questo l’avevo intuito,” c’è una nota strana nella sua voce. Forse è dispiaciuto e in un altro momento Jimin si sarebbe sincerato di non averlo offeso, o almeno si sarebbe girato a guardarlo, ma - “È da un po’ che sei strano, Jiminie, e non voglio-“
“Va tutto bene,” bugiardo. “Sul serio,” aggiunge un attimo dopo. Per convincersi. Perché non è possibile che abbia convinto Hobi hyung con quello. Aveva sempre un fiuto troppo sviluppato per la tristezza, Hoseok. L’attira a sé – la fa sua – e l’annienta.
Forse è per quello che si era ritrovato a orbitare fin da subito attorno a-
“Ok, ok. Non vuoi parlarne con me,” e la sua risata non ha nulla di felice, ma non può dargli torto. Probabilmente lo sta veramente offendendo, ed è l’ultima cosa che vorrebbe fare. Quando starà un po’ meglio si scuserà sul serio. “Ma almeno parla con Taetae? O con qualcun altro, chi vuoi tu. Però parla, ok?”
Jimin non risponde. Emette un mezzo suono indistinto che spera sia abbastanza e a quanto pare la risposta è sì, perché un attimo dopo Hoseok lo sta trascinando di nuovo in piedi.
“Che vuoi fare? Riprendiamo o torniamo a casa?”
Jimin lancia un’occhiata nell’angolo. È mezzanotte e quaranta. Dovrebbero andare a dormire.
“Rifacciamo l’ultima? C’è un passaggio che voglio provare a cambiare”.
(Una coreografia è malleabile, si piega sotto il suo volere. E può cambiarla domarla farla propria distruggerla e ricostruirla. Gli piace ballare, perché non ha bisogno di parole. Può stare zitto.
Gli piace ballare, perché riesce a cambiarsi domarsi farsi proprio distruggersi e-
Sospira.
Si ricostruisce. Tutto si ricostruisce).
Non vuole parlarne con Tae. Non ancora. E in realtà Hobi hyung sarebbe la persona più adatta, ma-
“Te l’ha detto Hobi hyung di venire da me?”
Sa che non sta usando un tono appropriato, ma ormai in quei giorni ci ha fatto l’abitudine. Quando la sua testa funzionerà di nuovo come si deve, farà delle scuse collettive a tutti.
Scusate se non sono normale, ci sto provando.
“No. Perché?”
Se fosse stato un altro, non gli avrebbe creduto, ma Yoongi hyung è pessimo nel mentire.
Quasi peggio di lui.
Jimin scuote la testa, ma non dice nulla. Non sa cosa rispondergli.
(Non ci sarebbe nulla di strano se Hoseok gli avesse chiesto di andare da lui. Non ci sarebbe nulla di strano se Yoongi fosse lì per quello, perché gliel’ha chiesto Hobi. Sempre così malleabile e compiacente nei confronti dell’altro).
Yoongi comunque non aspetta una risposta. Si siede accanto a lui con un piccolo tonfo. “Non mi serve Hobi per vedere che c’è qualcosa che non va.”
“Non c’è niente che non va.”
(Bugiardo).
Se solo ci credesse un po’ di più, forse, risulterebbe anche sincero.
“Stronzate,” borbotta Yoongi, prima di tirare le gambe sul divano e rannicchiarsi nell’angolo. “Non mi hai quasi più parlato da-“
“Non c’entra niente,” lo interrompe.
Quasi. Forse un po’ c’entra, ma Jimin non è ancora pronto a capire quanto. Non ne vuole parlare.
Yoongi non commenta, si limita a guardarlo privo di espressione e Jimin vorrebbe essere come lui, a volte, vorrebbe essere capace di non far trasparire niente, capace di tenersi tutto dentro e andare avanti come se nulla fosse.
(Non è vero. Jimin è il primo ad ammetterlo. Non è vero che non traspare nulla non è vero che se ne frega non è vero che nulla lo sfiora. E Jimin, Jimin lo sa perfettamente, perché troppe volte ha visto Yoongi soffrire piegato da qualcosa di cui non riusciva a parlare. Niente è mai come appare.
Jimin è un maestro in quest’arte).
Alla fine scrolla le spalle, distogliendo lo sguardo e allungandosi per afferrare il telecomando. “Secondo me invece c’entra, solo che non ti va di parlarne,” non lo guarda. Accende la televisione su un programma a caso e Jimin vorrebbe che il rumore fosse abbastanza per coprire cancellare eliminare quella conversazione, ma a quanto pare hyung ha beccato una sorta di documentario e- “E va bene. Non è che io stia proprio morendo dalla voglia di discuterne. Solo che se stai così forse prima o poi dovresti tirarla fuori.”
Jimin serra i denti così forte che per un momento teme di farsi veramente male. Non sa cosa rispondere non vuole rispondere non vuole pensarci. Si sente il viso in fiamme. Vuole essere normale, vuole essere capace di non mostrare nulla.
È una risposta stupida. E sta zitto.
“Non è per quello che sto così,” mormora piano. Yoongi lo sente comunque, ne è sicuro. “Non per quello che pensi tu, almeno…”
Il rumore della televisione non è abbastanza. Yoongi non parla e Jimin si morde la lingua perché vorrebbe non aver detto niente, forse sarebbe stato meglio, forse-
“Ok. Ma quando avrai voglia di parlare del perché quello non ti fa stare così, fammi un fischio. O a qualcun altro. Fai come vuoi”.
Jimin annuisce. Sullo schermo, un uccello di cui ignora completamente il nome, è immobile sul ramo di un albero, in attesa. Un istante dopo, ha spalancato le ali per fiondarsi nel ruscello accanto e catturare al volo un pesce. L’ironia. Jimin si sente esattamente così. In acqua, ignaro di essere in attesa di qualcosa che lo divori completamente.
Non se n’era accorto da solo. Ma d’altra parte all’epoca era veramente un idiota. Un idiota con la speranza costante di poter aiutare gli altri sempre e comunque, ma non per questo abbastanza forte per poterlo veramente fare. L’aveva imparato col tempo. Di tuo ci puoi mettere l’impegno, ma non sempre corrisponde al successo.
Per quanto cercasse di stare il più attento possibile agli altri, quello era successo solo perché Hobi hyung gliel’aveva confessato un pomeriggio, mentre la musica ancora si diffondeva piano nello studio e loro due erano troppo stanchi per muoversi dal pavimento su cui erano crollati dopo l’ennesima prova.
Non aveva mai visto niente. Neppure immaginato. Era un idiota.
(Un bambino che cercava approvazione. Solo poco più di un bambino spaventato).
Ne era rimasto sconvolto. E imbarazzato dalla sua stessa incapacità di capire veramente cos’era successo senza che lui se ne accorgesse. Non ci aveva neppure mai pensato, in realtà. A Pusan… non aveva mai incontrato qualcuno così.
(Così. Si sentiva un vero idiota quando ci ripensava. Così… così gay. Era solo una parola. Era solo una parola e non riusciva neppure a pensarla).
Quindi boh, sì, idealmente poteva comprenderlo, che ci fosse qualcuno così, ma-
“Io e Yoongi hyung… stiamo più o meno insieme, tipo…”
Jimin aveva riso. Hoseok aveva stirato le labbra in quello che non sarebbe mai stato scambiato per un sorriso. Jimin aveva smesso di ridere.
Oh.
“Tipo?” quella voce che ogni tanto si alzava senza il suo permesso, che ogni tanto si strozzava in gola. La odiava.
“Cioè, sì, stiamo insieme. Ma immagino che non sia… boh, comune. E… non so. Stiamo insieme. Nel senso a cui stai pensando, ma senza quelle cose che fanno tutti, perché, beh. Siamo idol, no?”
Che cosa fanno tutti? Che stai dicendo hyung?
Jimin l’aveva guardato. Aveva richiuso la bocca e provato ad annuire.
“È strano?” Hobi hyung aveva sempre sempre avuto quel fiuto per andare a colpire dove non avrebbe dovuto. Sempre lì, dove c’era uno spiraglio – una ferita – già aperta.
“No!” aveva esclamato troppo velocemente.
“No?” Hoseok aveva alzato un sopracciglio, quasi divertito.
“Cioè, sì,” un sospiro. Jimin aveva distolto lo sguardo per concentrarsi sulla punta delle scarpe. Avrebbe dovuto pulirle, stavano diventando nere. “Non lo so.”
Che vuol dire che state insieme? Siete due ragazzi e abbiamo debuttato da neanche tre mesi e siamo sempre stanchi morti e viviamo insieme e non me ne sono mai accorto. Che vuol dire che state insieme?
“So che è un po’… difficile da capire? Immagino?”
“So che vuol dire quando due stanno insieme…”
Hoseok era scoppiato a ridere. Jimin continuava a pensare che avrebbe dovuto veramente pulire quelle scarpe, lo stavano irritando. “Non intendevo quello. Ma di solito sono un ragazzo e una ragazza? Non so, tipo così. Nessuno si sconvolge se un uomo o una donna stanno insieme. È uno scandalo solo se sono due idol, chissà poi perché…” di nuovo una risata.
“Che cosa fanno tutti?” aveva chiesto. Aveva sussurrato.
Magari non avrebbe sentito. Magari non avrebbe risposto.
“Uh?”
“Prima. Hai detto che… state insieme ma senza le cose che fanno tutti.”
“Ah,” aveva sospirato. Il cuore di Jimin stava battendo all’impazzata. E neppure riusciva a sollevare lo sguardo dalle sue scarpe. Un completo idiota. “Beh… non so, tipo andare fuori a mangiare o da qualche parte insieme? Appuntamenti, o cose così. Le cose normali, ecco. Ma non possiamo.”
“Non vi siete mai neppure baciati?”
Hoseok era scoppiato di nuovo a ridere. Jimin si era girato a guardarlo, questa volta. “Adesso non esageriamo,” aveva ridacchiato facendogli un occhiolino, e Jimin si era sentito avvampare, prima di distogliere di nuovo lo sguardo.
Non era che lui non avesse mai baciato nessuno. A Pusan, un paio di anni prima, ormai, aveva avuto una ragazza. E con un altro paio, beh, qualcosa aveva comunque fatto. Quindi sapeva come funzionava, ma-
Lui non era così. Il modo in cui Hoseok parlava di tutto quello, il modo in cui aveva sempre parlato, beh, di ragazze, era diverso. C’era un solo anno, tra di loro, ma quando veniva fuori quell’argomento Jimin aveva sempre sentito tutta la differenza.
(“Hyung! Quante esperienze hai avuto?”
La vita da trainee era stata anche quello. L’imbarazzo nel trovarsi alla sera insieme ai ragazzi più grandi, la possibilità di bere le loro birre. La necessità materiale di adattarsi al gruppo. Solo cinque mesi al debutto.
“Taetae, ma che domanda è?” la risata di Hoseok e poi, a seguire, quella degli altri. Namjoon si era nascosto dietro a una mano, Yoongi aveva sorriso prima di bere un altro sorso della propria birra. “Meno di quanto pensi, comunque. Sono un bravo ragazzo! Dovresti chiedere a Yoongi hyung, piuttosto, che chissà quante ne ha da raccontare-“
Yoongi gli aveva tirato un calcio contro il ginocchio, “Idiota”.
“- o Namjoon! Joonie raccontagli di quella con i capelli rossi, ti prego, devono sapere anche i bambini-“
“Coglione,” aveva borbottato Namjoon, prima di scoppiare a ridere, troppo euforico dall’alcool per curarsene veramente.
Jimin aveva abbassato lo sguardo, prima di osservare Jungkook accanto a lui, gli occhi quasi sbarrati e un’espressione comica sul viso. Erano veramente dei bambini.
Jimin si era chiesto se Jungkook avesse mai baciato qualcuno. Quella ragazza, quella con cui era stato un annetto prima, doveva averla almeno baciata, doveva aver almeno-).
“A che stai pensando?”
Jimin aveva scosso la testa. Per quanto cercasse di non darlo a vedere, per quanto fosse bravo a mascherarlo, Hobi hyung non era così forte come appariva. Non era così indistruttibile. Così leggero nel muoversi e nel pensare. Privo di problemi.
Non riusciva a immaginare a cos’avesse pensato prima di parlargli. Chissà se Yoongi hyung l’aveva raccontato agli altri? Chissà se Hobi hyung stava parlando con lui perché… boh. Era più facile? Era quello che faceva meno domande?
Era quello più stupido?
“Perché me l’hai detto? Di te e hyung, intendo”
“… perché siamo amici? Perché è giusto che lo sappiate. E volevo… non volevo che qualcuno lo scoprisse in altro modo. Mi spiace se ti sto confondendo. Se può farti stare meglio, ti assicuro che siamo bravi a essere discreti. Non… non sei obbligato a pensarci o, non so, ad avercelo sempre sotto gli occhi. Non cambierà nulla,” Jimin l’aveva visto sorridere con la coda dell’occhio, “E prometto che non ti guarderò il culo! Giuro!”
Hoseok era scoppiato a ridere e anche Jimin si era concesso una mezza risata.
Non cambierà nulla, aveva detto.
Avevano debuttato da neppure tre mesi.
E otto mesi prima Jimin si era ritrovato ad ascoltare i racconti fin troppo dettagliati di Hobi hyung a letto con delle ragazze.
Non aveva idea di cosa volesse dire. Era già cambiato tutto.
Basta un leggero colpo sulla spalla di Tae per farlo scostare dal bordo del letto e dargli la possibilità di infilarsi sotto le coperte, accanto a lui.
“Hai bevuto?” biascica Taehyung con la bocca impastata dal sonno.
“Non abbastanza.”
Taehyung annuisce, prima di alzare un braccio e avvolgerlo attorno alla vita di Jimin, stringendolo abbastanza da fargli capire che non importa quanto sia addormentato, Tae ha sempre un sesto senso per lui, per avvertire quando ha bisogno della sua presenza. È rassicurante, avere Taehyung accanto.
Jimin stringe forte tra le sue dita la mano dell’altro e chiude gli occhi. Non riuscirà a dormire. Si sente sfinito, ma nella sua mente ci sono solo parole parole parole mischiate, prive di significato perché lui, un significato, ancora non vuole darglielo.
Ci sono delle volte in cui vorrebbe essere come Moonie hyung. Vorrebbe saper dire la cosa giusta al momento giusto. Vorrebbe saper usare le parole come armi.
Ma non è Namjoon, è solo Jimin. E non ha mai imparato veramente a difendersi e quindi rimane lì, con gli occhi sbarrati, e quelle parole parole parole che gli girano in testa e da cui non sa nascondersi, incapace di scappare.
Taehyung gli stringe il fianco. “Dormi,” muove la bocca lentamente contro il cuscino, un suono appena sussurrato nel silenzio della camera.
Per dormire dovrebbe prima mettere a tacere la sua testa.
Tae, nel caso non fossi veramente normale, nel caso ci sia qualcosa di sbagliato in me… mi abbracceresti comunque così?
Cambierebbe tutto di nuovo?
Jimin si sforza di chiudere gli occhi.
Si addormenta quando l’orologio appeso al muro segna le 4.23.
Ci ha messo quasi un anno prima di sorprenderli a baciarsi.
Un anno. Un’enormità di tempo. Jimin non ha mai pensato a quanto tempo fosse veramente, a quanti secondi, minuti, giorni, mesi fossero passati da quando niente era cambiato. Proprio come aveva detto Hobi hyung.
Tanto che quasi Jimin se n’era dimenticato.
(Non sul serio. Ma non ne aveva quasi più parlato. E loro due, boh, loro due stavano più o meno insieme, ipotizzava. Ma era qualcosa di lontano. Stavano insieme, forse quando Jimin non guardava, forse quando avevano una pausa.
Cioè mai.
Forse –
Forse alla fine non stavano più insieme.
Forse era stato solo uno scherzo).
E invece.
(Invece erano innamorati. Innamorati, merda. E lui aveva relegato quella cosa, quella confessione di Hobi hyung in un angolo della propria mente, perché se non lo vedeva, se non era davanti a lui allora poteva passarci sopra.
Perché era più facile fare finta che qualcosa così non potesse esistere nel cerchio attorno a lui.
E che schifo, si faceva schifo ad averlo pensato, ad aver pensato a qualcosa di così brutto, perché non erano loro, non erano mai stati loro il problema, non era quello il punto, il punto era che-
Il proprio cerchio era già pesantemente abitato, no? Parole parole parole. Tutte lì, attorno a lui).
Ci era voluto un anno e le 3.57 del mattino, e la necessità di andare in bagno. Era uscito dalla camera piano, senza far rumore, senza accendere le luci.
Non se n’era accorto, dei letti vuoti di Hobi hyung e Yoongi hyung.
Era uscito dalla stanza, a piedi nudi, appoggiandosi a una parete per seguirla fino a quando non-
In cucina la luce era accesa.
Era rimasto fermo all’angolo del corridoio, la luce della cucina forte come un pugno in mezzo alla fronte, per chi arrivava dal buio.
(Per chi non aveva idea di dove andare. Per chi continuava a voler rimanere con gli occhi chiusi, per non disturbare per non fare rumore per non svegliare nessuno.
Per non vedere).
Hoseok e Yoongi si stavano baciando. Piano, nel silenzio totale della casa alle 3.57 di notte, quando tutti dormivano. In un angolo del loro stesso appartamento, per non farsi vedere.
Quasi come fosse una cosa da nascondere.
(Lo era.
Ma anche agli altri cinque? Come se non fossero nulla? Come se non potessero capire? Come se non esistessero?).
Si stavano baciando piano, la mano di Yoongi appoggiata alla nuca di Hoseok e Jimin, Jimin riusciva solo a pensare a quanto sembrasse dolce il tutto. Lì, in un angolo della casa alle 3.57 del mattino, nascosti dal mondo.
(Anche da lui. Lui che non pensava che non credeva che non voleva vedere.
Che teneva gli occhi chiusi, che era terrorizzato. Ma era qualcosa di dolce, invece.
Poteva essere qualcosa di dolce da avere, da tenere tra le mani, da custodire. Anche da nascondere, se necessario).
Aveva abbassato lo sguardo, imbarazzato più dall’aver visto qualcosa di così privato, che altro. E quella sensazione che ogni tanto tornava alla bocca dello stomaco, quella voglia di mettere ordine, di dare un senso a quelle parole parole parole che si agitavano in testa, di trovare qualcuno che capisse.
Era tornato nel suo letto, rannicchiato sotto le lenzuola. Si era dimenticato di dover andare in bagno.
“Perché ti piace hyung?”
Gliel’aveva chiesto sottovoce. Un paio di settimane dopo che Hobi gli aveva raccontato… beh, quello. Del fatto che lui e Yoongi stessero più o meno insieme, cioè. Un paio di settimane e Jimin aveva lanciato più di un’occhiata nella loro direzione, ma, beh, non era successo niente.
Non c’era niente.
(Non aveva visto nulla, proprio come aveva detto Hobi hyung. Come se non ci fosse mai stata quella conversazione. Come se fosse stato tutto nella sua testa.
Ma non era solo nella sua testa.
Vero?).
“Mi piace… la fai sembrare una questione tra due quindicenni. Non è esattamente una cotta, Jiminieeee.”
Hoseok gli aveva scompigliato i capelli e Jimin aveva ripreso a mangiare, imbarazzato.
“No, lo so. Volevo… volevo dire-“
“Lo so. Sto scherzando. Non lo so… ci dev’essere un motivo? Yoongi hyung è… complicato, ipotizzo. Mi può piacere perché è complicato? Le cose complicate possono essere molto belle. Forse è per questo. Vedo in lui quello che non riesce a vedere da solo. È più di quello che mostra a tutti ed è la persona più forte che io conosca. Mi fa anche incazzare a morte dei giorni, ma penso sia normale, no?”
Jimin non lo sapeva, se fosse normale. Forse sì. Se pensava alle sue litigate peggiori, erano sempre con le persone a cui teneva di più, alla fine. Quelle con cui valeva la pena di litigare, almeno.
“Non so se voglio qualcosa di complicato, io… non so se ne sono capace.”
Hoseok si era messo a ridere di gusto. “Come non ne sei capace? Sei la persona più altruista del mondo. Piuttosto dovrei essere io a preoccuparmi per te, potresti prenderti a cuore la cosa più complicata del mondo e lasciare te stesso completamente da parte. E non andrebbe bene. Quindi non farlo, ok? Pensa anche a te.”
Jimin aveva continuato a mangiare, deglutendo a fatica. “È che non penso di esserne in grado… le cose complicate, non so, non ti fanno paura? Sono un casino.”
“Oh Jiminie…” aveva sorriso, “in realtà sono terrorizzato. Cioè, porca puttana, non hai idea di che razza di pensieri a volte mi girino per la testa, ok? Non pensare che sia facile o che sia tranquillo. È che, sì, alcune cose sono un casino, ma alcune valgono comunque la pena, no? Cioè, hyung… hyung per me vale la pena. Anche se… anche se so che è probabilmente la cazzata più grande che sto facendo, lo so, ok? Ma… continuo a pensare che ne valga la pena. Che è una cosa mia, che è una cosa che ho ottenuto e a cui ci ho lavorato, e Jimin, ti giuro che ci ho lavorato un sacco, Yoongi hyung è tipo la persona più testarda del mondo, ma… me la tengo stretta. Questa cosa tra di noi. Non riesco a mollarla, non ce la faccio,” aveva scosso la testa e Jimin lo stava guardando, guardando sul serio. “Pensi che sia stupido?” aveva chiesto piano, con un mezzo sorriso.
No.
“No,” la sua voce era uscita meno ferma di quello che avrebbe voluto, ma non aveva esitato a rispondere.
Penso di essere un po’ stupido io. Penso di essere un po’ troppo spaventato per essere come te, hyung.
“Vorrei… vorrei riuscire a essere così. Ad essere più forte che terrorizzato.”
Hoseok gli aveva accarezzato di nuovo i capelli e Jimin aveva chiuso gli occhi. Era rassicurante. “Lo sarai, ok? Non avere troppa fretta, nel momento giusto vedrai che sarai più forte che terrorizzato, come dici tu.”
Jimin aveva sorriso appena. Non aveva neppure idea di cosa lo terrorizzasse, in realtà. Un po’ tutto, qualcosa di indefinito che si agitava ogni tanto nello stomaco, qualcosa che non gli dava pace nella testa. Aveva sospirato, prima di riprendere a mangiare.
“Hyung, possiamo parlare?”
Jimin non lo sta guardando, troppo impegnato a fissare lo schermo oltre la testa di Yoongi hyung. Non dovrebbe essere lì, non dovrebbe iniziare quel discorso, non dovrebbe perché è come un vaso di Pandora e una volta aperto chi potrebbe fermarlo, chi? Tutte quelle parole parole parole che ha in testa e che non hanno senso, tutte quelle parole che potrebbero riversarsi lì, sul pavimento, tra di loro.
Quelle parole che Yoongi hyung potrebbe vedere e potrebbe capire e poi cosa? Cosa potrebbe farne?
“… certo.”
Chiude la porta dietro di sé, imprigionando nella stanza un silenzio interrotto solo dal ronzio del computer. Non abbastanza rumoroso per mettere a tacere la sua testa.
Yoongi si gira sulla sua sedia, senza dire una parole, e gli fa cenno di sedersi sul divanetto all’angolo e lui si accascia tra i cuscini, quasi non avesse più forze.
Forse è così, forse le ha spese tutte per bussare a quella stanza e per parlare e per trovarsi lì, di fronte a Yoongi.
Yoongi sospira, passandosi una mano sui capelli. “Jiminie… che cosa c’è?”
Non è mai semplice, parlare con Yoongi. Troppo acuto, troppo severo, troppo sincero. Ma c’è sempre stato qualcosa, nel modo in cui ti parla, la certezza che non ti rifilerà cazzate, che non addolcirà la pillola, ma che non importa quanto amara, lui sarà comunque accanto a te a tenerti la mano, a non farti sentire solo.
Non importa se sei normale, tanto anche hyung non si considerava così. Pensava di essere rotto, che ci fosse qualcosa di montato male in lui. A Jimin, invece, era sempre piaciuta la definizione di Hobi hyung. Era solo complicato.
“Hyung…” mormora piano, gli angoli degli occhi che iniziano già a pizzicare. E vorrebbe solo essere un po’ più forte, ma-
“Jiminie,” lo sente alzarsi e lo sente sedersi vicino a lui.
(Comunque sarà accanto a te a tenerti la mano e a non farti sentire solo).
Non si accorge di essersi messo a piangere, fino a quando l’altro non gli passa una mano sulla guancia, sempre in silenzio. Sempre in attesa.
“Voglio… voglio essere normale, hyung. Perché non posso essere normale?”
Yoongi lo tira a sé, e Jimin si lascia trascinare. Finisce con la fronte contro la sua spalla e chiude gli occhi, respirando il suo odore e cercando di calmarsi, ma hyung è lì e Jimin si sente autorizzato a piangere, a buttare fuori tutto quello, perché lo sta divorando, se lo stanno mangiando vivo dall’interno e non ha idea di come far smettere tutto quello se non buttandolo fuori.
Una volta per tutte.
Come strappare un cerotto. Dovrebbe essere facile, a pensarla così.
Strappi e ti lamenti e in quell’attimo fa male e poi-
Poi basta.
(Poi cosa rimane? Una ferita? Una cicatrice? Qualche lacrima?).
“Scusa,” mormora Jimin, allontanandosi dall’abbraccio di Yoongi, “Scusami non... va meglio. Adesso va meglio.”
Adesso si sente uno schifo. E vorrebbe evitare di vedere il disastro che ha combinato sulla maglia dell’altro, ma, beh…
“Vuoi parlare di cos'è successo due mesi fa?”
Come strappare un cerotto. Non è mai stato bravo in questo, neppure da piccolo. Sua madre cercava sempre di distrarlo in momenti come quelli. Una caramella un bacio un giocattolo. Aveva sempre fatto schifo in tutta quella questione del mostrarsi coraggiosi, un respiro e via.
Non Yoongi hyung.
“C-come… come hai-?”
Yoongi lo guarda, immobile. La mano che ancora gli accarezza i capelli e lo sguardo privo di espressione. Come se non fosse nulla di che, come se a Jimin non stesse venendo da vomitare.
“Beh, è iniziato tutto da quello, no?”
No. Non c’entra niente. È iniziato tutto nella mia testa e dal fatto che non sono normale, che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in me.
È iniziato quando gli ho dato un nome, a questa cosa, a questo mostro, e l’ho visto in giro e ho pensato per la prima volta che non ero da solo e che forse potevo…
- forse potevo.
“Sì?” non sa neppure che rispondere, “Cioè no. In realtà no. Ma... credo sia la cosa più semplice? Non lo so, hyung…”
Forse potevo mormorarlo piano, contro un cuscino, forse potevo dirlo sottovoce a qualcuno.
Forse potevo esserlo.
Yoongi sospira, distogliendo lo sguardo. “Ci hai visti... a letto insieme,” e Jimin vorrebbe scomparire. Che cazzo gli è venuto in mente, era già stato umiliante quello che-
Merda merda merda, non può veramente essere lì a parlare con Yoongi hyung di quello e-
“Fanculo,” impreca Yoongi, scuotendo la testa, “Ci hai visto scopare,” continua risoluto e Jimin si sente avvampare – e vorrebbe scomparire da lì, non è il suo posto, non dovrebbe parlare di questo – “Stavamo facendo quello, quindi tanto vale dire le cose come stanno,” e Jimin lo vede il rossore anche sulle guance di hyung, sull’arco superiore dell’orecchio. Non è l’unico a essere in imbarazzo. Non è l’unico.
(Forse poteva mormorarlo piano, contro un cuscino, forse poteva dirlo sottovoce a qualcuno).
“Se vogliamo essere romantici possiamo dire che stavamo facendo l'amore,” prosegue Yoongi, “Scegli quello che preferisci.”
“Tu, tu quale- quale preferisci?”, si sente un idiota a parlare. Che razza di domanda è, è irrispettoso e sta mettendo in imbarazzo entrambi e-
Yoongi hyung scrolla le spalle, come se non fosse importante. “L'uno non esclude l'altro, Jiminie,” ridacchia. E lui si sente un idiota.
Non sarebbe mai dovuto andare lì. Doveva provare a parlare con Tae, o non parlare proprio. Ecco, quello sarebbe stato meglio, tacere completamente e fare finta di nulla, perché di sicuro non ci stava guadagnando qualcosa, non si stava liberando, gli veniva solo da vomitare, e forse poteva ancora uscirne, forse era ancora in tempo per scappare da quella porta e lasciare a Yoongi hyung il suo studio e il suo spazio e il suo lavoro e poteva andare a provare, ecco, quello poteva fare, invece di impazzire dietro a questioni prive di senso come quella.
“Stavamo parlando di questo, giusto?”, prosegue Yoongi hyung, “Di noi due… di me e Hobi che-”, si interrompe, ma il vago cenno della mano che accompagna la fine della frase per far di nuovo avvampare Jimin.
Merda merda merda.
“Sì,” mormora.
“Ok,”
“Se non vuoi parlarne-,” si affretta ad aggiungere. C’è una speranza che tutto quello possa finire alla svelta, che lui possa uscire da quella stanza e andare a provare o, meglio ancora, a casa, a giocare con Tae o con Kookie, e… no, forse Kookie in questo momento è meglio di no, ma non è quello il punto. Il punto è che dovrebbe essere fuori da quella stanza.
“No. È ok. Cioè non sono bravo a parlare di queste cose e... non lo so. Ma se vuoi parlare con me. Ok. Parliamo. Penso che Hobi sia... meglio? Ma-”
“Ho… ho già parlato con lui.”
(“Dovresti parlarne anche con hyung, sai?”
Aveva riso e scosso la testa. “No, no, non credo proprio…”
“Perché?”
Perché hyung è…
“Hyung non mi parlerebbe mai di questo e…”
… è complicato… ).
“Volevo parlare anche con te, hyung,” giocherella con l’anello del pollice. Lo sfila e lo rimette e sa che sta mostrando tutta la sua agitazione, ma non sa come fermarla.
Gli viene da vomitare.
“Ok. Di cosa... cosa vuoi chiedermi?”
Jimin scrolla le spalle e chiude gli occhi per un attimo.
(La litania dolce che l’aveva colpito come uno schiaffo. Quell’Hobi Hobi Hobi ripetuto sottovoce che gli era rimbombato nelle orecchie.
Tre. Quattro. Cinque secondi di totale smarrimento. Sei secondi. Sette. Aveva trattenuto il fiato, aveva fatto rumore, era quasi inciampato spostandosi all’indietro.
Hobi Hobi Hobi tuonava nelle orecchie.
Otto secondi e Yoongi si era girato verso di lui, un gemito strozzato e privo di qualsiasi piacere gli era rimasto in gola, gli occhi di Hoseok sbarrati.
Merda merda merda.
“Scusate. Oddio, cazzo, scusate, io… scusate. Mi dispiace… mi dispiace.”
Si era appoggiato al muro, aveva fatto un passo indietro, poi un altro, poi un altro ancora, aveva aperto la porta a fatica, la mano improvvisamente sudata che scivolava sulla maniglia, e poi era sgattaloiato fuori.
Aveva sbattuto la porta.
Hobi Hobi Hobi rimbombava nella testa).
Continua a vederlo – continua a sentirlo. Continua a pensare e a non volere, per poi tornare sempre lì.
Continua ad averne profondamente paura, di tutto quello che ha visto che ha sentito che ha provato. Continua a pensare, quando chiude gli occhi, quando si sta facendo la doccia e l’acqua gli scorre addosso e pensa alla mano di Hobi hyung sul fianco di Yoongi hyung, la pelle umida e bagnata e lucida, quando è nel letto con gli occhi sbarrati e quando è nel letto con gli occhi chiusi, quando sente il respiro degli altri, quando vede Kookie dormire, quando-
“... com’è?”, piano, sottovoce. Come quando lo chiede a se stesso, quando non ha il coraggio di cercare su internet (quando il coraggio, invece, lo trova e poi se ne vergogna ma non riesce a distogliere lo sguardo, anche se non è quello che vuole, è lì, qualche risposta, qualcosa che-).
“Jimin...” Yoongi hyung allunga una mano, gli accarezza la guancia piano e Jimin si ricorda di Hobi hyung, del fatto che dovrebbe dare più fiducia a Yoongi su tutto quello, che non era lui stupido per volere risposte, “Non piangere, Jiminie”.
“Scusami,” scuote la testa, “Scusami è una domanda stupida e non avrei dovuto farla e scusami, hyung. Non devi rispondere. Non devi, giuro. Mi dispiace. È personale e… sono un idiota. Lascia perdere ok, lascia perdere-“
“Respira. Jiminie, respira, ok?”
Chiude gli occhi. Prova a respirare. Prova.
“Vuoi che ti risponda? O preferisci lasciare perdere?”
Apre gli occhi e vorrebbe dire di più, ma sta ancora piangendo e- “È ok,” mormora. Ipotizza possa essere abbastanza.
Yoongi hyung annuisce, continua ad accarezzargli i capelli, quello stesso gesto ripetitivo che gli ha visto fare mille volte a Hoseok per calmarlo.
“Bello,” ridacchia piano “È... non so, bello. È sesso, deve esserlo, no? È una risposta stupida, è che non so che… Non-”
“Non… cioè, non ti fa… niente, hyung, scusami-”
“Male?”
Con la coda dell’occhio vede che Yoongi hyung è di nuovo arrossito. Dovrebbe farlo stare meglio. Dovrebbe.
Annuisce, sforzandosi di parlare, prima di rinunciarci del tutto. Ha paura ad aprire la bocca, ha paura che poi possa uscire dell’altro, che poi possa dire troppo troppo troppo e che non possa più fermarsi, che tutte le sue parole si infrangano a terra, come all’apertura di una diga, che distruggano tutto, attorno a lui. Che non rimanga più niente. O nessuno.
Che non ci sia più Taehyung. Che non ci sia più Kookie, che scappi via, lontano e spaventato da lui, che-
“... no. Se fatto bene, non fa male. È fastidioso? E strano. All'inizio. All’inizio ti sembra tipo impossibile perché, diciamocelo, stai infilando comunque qualcosa dove forse non dovrebbe essere infilato,” borbotta piano, “Ma non ha mai fatto male. È sopportabile. Non avrei mai fatto qualcosa che potesse fare male a Hobi e... pazienza. Ecco, ci vuole molta pazienza. E lubrificante!” Yoongi hyung ridacchia e Jimin sa che è solo per alleggerire l’atmosfera, ma non ci riesce, non riesce neppure a stirare le labbra in un sorriso.
Osserva il soffitto, completamente bianco se non per quell’angolo un po’ più scuro. Chissà cos’è successo lì. Forse dipende dal piano di sopra. Forse non hanno tinteggiato a dovere. Non ne ha idea, non se n’è mai accorto.
“Non so se… non so se potrei mai farlo,” sussurra.
Una goccia, solo una goccia di tutto quello che vorrebbe dire.
Si domanda se ha detto troppo. Se hyung ha capito. Se vuole farsi capire.
Hyung, dimmi tu cosa vuoi che ti dica, dimmi tu cos’è giusto, perché non so cosa voglio, non so cosa voglio sapere, non so cosa voglio sentire.
“… con una ragazza, però, hai già-”
“Sì.”
“Ok.”
Jimin si chiede se veramente sia ok, perché non si è mai sentito tale. Non normale. Qualcosa di sbagliato in lui, più di una cosa, forse. Un elenco. Un mostro che si porta dentro e che ha un nome e che è lui stesso, e ormai dovrebbe conviverci, ma non ci riesce, non riesce a mandarlo giù, non riesce a pensarsi normale.
Guarda Hobi hyung e Yoongi hyung e pensa che siano belli insieme. Non perfetti, non qualcuno da copertina, ma di quel tipo di bellezza che ti rende immobile, che ti fa pensare che non vali nulla, a confronto, perché che cosa sei tu davanti a quello, quello è uno spettacolo, tu che cosa sei?
E cazzo, li ha visti scopare, letteralmente scopare, ha visto l’uccello di Hoseok dentro al culo di Yoongi, porca puttana, e ancora pensa che siano belli, li guarda e li trova giusti, li trova perfetti e non c’è nulla di sbagliato, li guarda e pensa “Ok, questo è essere innamorati”, li guarda e li trova belli.
Si guarda e pensa solo di essere totalmente sbagliato, che c’è qualcosa, in lui e nella sua testa, che non combaciano.
“Jiminie, è tutto ok,”
Scuote la testa. Continua a fissare il soffitto, ma le lacrime lo rendono difficile. Forse dovrebbe solo uscire e smetterla. Solo quello. Tornare a essere quello di sempre. Quello di prima.
Prima di cosa, non ne ha idea.
“Hyung… io… io penso di essere… credo di essere-”
Sbagliato.
“È tutto ok, Jiminie. Non devi parlarne.”
Gay.
Chiude gli occhi.
(Un mostro che si porta dentro e che ha il suo nome).
Yoongi hyung torna ad accarezzargli i capelli, infilando le dita tra le ciocche della sua frangia, senza dire nulla. Così, con gli occhi chiusi, Jimin riesce quasi a illudersi che sia veramente tutto ok. Che questo mostro un giorno smetterà di essere tale, che verrà fuori, ma non sarà spaventoso, solo diverso dal previsto e che-
“Andrà tutto bene, Jiminie. Andrà tutto bene.”
Apre gli occhi. Il soffitto è completamente bianco se non per quell’angolo un po’ più scuro. Chissà cos’è successo lì. Forse dipende dal piano di sopra. Forse non hanno tinteggiato a dovere.
Forse dovrebbe dirlo a hyung, magari possono farlo mettere a posto.
Possono sistemarlo.
Hobi Hobi Hobi.
Un sussurro e gli rimbomba nelle orecchie. E davanti agli occhi continua a vederli a sentirli a trovarli e a scappare. Sette secondi, qualcuno in più, forse, qualcuno in più e poi è fuggito.
Si ferma davanti alla porta della sua camera. Uno. Due. Tre secondi. Inspira. Si calma (stronzate). Va nella sua stanza e richiude la porta dietro di sé con un click. Il mondo resta fuori.
Hobi Hobi Hobi rimane nella sua testa.
E quel qualcosa scivola senza nome dentro di lui, lungo il suo corpo, alla bocca del suo stomaco e poi più in basso, tra le sue gambe, un mostro senza nome (stronzate) che si sta imprigionando di lui.
Ma il mondo resta fuori.
E si nasconde sotto le coperte, lì dove i mostri non possono arrivare.
Non tutti, almeno.
Chiude gli occhi.
Forse domani sarà uno di quei giorni, uno di quelli in cui è normale.
Caught in a lie
순결했던 날 찾아줘 [Find the me that was innocent]
이 거짓 속에 헤어날 수 없어 [I can’t free myself from this lie]
내 웃음을 돌려놔줘 [Give me back my laughter]