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Mea Shearim

Coordinate: 31°47′13″N 35°13′20″E
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Mea Shearim
Via "Mea Shearim" all´incrocio con Piazza "Shabbat"
StatoIsraele (bandiera) Israele
CittàGerusalemme
Data istituzione1874

Mea Shearim (in ebraico מאה שערים?, "cento porte") è uno dei più antichi quartieri ebraici di Gerusalemme. Deriva il suo nome dalla strada principale del quartiere che si chiama appunto rehov (via) Mea Shearim. È popolato da ebrei haredi e fu costruito dai coloni originali del yishùv haYashan. È turisticamente famoso per essere il quartiere ebraico di Gerusalemme popolato esclusivamente da appartenenti alla comunità ebraica haredi e perché vi si respira un'aria da shtetl ebraico dell'Europa Orientale in pieno Medio Oriente.

Bambini chassidim, nel 2007

Il nome di Mea Shearim deriva da un versetto della Parashah (Toledot) che è stata letta la settimana in cui l'insediamento fu fondato: "Isacco seminò in quel paese, e trovò in quello stesso anno il centuplo: tanto lo benedisse il Signore. (Bereshit XXVI, 12) (מאה שערים, mea Shearim); Dio aveva benedetto lui "(Genesi 26:12). Secondo una tradizione, il quartiere originariamente aveva cento porte.[1]

Mea Shearim è stato fondato nel 1874, secondo insediamento al di fuori delle mura della Città Vecchia, da una società di costruzione di cento azionisti.[2] Mettendo in comune le loro risorse, i membri della società acquistarono un tratto di terra fuori dalla Città Vecchia, che era gravemente sovraffollata e afflitta da scarsa igiene e vi costruirono un nuovo quartiere, con l'obiettivo di migliorare i loro standard di vita.

Antica mappa stradale

Conrad Schick, un architetto cristiano e missionario tedesco, ha elaborato il piano stradale di Mea Shearim nel 1846. Joseph Rivlin, uno dei capi della comunità ebraica di Gerusalemme, e un arabo cristiano di Betlemme erano i contraenti. Il lavoro è stato svolto da lavoratori ebrei e non.[3]

Mea Shearim era stato strutturato come un "quartiere cortile". È stato circondato da un muro, con porte che erano chiuse ogni sera. Nell'ottobre 1880, cento appartamenti erano pronti per l'occupazione, e furono assegnati alle rispettive famiglie tramite una lotteria. Entro la fine del secolo, vi erano trecento case, un mulino e una panetteria. Conrad Schick aveva previsto spazi verdi aperti in ogni cortile, ma sono invece state costruite stalle. Mea Shearim è stato il primo quartiere di Gerusalemme ad avere le luci nelle strade.[3]

Oggi, Mea Shearim è un'isola nel cuore di Gerusalemme. Essendo la sua popolazione composta unicamente da haredim, le strade ricordano uno shtetl[1] dell'Europa Orientale. La vita ruota attorno alla stretta osservanza dell'halakhah, la preghiera e lo studio dei testi sacri. Gli abitanti del quartiere vestono secondo le regole della tzniut (modestia secondo i canoni dell'halakhah con varianti in base al gruppo di appartenenza (chassidim, litaim ecc.); le donne in particolare vestono con gonna almeno fino al di sotto del ginocchio, camicie a maniche lunghe e collo alto e, se sposate, coprono completamente i capelli o con un kissui rosh (copricapo) o con una parrucca. La maggior parte dei residenti parlano yiddish nella loro vita quotidiana.[4]

Varie le chassidut presenti a Mea Shearim tra cui: Breslov, Slonim, Toldois Aharon, Toldois Avrohom Yitzchok, Mishkenos HaRoim, Satmer e Pinsk - Karlin. Il Tribunale Rabbinico di Edah HaChareidis, tra i cui compiti vi è anche quello della supervisione e della certificazione kasher ha la sua sede all'estremità occidentale di Mea Shearim. Rav Yosef Shalom Eliashiv, il posek (autorità halakhica) leader dell'ebraismo lituano, risiedette a Mea Shearim sino alla sua morte avvenuta nel 2012. Anche i quartieri vicini hanno le stesse caratteristiche socio-religiose ed infatti attualmente tutta la zona attorno a "Kikkar HaShabbat", l'incrocio centrale, è un unico grande quartiere Charedì composto dai quartieri di "Gheula" (salvezza), Zichron Moshe (ricordo di Mosè), Bucharim e Mea Shearim.

Regole di comportamento del quartiere

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Manifesti che invitano alla "modestia" a Mea Shearim

In tutto il quartiere, soprattutto all'ingresso delle zone più interne e meno turistiche, sono appesi manifesti in inglese ed in ebraico che invitano i turisti a non accedere al quartiere se non si è vestiti in maniera pudica. Quando si visita il quartiere, le donne e le ragazze sono invitate a indossare quello che è considerato un abbigliamento modesto (gonne sino al ginocchio, niente scollature o abiti che mostrino l'ombelico, camicie con maniche lunghe e nel caso di donne sposate si richiede che coprano completamente i capelli o con un fazzoletto o con una parrucca non appariscente).[5] I turisti sono pregati di non arrivare in gruppi numerosi. Durante lo Shabbat (dal tramonto venerdì fino a quando non è completamente buio nella notte di sabato), i visitatori sono invitati ad astenersi dal fumo, dallo scattare fotografie, dalla guida o dall'uso di telefoni cellulari od altri apparecchi elettrici ed elettronici nonché dal porli in vista. Quando si entra in sinagoghe, gli uomini sono invitati a coprire le loro teste e le donne a non entrare nella zona maschile, ma a stare rigorosamente nel matroneo. Non è altresì permesso alle coppie passeggiare mano nella mano. In generale la regola è che si tratta di un quartiere abitato da persone dalla stretta osservanza religiosa ebraica e che dunque qualsiasi comportamento non consono ad un ambiente molto pudico e rispettoso dello Shabbat risulta essere molto sgradito e può portare ad essere aggrediti verbalmente e ad essere cacciati dal quartiere. Gli abitanti del quartiere non gradiscono essere fotografati. È altresì opportuno evitare di mangiare in pubblico durante i giorni di digiuno pubblico (tanit, soprattutto Yom Kippur e Tisha beAv). Le regole anzidette per lo Shabbat valgono anche per tutte le altre festivita ebraiche Shalosh Regalim, Rosh HaShana e Yom Kippur.

  1. ^ a b Ronald L. Eisenberg, The Streets of Jerusalem: Who, what, why, Devora Publishing, 2006, p. 250, ISBN 1-932687-54-8.
  2. ^ About Meah Shearim, su eyecomvisual.com, Illustrated Israel (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2007).
  3. ^ a b Lili Eylon, Jerusalem: Architecture in the late Ottoman Period, su jewishvirtuallibrary.org, Jewish Virtual Library, 2011. URL consultato il 28 agosto 2011.
  4. ^ ?למה החרדים במאה שערים מדברים אידיש Archiviato il 5 ottobre 2013 in Internet Archive. (HE)
  5. ^ Karmit Sapir-Witz, A step away, another world, su Ynetnews, 17 dicembre 2006. URL consultato il 28 agosto 2011.

Voci correlate

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Altri progetti

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